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da: ufficio comunicazione ed eventi di Unife

Venerdì 7 febbraio alle ore 18 all’Institut National de l’Histoire de l’Art a Parigi si terrà la presentazione del volume di Francesca Cappelletti, Cecilia Vicentini e Barbara Ghelfi “Una storia silenziosa. Il collezionismo privato a Ferrara nel Seicento” (Venise, Marsilio, 2013), che traccia, sulla base di alcuni pioneristici studi recenti e grazie a una lunga ricerca d’archivio, un quadro articolato del collezionismo privato a Ferrara nel XVII secolo.
All’iniziativa, organizzata dalla Association des historiens de l’art italien (AHAI), interverranno
Francesca Cappelletti, Professore di Storia dell’Arte Moderna dell’Università di Ferrara, Paola Bassani, Presidente della Fondazione Giorgio Bassani e Olivier Bonfait, Professore dell’Université de Bourgogne e uno dei più importanti storici dell’arte francesi.
“Anche se ci sono stati convegni e studi di recente sul Sei e Settecento ferrarese – afferma la Cappelletti – sono secoli tradizionalmente poco frequentati dagli studi, che hanno privilegiato il Rinascimento estense. Nel quadro di questo nuovo interesse per l’arte a Ferrara anche dopo il 1598, anno della devoluzione della città alla Santa Sede, una storia silenziosa affronta la ricostruzione del tessuto storico artistico della città con gli strumenti della storia sociale dell’arte. Le famiglie e i personaggi sono stati scelti e raggruppati a rappresentare le scelte artistiche di diversi comparti della società: la nobiltà legata agli Estensi, i ‘nuovi’ con cariche cittadine, gli artisti….ai documenti noti sono stati aggiunti, attraverso una ricerca d’archivio durata cinque anni, documenti inediti, che ampliano la nostra conoscenza delle collezioni ferraresi di questo periodo.
Sono stati selezionati solo una parte degli inventari trascritti, proprio al fine di dare un quadro completo del collezionismo cittadino, ma senza indulgere alla pubblicazione del documento fine a se stesso, certi che per soddisfare le esigenze di completezza della storia del collezionismo sia ormai opportuno usare il più possibile il web”.

Francesca Cappelletti si è laureata all’Università di Roma La Sapienza e ha poi studiato al Warburg Institute di Londra e al Collège de France di Parigi. Ha scritto sulla storia del collezionismo romano, sulla committenza di Caravaggio e sulla presenza degli artisti stranieri in Italia nel Seicento. Dal 2001 insegna Storia dell’Arte Moderna e Storia dell’Arte dei Paesi Europei all’Università di Ferrara, dove si occupa dell’attività scientifica della Fondazione Ermitage Italia. Dal 2012 fa parte del Consiglio Superiore dei Beni Culturali del Mibac.

Barbara Ghelfi, laureata in Lettere Moderne all’Università di Bologna, si è specializzata in Storia dell’Arte nella stessa Università e ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia dell’Arte all’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. È stata borsista della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze e della Fondazione Ermitage Italia e assegnista di ricerca presso le Università di Chieti-Pescara e Modena. Si è occupata di temi riguardanti la pittura e la storia del collezionismo in Emilia nel Seicento. È autrice, fra l’altro, dell’edizione critica del Libro dei conti del Guercino (1997) e del volume Pittura a Ferrara nel primo Seicento. Arte, committenza e spiritualità (2011). Attualmente è ricercatore di Storia dell’Arte Moderna del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna.

Cecilia Vicentini si è laureata nel 2003 all’Università di Ferrara dove ha conseguito anche il titolo di dottore di ricerca. Ha frequentato la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte e delle Arti Minori all’Università di Padova; dal 2010 è ricercatrice presso l’Università E-Campus, dove tiene la cattedra di Storia dell’Arte Moderna, e insegnante a contratto presso l’Ateneo ferrarese. Ha dedicato i suoi primi studi alle rappresentazioni iconografiche dei miti classici in rapporto alle fonti letterarie per poi occuparsi di collezionismo privato a Ferrara nel Seicento e delle raccolte ducali a Modena. Collabora dal 2009 alle attività della Fondazione Ermitage Italia e dal 2011 con il Getty Research Institute per l’inserimento programmato di documenti di ambito ferrarese all’interno del Getty Provenance Index.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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