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Tasse, disuguaglianze, povertà e armamenti: istantanee di un’Italia decadente

La pressione fiscale sui contribuenti onesti è al 47,4%: così titolava il giorno dell’Epifania in un suo comunicato la CGIA di Mestre (Associazione Artigiani e Piccole Imprese), aggiungendo che lo scorso anno i contribuenti italiani fedeli al fisco hanno subìto quasi 5 punti di tassazione in più rispetto al dato ufficiale, che l’anno scorso si è attestato al 42,5 per cento. Perchè una tale differenza? “Il nostro Pil, come del resto quello di molti altri Paesi dell’Unione Europea, comprende anche gli effetti dell’economia non osservata – sottolinea la CGIA di Mestre – il cui contributo alle casse dello Stato è per definizione nullo. Pertanto, alla luce del fatto che la pressione fiscale è data dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, se da quest’ultimo storniamo la componente riconducibile al sommerso, il peso del fisco in capo ai contribuenti onesti sale inevitabilmente, consegnandoci un carico fiscale reale per il 2023 del 47,4 per cento. Si tratta di un livello di 4,9 punti superiore a quello ufficiale che, invece, si è attestato al 42,5 per cento.”

La CGIA di Mestre prende atto che nel 2023 il prelievo fiscale è finalmente sceso rispetto all’anno precedente: la pressione fiscale è diminuita di 0,2 punti percentuali, grazie alla rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef e al modesto aumento del Pil. Analogamente, anche nel 2024 il peso complessivo delle tasse e dei contributi sulla ricchezza prodotta nel Paese dovrebbe scendere. “Tuttavia – osserva sempre l’associazione – è verosimile ritenere che la gran parte degli italiani, purtroppo, non se ne sia accorta, poiché allo stesso tempo è cresciuto il costo delle bollette, della Tari, dei ticket sanitari, dei pedaggi autostradali, dei servizi postali, dei trasporti, etc. Insomma, se le tasse sono diminuite, il peso delle tariffe invece è salito creando un effetto distorsivo. In sintesi, i contribuenti non hanno potuto beneficiare pienamente della diminuzione della pressione fiscale perché, nel frattempo, sono aumentate le tariffe che, a differenza delle tasse, statisticamente non vengono incluse tra le voci che compongono le entrate fiscali.”

Salari fermi da oltre trent’anni, ricchezze sempre più nelle mani di pochi, divari tra nord e sud e tra uomini e donne, aumento della pressione fiscale e dell’inflazione e un lavoro sempre più precario, povero e malpagato stanno ingrossando giorno dopo giorno le file delle povertà, ove già faticano ad andare avanti oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione. Una povertà diventata ormai un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato. Nel presentare l’ultimo rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titoloTutto da perderedon Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana sottolineava che: “la presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta non solo per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società, perché così essa si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano dei diritti.

La Legge di Bilancio del Governo Meloni, come ha evidenziato Sbilanciamoci!, non fa nulla per cercare di arginare le povertà in continua espansione, per combattere seriamente l’evasione e il sommerso e per cercare di ridurre le disuguaglianze. Al contrario, favorisce l’evasione fiscale e i privilegiati, taglia i fondi alla sanità e al welfare, criminalizza i migranti, non guarda in alcun modo alla lotta a diseguaglianze e cambiamenti climatici, devolve miliardi di euro a un’opera dannosa e inutile come il Ponte sullo Stretto e aumenta le spese militari. “In Italia, si legge in un recente rapporto di Greenpeace, la crescita della spesa per le armi (+132%) tra il 2013 e il 2023 supera anche quella della spesa pubblica in conto capitale per la costruzione di scuole (+3%), ospedali (+33%) o impianti di trattamento delle acque (che ha registrato addirittura un trend negativo: -6%).”

Sbilanciamoci! nella sua contromanovra, a proposito di fisco, scrive che: “gli interventi da mettere in campo per una riforma fiscale organica e seriamente redistributiva sono dunque di segno opposto rispetto al disegno del governo Meloni e sono quelli delineati dalla campagna Tax the Rich di Sbilanciamoci! . Occorre innanzitutto invertire la tendenza alla frammentazione della base imponibile Irpef riconducendo a tassazione progressiva tutte le fonti di reddito. Anziché appiattire ulteriormente la struttura delle aliquote Irpef, occorre potenziare la progressività aumentando il numero di scaglioni in modo da poter alleggerire il carico fiscale delle fasce di reddito più basse. Sul fronte della tassazione della ricchezza, risulta ormai improrogabile l’introduzione di una tassazione patrimoniale progressiva che vada a colpire i patrimoni milionari (superiori al milione di euro) e le successioni dei grandi patrimoni, andando a incidere sulla trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze. Infine, occorre delineare una vera tassazione delle rendite finanziarie per colpire le attività altamente speculative e rimettere al centro l’economia reale.”

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Giovanni Caprio

Giornalista pubblicista, di Mondragone (Caserta),, già dirigente a Roma di istituzioni pubbliche e di fondazioni private. Si occupa di beni comuni, partecipazione e governo del territorio.

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Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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