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da: organizzatori

DAVE LIEBMAN tenor & soprano sax, indian wood flute

FEDERICO BENEDETTI alto sax

ROMANO PRATESI bass clarinet

PAOLO GHETTI bass

MAURO BEGGIO drums

THREE REEDS QUINTET ACROSS TWO CENTURIES

1 Across two centuries (F.Benedetti)

2 Boo Doo (L.Konitz)

3 Pablo’s story (D.Liebman)

4 Like a monkey in a rocket (F.Benedetti)

5 Blue Rose (D.Ellington)

6 Brite Piece (D.Liebman)

7 Thingin’ (L.Konitz)

8 Blindfold test (F.Benedetti)

9 Caruso (L.Dalla)

10 Pendulum (R.Beirach)

Il Three Reeds Quintet nasce dall’incontro di tre jazzisti e strumentisti ad ancia che, conosciutisi nell’effervescente Parigi degli anni Ottanta (Federico Benedetti vi fu giovane allievo di Dave Liebman, Pratesi suonò nelle big band che Benedetti dirigeva, e con lui condivise anche diversi gruppi), hanno deciso di creare questo progetto, sostenuti dalla favolosa ritmica di Ghetti e Beggio.

L’album “Across Two Centuries” è stato realizzato grazie al sostegno di AMF – Scuola di Musica Moderna di Ferrara e l’etichetta bolognese To Be Jazz ed è disponibile su tutte le piattaforme digitali.

L’uscita ufficiale del cd fisico è prevista per il 16 settembre.

Scegliendo la coraggiosa formula del gruppo “pianoless”, privo dunque di strumento armonico, il “Three Reeds Quintet” va decisamente nella direzione della libertà contrappuntistica, dell’interplay e dello scambio improvvisato tra i membri, ed in particolar modo tra le “tre ance” che costituiscono la “front line”. Il repertorio è fortemente ispirato al gruppo guidato da Elvin Jones a cui Liebman partecipò negli anni ‘70 (con Steve Grossman e Gene Perla al basso, storica registrazione blue note “live at the Lighthouse” del 1972), e di cui il gruppo interpreta un brano, scritto da Liebman stesso, “Brite Piece”. Fanno parte del repertorio alcune composizioni di Liebman, alcune di Benedetti, tutte in quella corrente del jazz “modale” sviluppatasi in quegli anni, ed un paio di composizioni di
Lee Konitz, per il quale “le tre ance” nutrono un “culto” particolare. Al posto del consueto “tribute” a John Coltrane, spesso d’obbligo nei concerti di Liebman, il quintetto suona “Blue Rose” di Duke Ellington, considerato il precursore dei cosiddetti “Coltrane Changes”, mostrando come nel jazz ci sia sempre stata grande coerenza tra tradizione e avanguardia.

Dave Liebman è senza alcun dubbio uno dei più importanti jazzisti del mondo, grande specialista del proprio strumento oltre che didatta di qualità eccezionale. Dopo la sua militanza nel gruppo di Miles Davis negli anni ‘70, le sue partecipazioni sono innumerevoli accanto ai più grandi: Elvin Jones, Chick Corea, Mc Coy Tyner, etc. Il suo storico gruppo Quest resta una delle più stimolanti esperienze dell’avanguardia jazz degli ultimi trent’anni. Di grande rilievo è anche il più recente “Saxophone Summit” con Joe Lovano e il compianto Michael Brecker. Website: www.daveliebman.com

Federico Benedetti comincia la propria carriera jazziztica a Parigi negli anni Ottanta, dove suona con Sam Woodyard, Jacky Terrasson, Benny Bailey, Illinois Jacquet, Glenn Ferris, Peter Bernstein, Kenny Clarke, Etienne Mbappé, Onzy Mathews, etc, svolge un’intensa attività di compositore e dirige diverse big band. Dal 2008 torna a vivere in Italia, dove collabora con Pietro Tonolo, Paolo Birro, Kyle Gregory, etc. Dopo avere insegnato nei conservatori di Udine, Vibo Valentia, Bari, Genova, Alessandria, oggi è docente di composizione jazz, sax e clarinetto al Conservatorio di Ferrara. Website: www.federicobenedetti.com

Romano Pratesi, dopo un’intensa attività nella regione Toscana, che lo porta ad affiancare Bruno Tommaso, Joe Lee Wilson, S.De Boni, M.Ciolla, comincia degli anni Novanta la sua collaborazione con gli ambienti musicali dell’avanguardia parigina, dove suona con Daniel Beaussier, Emmanuel Bex, Toni Rabeson, Patrick Fradet, Rasul Siddik. Tra i suoi più recenti progetti è “Rubber Band”, Dave Liebman, Ares Tavolazzi ed il batterista svizzero Daniel Humair. Website: www.romanopratesi.com

Paolo Ghetti ha affiancato, durante il suo lungo percorso come sideman, colleghi importanti come Pat Metheny, Peter Erskine, Pat Martino, Steve Coleman, Lee Konitz, Cedar Walton, Enrico Rava, ricercando in ogni occasione l’arricchimento musicale e umano che lo hanno portato a una grande versatilità, solidità ritmica, interplay. Recente è il suo progetto “Profumo d’Africa”, in cui riveste il ruolo di compositore e leader. Insegna contrabbasso e musica d’insieme nei conservatori di Bologna e Adria. Website: www.paologhetti.com

Mauro Beggio è uno dei batteristi italiani più richiesti come sidemen sia dagli stranieri (Lee Konitz, Toots Thielemans, Palle Danielsson, Kenny Wheeler, Franco Ambrosetti, Paul Bley, Glenn Ferris, Johnny Griffin, etc.) che dagli italiani (Enrico Rava, Franco D’Andrea, Franco Cerri, Enrico Intra, Stefano Bollani, Flavio Boltro, Massimo Urbani). È’ oggi il batterista del trio di Enrico Pieranunzi. Website: www.maurobeggio.com

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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