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Comunicato Stampa Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna.
Giornata internazionale contro l’omofobia, gli psicologi: “Attenzione all’omofobia interiorizzata”
L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna: “Una società non accogliente è responsabile di gravi implicazioni psicologiche su chi non ha identità e orientamento eterosessuale”.
17 maggio – Depressione, ansia, esclusione sociale. Quando si parla di omofobia, spesso ci si dimentica di parlare di “omofobia interiorizzata”. Cioè delle conseguenze psicologiche che una società non accogliente può determinare a lungo andare su omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali e su tutti coloro che non hanno un orientamento eterosessuale. I quali, proprio perché sentono di vivere in un mondo che esclude o che non accoglie totalmente, vivono forme di stress importanti che possono evolvere in vere e proprie patologie.
Nella Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna punta l’attenzione su chi ogni giorno vive situazioni di discriminazione sul lavoro, sull’accesso ai servizi sanitari e in altri contesti sociali assumendo atteggiamenti autoaccusatori, mettendo in atto pratiche autolesive o addirittura, nei casi più gravi, arrivando al suicidio.
«Affrontare queste tematiche è fondamentale per tutti e anche per noi psicologhe e psicologi e per questo l’Ordine si impegna a promuovere una formazione continua e specifica per gli iscritti e le iscritte che operano in molteplici contesti di intervento e di ricerca», spiega Carmelina Fierro, coordinatrice della Commissione Pari Opportunità OPER che nei giorni scorsi ha organizzato un incontro formativo proprio sulla psicologia di genere. «I professionisti sanitari – continua – devono essere in grado di affrontare percorsi terapeutici non ‘curando’ ma sostenendo le persone nell’espressione della loro diversità».
Nello specifico, l’omofobia interiorizzata, dove “omofobia” è un termine ombrello che racchiude ogni avversione per persone non eterosessuali, «è un meccanismo psicologico di introiezione da parte delle stesse persone LGBT+ di pregiudizi, pensieri, atteggiamenti e sentimenti negativi di istanze sociali vicine e lontane di esclusione, discriminazione, dimenticanza e di non riconoscimento di diritti paritetici», ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Fulvia Signani, docente di sociologia di genere all’università di Ferrara che è intervenuta all’incontro. Tale meccanismo, ha spiegato Signani, porta a diventare ipersensibili e a vivere il senso dell’essere “minoranza discriminata”. La persona, più o meno consapevolmente, arriva a colpevolizzare se stessa per le proprie caratteristiche riferite a sesso, genere e orientamento sessuale. Le può risultare difficile, se non adeguatamente aiutata, a trovare un posto sereno nel mondo, con il rischio di arrivare a comportamenti autolesivi anche gravi.
«La grande conquista della depatologizzazione delle identità e orientamenti non binari (o uomo, o donna, ndr), configura una società postmoderna che non deve ‘curare’ ma accompagnare clinicamente certe situazioni – ha detto Signani -. Ricerche dimostrano inoltre che nei contesti in cui vengono approvate leggi inclusive, diminuiscono i tentavi e i suicidi di persone con identità non binarie».
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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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