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Da Nicola Alessandrini

Wunderkammer (Fe), 22 novembre 2017
Un pomeriggio dedicato alla sensibilizzazione contro la violenza di genere, grazie all’evento Riconoscersi e relazionarsi nella differenza, dai corsi di autodifesa alla consapevolezza di sé, svoltosi mercoledì 22 novembre presso Wunderkammer. L’iniziativa, frutto del lavoro in rete di svariate associazioni, enti e istituzioni del territorio, ha visto gli interventi di Enrico Balestra (Uisp Ferrara), Manuela Claysset (Uisp Nazionale), Paola Castagnotto, Elisabetta Pavani, Monica Borghi (Centro Donna Giustizia), Liviana Zagagnoni (UDI), Massimo Maisto (Vicesindaco), Roberta Mori (Presidente Commissione Parità – Emilia Romagna), Michele Poli (CAM Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti), Eleonora Telloli (Unità di Strada Prostituzione) e Andrea Filincieri (Tenente Colonnello Carabinieri). L’attenzione al linguaggio è stata il filo conduttore degli interventi, dedicati ad alcune parole chiave che hanno fornito spunti di riflessione e confronto. Ha aperto i lavori Balestra, ricordando che scopo fondamentale dell’incontro è promuovere la consapevolezza del nostro ambiente culturale, spesso contaminato da false notizie diffuse sui social che possono tradursi in azioni malsane; a tal proposito, ha ribadito Maisto, il mondo sportivo è un osservatorio privilegiato “perché può esprimere sia il peggio che il meglio di ciò di cui vogliamo parlare”. Lo sport è anche il luogo in cui emerge un’identità maschile costruita al negativo, “si è maschi quando non si fanno cose da donna – evidenzia Poli – così, in mancanza di qualità che lo rappresentano, l’uomo fonda la propria identità sull’onore e sulla competizione”. Come centro di aggregazione “lo sport rappresenta una delle più grandi centrali educative della nostra società”, puntualizza la Claysset, da qui l’importanza di un’educazione che sappia liberare lo sport dalle idee di forza, violenza e prestazione. Un mondo, quello sportivo, in cui non mancano importanti segnali di apertura, come l’esperienza, raccontata dalla Zagagnoni, di una squadra di calcio amatoriale della provincia che nel mese di novembre ha indossato la divisa con il logo dell’UDI e la scritta “Insieme contro la violenza alle donne e il femminicidio”. Tema, quest’ultimo, che richiama il concetto di rischio – su cui si è focalizzata la relazione della Telloli – rischio cui sono esposte principalmente le sex worker, con l’aggravante che le violenze subite da chi mantiene una condotta socialmente non accettata vengono puntualmente sottovalutate dall’opinione pubblica. C’è poi un altro termine che descrive una persecuzione cui tutte le donne affermano di essere state vittime almeno una volta nella vita, è quello di molestia, di cui ha parlato Serena del’UDI, “termine spesso sottovalutato perché la molestia non si vede, non lascia tracce visibili”. Se il drammatico panorama dei femminicidi fa pensare alla parola vergogna, come ha ricordato Filincieri, molti sono però gli sforzi attuati per invertire questa tendenza, uno fra tanti è il difficile lavoro istituzionale dei protocolli d’intesa per il contrasto alla violenza di genere descritto dal Tenente Colonnello, oppure il progetto comunale delle case rifugio per garantire accoglienza e ospitalità alle donne, di cui ha parlato la Pavani. Così come il lavoro portato avanti nelle scuole dal CDG per promuovere un’educazione affrancata dai pregiudizi di genere. Questo è uno dei motivi per cui tutti dovremmo essere femministi, come scrive Chimamanda Ngozi Adichie, per promuovere l’uguaglianza, consapevoli che “la cultura non fa le persone. Sono le persone che creano la cultura”.
Un traguardo istituzionale che ha permesso un quadro di riferimento condiviso è la Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere, molto importante perché, ha ricordato la Mori, “l’uguaglianza è un concetto che va applicato e per cui servono strumenti efficaci”.
Il lavoro di mercoledì pomeriggio ha rappresentato un’altra tappa di un cammino molto lungo, un lavoro collettivo che deve partire dalle parole, perché, come ha ricordato la Castagnotto, “le reti funzionano solo se riescono a condividere un linguaggio comune”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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