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Da: Cristiano Zagatti

Schivo, rigoroso, severo.
Così chi lo ha conosciuto ricorda Radames Costa, sindaco di Ferrara dal
1970 al 1980, scomparso il 27 aprile a 90 anni.
Figlio del partigiano Ugo Costa, fucilato dai nazifascisti tra Porotto e Cassana il 25 marzo 1945, Radames fece parte del gruppo dirigente della Cgil di Ferrara fino ai primi anni ’60. Dopo l’esperienza sindacale, quella politica e di amministratore pubblico: autorevole dirigente della Federazione del Pci, presidente della Provincia dal 1967 al 1970, poi sindaco di Ferrara per un decennio, e successivamente assessore regionale al Turismo e Commercio, consigliere regionale, membro della Commissione regionale per il controllo sugli atti degli enti locali. Infine, è stato presidente dell’Anpi di Ferrara dal 1996 al 2006.
Citare le cariche che Radames Costa ha sempre onorato, con capacità, cultura e tenacia, mi dicono che non gli farebbe piacere. Non fu mai pervaso dalla mania di protagonismo che oggi dilaga dappertutto, ed è questo uno dei suoi lasciti a noi. La severità, unita ad un naturale carisma, lo ha guidato in tutta la sua esperienza politica. Ha amato la sua città e il suo lavoro che gli ha consentito -sono parole sue- di rendere un servizio pubblico cercando di rispettare i valori in cui si crede.
Fu sindaco in un periodo travagliato della storia italiana, quello del terrorismo e del fascismo risorgente, ma anche di una città che visse tra l’altro dure lotte per il lavoro. Fu lui a requisire il calzaturificio Zenith il 22 dicembre 1971, che poi fu occupato dai lavoratori sino al 17 aprile 1972, quando la vertenza terminò con la riapertura dell’azienda. E fu con la sua amministrazione che Ferrara ebbe il piano regolatore più moderno e completo dal dopoguerra, redatto dall’architetto Carlo Melograni e dai suoi collaboratori.
Si può pensare che commemorare Radames Costa sia il solito esercizio della memoria. Non è affatto così, se da chi scompare sappiamo trarre insegnamenti di comportamento per la vita e il lavoro che facciamo. Alla sua famiglia va il mio sentito e profondo cordoglio unitamente a quello della segreteria confederale della Cgil.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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