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da: Rifondazione Comunista – Ferrara

25 aprile 2021: delegazione di Rifondazione Comunista
presso il cippo dei martiri di Fondo Reno
Quinto Rossi di anni 19,
Tonino Pivelli di anni 21,
Dino Manfredini di anni 33,
Cesare Artioli di anni 21,
Renzo Artioli di anni 17,
Giancarlo Massarenti di anni 24,
Egidio G.Artioli di anni 25.
Caduti per la libertà il 21-4-1945.

Questa mattina una piccola delegazione di Rifondazione Comunista Federazione di Ferrara si è recata presso il cippo dei Martiri dei caduti di Fondo Reno, per omaggiare questi giovani e simbolicamente tutti i partigiani che si sono immolati per la libertà nel secondo conflitto mondiale.
Una storia che commuove quella dei dieci martiri a 76 anni da allora, il 25 marzo e il 21 aprile del 1945, quattro giorni prima della Liberazione dell’Italia da parte dei partigiani e degli alleati, dieci giovani di Porotto e di Fondo Reno vennero uccisi dai nazifascisti dopo una notte di inenarrabili torture. Si tratta di eccidi perpetrati nelle campagne ferraresi, gli stessi vennero trucidati dopo che i ragazzi furono arrestati per aver distribuito volantini antifascisti. Si tratta della strage tristemente nota come l’eccidio dei “Dieci martiri”. Nello specifico i 7 di Fondo Reno sono ricordati tramite questo monumento marmoreo, che offre un suggestivo paesaggio di campagna alle spalle e che porta ad uno spontaneo raccoglimento, al di sopra è posta una fiaccola marmorea, simbolo dell’ardimento e del coraggio dei partigiani caduti. All’entrata del vialetto, c’è una fila di alberi che circondano il memoriale, il cippo è stato posto per volontà dei genitori dei giovani partigiani caduti.
In questi giorni come insegnante discutendo a scuola del significato della ricorrenza del 25 aprile, ho avuto modo di ripensare al significato nelle commemorazioni della Festa della Liberazione, nessuna retorica, ma necessario tributo alla memoria di coloro che si sono sacrificati per la nostra libertà. Nel testo didattico che ho utilizzato, figurava la foto della recentemente scomparsa Lidia Menapace in gioventù staffetta partigiana, ritratta durante la cerimonia del 25 aprile 2018 a Marzabotto. E’ necessario istruire le nuove generazioni relativamente agli episodi fondamentali del nostro passato anche più recente, ma purtroppo deleteria è stata la Riforma dello studio sulla Storia, infatti dal primo settembre 2004 la storia viene insegnata nelle scuole italiane secondo la scansione dei contenuti prevista dalla Riforma Moratti: nella scuola primaria, dopo i primi due anni propedeutici agli indicatori temporali, si trattano i periodi che vanno dalla comparsa dell’uomo alla tarda antichità. Nella secondaria di primo grado si va dalla tarda antichità al XXI secolo, con l’ultimo anno interamente dedicato al Novecento. Tutto questo percorso si ripete per una seconda volta nella scuola secondaria di secondo grado, ma con delle criticità: l’obbligo scolastico a 16 anni non coincide con il completamento del percorso cronologico: la Riforma Gelmini ha poi ridotto il monte ore di storia e geografia nei licei dall’anno scolastico 2010-2011. Nell’arco di poco più di dieci anni questi ordinamenti hanno portato ad una vera e propria dealfabetizzazione storica della popolazione scolastica.
Ma tornando al significato della Resistenza e della FESTA DELLA LIBERAZIONE, ricordiamo che nonostante siano passati 76 anni dalla fine della seconda guerra mondiale e 32 da quella “fredda”, l’Italia continua ad essere un Paese in guerra. Infatti l’Italia ospita 59 basi militari statunitensi (si veda Poggio Renatico).
Nel nostro territorio abbiamo la base aerea di Poggio Renatico, ed è la sede del Comando operazioni aeree dell’Aeronautica Militare e del Deployable Air Command and Control Centre (DACCC) della NATO, provvista di eliporto.

Ogni volta che gli Stati Uniti annunciano ed eseguono un’aggressione militare nel quadrante euro-mediterraneo, l’Italia viene sistematicamente coinvolta direttamente o indirettamente concedendo, a volte senza saperlo, l’uso delle basi. Questo sta accadendo anche in questi giorni con le tensioni e manovre militari in Ucraina. Nonostante l’Italia abbia firmato il Trattato di non proliferazione nucleare aderisce al programma Nato di “nuclear sharing” addestrando i suoi piloti al bombardamento nucleare e ospitando decine di ordigni nucleari a Ghedi e Aviano. Il nostro paese spende circa 76 milioni di euro al giorno per mantenere un esercito professionalizzato allo scopo di garantire la sua belligeranza oltre confine e i fatturati della propria industria bellica. L’Italia è nona nel commercio mondiale di armi contribuendo attivamente alla corsa agli armamenti e fornendo le basi tecniche per conflitti ed aggressioni militari devastanti. Nemmeno in tempi di pandemia globale, crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti questa follia bellicista si è interrotta o revisionata. 17 miliardi del Recovery fund saranno destinati a finanziare l’industria bellica di bandiera mentre il cieco atlantismo del governo e del parlamento impedisce al nostro Paese di approvvigionarsi del vaccino russo Sputnik in una campagna vaccinale che non decolla.

L’Italia ha bisogno di pace, stabilità e relazioni internazionali basate sulla cooperazione. In questo 25 aprile di emergenza pandemica vogliamo eliminate le bombe nucleari dal nostro territorio, vogliamo l’Italia fuori dalla Nato e dal programma di “Nuclear sharing”, infine invochiamo una drastica riduzione delle spese militari in favore di programmi di vera sicurezza sociale, investimenti nella scuola e sanità pubblica, nella cultura verso una reale transizione ecologica.

W La Resistenza, Sempre!
Buona Liberazione a tutte e a tutti!

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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