Skip to main content

Quella cosa chiamata città.
Saint Louis du Sènégal e gli accordi dell’umanità.

Qualcuno scrisse che a Saint Louis du Sénégal si confrontano tre mondi: l’Africa, l’Europa, l’immaginario, ma non riesco a ricordare la fonte.
I portoghesi che fin dal 1415 finanziano le esplorazioni atlantiche africane, non si erano mai spinti di là del Marocco. Iniziano a farlo spingendosi a Madeira, Porto Santo e nel Sahara spagnolo dove doppiano il Capo Bojador.
Solo in questo modo riescono ad intercettare i venti alisei che, soffiando regolarmente verso sud, lungo la costa africana occidentale, gli consentono di spingersi oltre le terre conosciute.

I Portoghesi più che fondatori di città sono stati dei creatori di scali commerciali lungo la costa africana e sull’altro lato dell’Atlantico. Il paese, seppur potente, era piccolo e dovette quindi far ricorso ad esperti di navigazione come il veneziano Alvise Cà da Mosto che sarà tra i primi a descrivere la costa senegalese.

Il veneziano ci racconta di una bocca di fiume larga un miglio, con un’isola nel mezzo e con maree che si susseguono regolarmente, ogni sei ore. Gli unici insediamenti che egli descrive sono villaggi con case di paglia abitate da uomini grandi e grossi e ben formati di corpo, ospitali e gentili. Viene tracciata dunque una geografia fantastica del fiume che sconfina nel mito.
Il fiume Senegal
sarebbe un affluente del fiume Gion (Nilo) che insieme al Tigri, all’Eufrate e al Gange parte direttamente dal paradiso terrestre: “è questa l’opinione di quelli che hanno cercato il mondo”.
Inizia da qui il mito di questa città che si alimenterà, nei secoli successivi alla colonizzazione francese, grazie alle descrizioni di Pierre Loti, Théodore Monod, e alle vicende di Jean Mermoz, che con l’Aéreopostale inaugurerà nel 1930 la rotta aerea tra l’Africa e il Brasile partendo da Saint-Louis.

Il sito nel quale Saint Louis è cresciuta è difficile ed ostile, come lo è, del resto, tutta la fascia continentale nella quale è situata, e questo le conferisce quel fascino di città cresciuta al limite di mondi diversi, a volte dialoganti ma spesso conflittuali.

Il vecchio quartiere coloniale de l’île. (ph. Romeo Farinella)

La città storica, costruita dai francesi su un’isola fluviale, è separata dall’oceano da una lingua di sabbia costantemente erosa dall’innalzamento dell’Atlantico e dagli interventi dell’uomo: un fenomeno che potrebbe portare alla scomparsa della città.
L’estuario del Senegal è caratterizzato da un substrato argilloso e da depressioni che lo rendono frequentemente inondabile. Nella parte terminale del fiume questo allineamento dunoso, denominato Langue de Barbarie, forma un cordone litoraneo lungo circa quindici chilometri e largo tra i centosessanta e i duecentosettanta metri, sul quale sono cresciuti gli insediamenti urbani di pescatori di Guet Ndar e N’dar Toute.
Il fiume Senegal è ovunque, se l’oceano lo percepisci, il fiume lo vivi quotidianamente.

Saint Louis è quotidianamente oscurata dai tagli di elettricità, sommersa dai rifiuti, sacchi e contenitori di plastica dove, nonostante una strumentazione urbanistica di buon livello con tante informazioni raccolte ed elaborate, il patrimonio architettonico cade a pezzi nonostante sia «patrimonio Unesco»; con un traffico totalmente dipendente dal trasporto privato e con mezzi altamente inquinanti, con quartieri sempre a rischio di immersione grazie al fiume e le piogge.

Come può diventare «sostenibile» una città con tali problemi? Di questo parlo regolarmente con i miei colleghi geografi africani che lavorano sul campo e nei loro laboratori perché lo diventi.

La globalizzazione lungo la strada verso Saint Louis du Sénégal (ph. Romeo Farinella)

In ogni caso la regina delle acque è una città unica nel contesto dell’Africa occidentale e sub-sahariana. Quando mi capita di andarci, ogni mattina, svegliandomi, mi appresto ad ascoltare i suoi rumori e i suoi suoni e penso a Karl Kraus e quella sua frase: “ascoltare i rumori del giorno come se fossero gli accordi dell’umanità”. Voci umane, belati di capre, tamburi che suonano, canti ritmati, la voce e il canto del Muezzin, clacson che gracchiano: sono questi gli “accordi dell’umanità” che fanno di Saint Louis un’esperienza sensoriale e spaziale spaesante e positivamente intensa.

In Copertina: Saint Louis du Sènégal. La Langue de Barbarie, la città dei pescatori. (foto Romeo Farinella)

Per leggere gli articoli di Romeo Farinella su Periscopio clicca sul nome dell’autore

tag:

Romeo Farinella

Romeo Farinella, architetto-urbanista e professore ordinario di Progettazione urbanistica presso l’Università di Ferrara. Si occupa di problematiche urbane e paesaggistiche da almeno trent’anni. Prima di approdare a Ferrara ha vissuto in diverse città, tra cui Roma e Parigi e quest’ultima è diventata uno dei suoi temi principali di ricerca. Oltre a Ferrara ha tenuto corsi anche in Francia (Lille, Parigi), Cina (Chengdu), L’Avana e São Paulo e Saint Louis du Senegal. È stato direttore per alcuni anni del Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale di UNIFE.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it