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di Federico Di Bisceglie

Vi racconto di Auschwitz-Birkenau,vi racconto la storia di un giorno che ha radicalmente cambiato la vita di tante persone,la mia in primis, vi racconto la storia di tre persone sopravvissute al campo di sterminio, tre persone che attraverso i loro racconti e le loro storie hanno scalfito per sempre l’animo delle cinquanta persone che li ascoltavano in quel momento, la, ad Auschwitz,sul “binario della morte”, la dove una parte di loro è morta per sempre…
Era il 19 di gennaio di due anni fa,una giornata grigia,la pioggerellina leggera che scendeva sul viso delle persone come lacrime di un pianto antico,ed una brezza gelida che avvolgeva tutti. Non ho mai sentito così tanto freddo in vita mia,mai più lo vorrò sentire. Ad Auschwitz ci si va una volta nella vita, ma quella volta non la si scorda mai, quella volta rimarrà impressa nella memoria per sempre. Non si è mai pronti ad affrontare simili emozioni, non si è mai pronti ad entrare in un luogo come quello, finchè non si è stati ad Auschwitz non si può capire Auschwitz. Non si è mai pronti a vedere persone di quasi ottant’anni piangere passando sotto la fatidica scritta “Arbeit Macht Frei”. Non ci sono parole per descrivere la bestialità di quel posto, non ci sono parole per esprimere il dolore che si prova a sentire le storie di persone che Auschwitz l’hanno vissuta, e che ad Auschwitz hanno perso famiglia e parenti. Le parole delle sorelle Bucci e di Sami Modiano, mi hanno profondamente colpito in particolare quelle di Sami, che essendo più “vecchio” all’epoca dei fatti conserva ricordi tanto nitidi quanto dolorosi. Con la voce rotta dall’emozione e con il viso solcato dalle lacrime Sami Modiano è riuscito per qualche ora a farci rivivere, o per lo meno a darci una parvenza di ciò che era successo tanti anni prima e che lo aveva costretto per tutta la vita ad avere incubi e a condurre una vita grandemente infelice. 

Entrando nel lagher ci si rende immediatamente conto della grandezza e della vastità del posto,ma non ci si può minimamente immaginare la perizia tecnica e la genialità con la quale certe strutture siano state architettate e costruite. Fior fiore di menti malate che hanno progettato e realizzato un sistema di distruzione di massa, incredibilmente preciso e diabolicamente efficace. I forni, le docce, tutte cose delle quali molta gente parla ma che in realtà non ha mai visto, ed è proprio perche non le hanno viste che ne parlano. Non ci sono parole per descrivere tutto ciò, non ci sono parole per descrivere le emozioni che si provano ad Auschwitz , non ci sono parole per raccontare tutto questo, o per lo meno io non mi sento di dirne o di scriverne più di quanto non abbia già fatto , e anzi ammiro le persone che sono state la a Birkenau e riescono a parlarne. Può sembrare assurdo ma mi sento un po’ come Primo Levi, una parte di me è morta ad Auschwitz. Però non posso dimenticarmi il grande compito che mi è stato affidato da Sami Modiano in confidenza all’aeroporto di Cracovia, rientrando dalla visita, mi disse “Per questo io ho vissuto, per trasmettere a voi quello che è stato Auschwitz, e quando noi non ci saremo più sarà vostro compito diffondere quello che avete sentito e quello che avete visto con i vostri occhi, affinchè il mio sacrificio e quello di tutte le persone che sono morte qui non sarà stato vano”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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