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Da: Coordinamento nazionale dei diritti umani

Il Coordinamento nazionale dei docenti della disciplina dei diritti umani, in occasione del 75° anniversario dell’Eccidio di Vinca, intende riportare alla memoria di tutti l’efferato crimine contro l’Umanità perpetrato, ai piedi delle Alpi Apuane nel piccolo borgo di Vinca tra il 24 e il 27 agosto del 1944, da soldati nazisti guidati da militi fascisti.
La barbarie iniziò il 12 agosto con l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. Da questo momento in poi la Panzer Grenadier Division Reichsfuhrer-SS, guidata dal comndante Reder, avanzò inarrestabile per punire gli italiani dopo l’armistizio firmato con gli Alleati l’8 settembre del 1943.
Hitler visse l’8 settembre come un insopportabile tradimento che meritava di essere punito in modo esemplare. Iniziarono così i singoli eccidi, a intere comunità, compiuti dalle forze armate tedesche tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945.
Ma cosa accadde esattamente a Vinca, piccolissima frazione di Fivizzano, in quei tre interminabili giorni di agosto del 1944? La risposta a questa domanda si è avuta nel tempo, grazie alle dolorose testimonianze dei superstiti che hanno permesso di ricostruire la drammatica vicenda e, soprattutto, hanno permesso di far luce su un momento storico in cui le colpe e le responsabilità dei nostri connazionali non furono meno gravi rispetto a quelle degli invasori.
Alle 8 del mattino del 23 agosto del 1944, cominciarono ad arrivare in paese le prime camionette tedesche e altre ancora gremite di fascisti appartenenti alla formazione dei Mai Morti, una formazione che terrorizzava, per la sua brutalità, tutta la Lunigiana.
Il comandante della Brigata Nera, il “Mussolini di Carrara”, inviò quasi 100 uomini per aiutare i soldati nazisti ad orientarsi nei boschi e giungere nei paesi abitati. L’esercito della morte, costituito da soldati nazisti e uomini delle Brigate nere che partecipavano direttamente all’azione, si scagliò con una violenza inumana sull’inerme borgo di Vinca. Nel paese ormai vi erano solo donne, bambini e pochi anziani. I partigiani e i maschi adulti che sapevano dell’arrivo dei nazisti, avevano già lasciato il villaggio. Ma ai nazisti non interessava, perché per loro non “fu una rappresaglia” come affermò Reder al processo di Bologna. Ai nazisti interessava non lasciare traccia di vita umana nel paese. L’elenco delle crudeltà inflitte da nazisti e fascisti, e testimoniate dai superstiti, va oltre ogni immaginazione: con un neonato di pochi mesi si giocò al “Tiro al pettirosso”. A una diciannovenne prossima al parto, fu strappato il feto dalla pancia e fucilato dopo averlo messo nelle braccia del suo cuginetto, ucciso anch’egli dalla scarica di pallottole impazzite. Un’altra donna fu impalata “dalla natura alla bocca”. E poi ancora, persone seviziate e corpi decapitati, fragore di mitragliatrici, urla di feriti, ordini secchi in tedesco e un incessante suono carnevalesco di un organetto. Alcune testimonianze riportarono che l’esercito della morte suonava un organetto mentre uccideva, casa dopo casa…
Anche la musica salvatrice fu costretta a diventare complice del Male. E il Bene? Dov’era il Bene? Forse in quei giorni Dio non c’era. Forse avranno pensato così i superstiti, ricordando con terrore i momenti in cui per salvarsi, rimasero nascosti per giorni negli anfratti, nelle grotte e nei cavi dei castagni secolari.
Nel paese fu eliminata ogni forma di vita esistente. Lo sporco lavoro della 16° Divisione SS Reichsfhurer, fu compito! In quel perverso baccanale sanguinario fu sparato anche agli animali, e furono ridotte in mucchi di macerie le umili cascine che coprivano i cadaveri, ma non l’odore di morte che il vento caldo di agosto urlava nell’aria. La distruzione fu compiuta. La storia degli uomini fu segnata per sempre.
Il CNDDU, in occasione di una giornata così toccante che riguarda la storia nazionale e la storia del Secondo conflitto mondiale, invita come sempre i colleghi docenti ad approfondire momenti di storia che talvolta non trovano lo spazio che meritano nelle pagine dei libri. Da portavoce di giustizia, così come siamo convinti che esiste l’uguaglianza tra gli uomini, siamo altresì convinti che debba esistere l’uguaglianza degli uomini dopo la vita, l’uguaglianza della morte. Ecco perché nelle cronache e nelle commemorazioni ufficiali il nome di Vinca e delle sue vittime deve essere ricordato.
Il CNDDU il 25 agosto sarà presente con il cuore nei luoghi dell’Eccidio. In questa giornata, infatti, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica Federale di Germania Frank Walter Steinmeier, saranno a Fivizzano per la commemorazione del 75° anniversario degli eccidi avvenuti in quel territorio durante la Seconda guerra mondiale. Durante la solenne cerimonia, i presidenti depositeranno davanti al Comune una corona ai caduti e dopo scopriranno una targa commemorativa in ricordo della giornata e in ricordo del sacrificio delle vittime.
L’eccidio di Vinca va ricordato. E va ricordato ovviamente per le vittime. Ma va ricordato anche per i superstiti, che per anni si sono sentiti abbandonati dallo Stato. E poi va ricordato per i nostri giovani, perché se non consegniamo loro sentimenti di umanità e di giustizia ,anche attraverso ricordi disumani e privi di ogni giustizia, non ci scrolleremo mai di dosso i nostri vecchi, pesanti fardelli.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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