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da: organizzatori

La fase politica che si è appena conclusa con la manovra di aumento IRPEF e IMU approvata in Consiglio Comunale dalla sola maggioranza, merita una riflessione che va oltre la preoccupazione per le conseguenze legate alla fase depressiva che sta attraversando la città ; va oltre alle considerazioni politiche su un’amministrazione che sceglie la via più semplice e sicura per affrontare spese mal programmate e incassi mancati dichiarati, elencati e quantificati con precisione dai revisori dei conti, gli stessi che poi si precipitano a smentire e a spiegare ,con tuffi carpiati lessicali, che ”tecnicamente” non si tratta di un buco, ma di una necessità di far cassa per affrontare le prossime spese correnti.
La manifestazione di piazza, evento senza precedenti per la città, ha avuto scarsa partecipazione, ma è stata ugualmente capace di veicolare il messaggio. Se nemmeno un tema così forte e concreto come l’aumento tasse ha fatto suonare la sveglia ,ci si deve chiedere il motivo : la pigrizia estense e l’avanzata età anagrafica dominante, criticità ormai croniche per Ferrara, non bastano a spiegare il vuoto di partecipazione. La motivazione va cercata anche nella diffusa difficoltà di una grossa fetta di popolazione ad esporsi contro l’amministrazione perché Ferrara è una città che, più o meno a sua insaputa, vive sotto ricatto.
Non c’è componente del suo tessuto sociale,culturale ed economico che non sia in modo diretto o indiretto legato alla politica locale; è una realtà ben nota a tutti e va inquadrato come un fatto ineluttabile e fisiologico laddove il potere viene saldamente tenuto per decenni dalla stessa forza politica. E magari spiega anche la tiepidissima contrapposizione e indignazione da parte delle associazioni che rappresentano le categorie economiche che, a detta del Sindaco, “hanno compreso e accettato la manovra”.
Nella fase istituzionale della battaglia anti tasse il documento politico fondamentale era l’odg a firme congiunte che chiedeva l’unica cosa indispensabile e preziosa per poter costruire una seria controproposta alla manovra di 8 milioni di tasse, ossia tempo.
Quel tempo necessario per analizzare documenti di centinaia di pagine colme di numeri da interpretare e valutare, che viene sempre strategicamente negato; tempo indispensabile a chi, nella propria giornata, restano solo piccoli spazi per farlo; tempo per smontare il castello di un bilancio “tecnicamente ineccepibile” e individuarne le voci di spesa su cui poter agire, magari intervenendo sui tentacoli operativi del Comune camuffati da enti autonomi, quelli in cui si annidano sprechi e clientele indispensabili alla tenuta del sistema di controllo del consenso politico.
Tutto il resto, gli emendamenti costruiti last minute, le provocazioni e l’occupazione del Consiglio, seppur gestiti in maniera un po’ infelice, vanno letti come strumenti per ostacolare l’iter di approvazione e rafforzare il messaggio mediatico.
Ma c’è dell’altro, qualcosa che personalmente considero talmente grave da non poter tacere, di cui stavolta pare si siano accorti persino alcuni giornali ed è quel fiume di arroganza che sgorga dalle parole, sguardi e gestualità degli uomini di spicco del PD renziano, in primis il Sindaco Tagliani e il capogruppo Vitellio e che nelle sedute di lunedì e martedì ha raggiunto un livello insopportabile. Partecipo dagli spalti per il pubblico a sedute del Consiglio Comunale da molti anni, un punto di osservazione importante per conoscere e capire, non solo i meccanismi della politica, ma anche la personalità degli uomini e donne a cui è affidata una pesante responsabilità.
Ho visto e sentito veramente di tutto e spesso ho fatto pubblicamente report, ma mai avevo assistito, da parte di chi ha lo scettro in mano,a tanta boria che sfiora l’insolenza, fin quasi al disprezzo per l’operato dell’avversario politico, esibito in ogni intervento; mai a quel vagare per l’aula parlottando con la propria squadra, decidendo cosa ascoltare e cosa no, dando le spalle a chi parla; mai a quel mettersi in cattedra ad ogni sillaba pronunciata con la supponenza di chi si sente intoccabile, protetto da percentuali di voti.
Tutto questo è vulnus più grave dell’aumento stesso delle tasse perché distrugge la dignità di un confronto politico e del luogo in cui si svolge.
Spero che qualcuno della stessa maggioranza , oltre a chi dall’altra parte viene umiliato, vi ponga un limite prima che un eccesso di disprezzo generi altro disprezzo.

M.Teresa Pistocchi

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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