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Da Lega Nord Emilia Romagna

Ferrara 23-05-‘17.
«E’ ora di finirla con questa politica della finta accoglienza e dei finti “profughi”, che hanno ormai riempito una provincia al collasso, creando solo destabilizzazione nelle comunità locali.» L’attacco del capogruppo regionale Ln, Alan Fabbri, è diretto al Prefetto, Michele Tortora, reo di continuare ad assecondare le “fallimentari” politiche migratorie del Pd, che riempie la provincia di Ferrara di «potenziali clandestini». A giorni, peraltro, scadrà il bando per il secondo Hub, mentre finora – stando alle cifre fornite dallo stesso Prefetto – nei 19 comuni sono stati “accolti” circa 1200 richiedenti asilo, 28 dei quali arrivati appena domenica. «Non capiamo nemmeno l’ostinazione terminologica di continuare a chiamare queste persone “rifugiati”, dal momento che anche gli ultimi arrivati sono giunti da Bangladesh, Pakistan e Nigeria che, come noto, non sono in guerra. Di che cosa stiamo parlando, dunque?» L’unica certezza – secondo Alan Fabbri – è quella di un «processo che sta sobbarcando i comuni e i sindaci di potenziali “clandestini”, in grado unicamente di creare destabilizzazione nelle varie comunità locali. Creando tensioni a livello sociale, problemi di sicurezza e incidendo pesantemente sul nostro welfare già in crisi.» Una chiave di lettura, secondo la Lega Nord, esiste in questo progetto di “porte aperte per tutti”: «Un meccanismo che ingrassa le cooperative, come la Camelot, che ha chiuso l’ultimo bilancio pubblicato in crescita con 6 milioni e 750mila euro.» Per non parlare dell’Asp di Ferrara che, con un esercizio incentrato sull’accoglienza ha ammesso come un anno fa: «“erano accolti 554 profughi, per il 90% circa maschi. Il maggior numero dei quali di nazionalità nigeriana.” A questo punto – conclude Fabbri – è chiaro che lo status di rifugiato non c’entra nulla. Parliamo sempre e solo di immigrati economici. Per fortuna, ogni tanto capitano appuntamenti come il G7, che ha portato ad un blocco navale, assieme alla sospensione del trattato di Schengen, in grado misteriosamente di bloccare per alcuni giorni gli arrivi. Segno che a mancare è solo la volontà del Governo e del Pd di mettere un freno a questo esodo continuo.»

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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