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Da: L’Approdo Fondazione

La Fondazione “L’Approdo”, in collaborazione con L’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, ha pubblicato gli atti dei convegni aventi per argomento: “Le lotte bracciantili del dopoguerra nel ferrarese”.
Erano 120.000 i braccianti in provincia di Ferrara nell’immediato dopoguerra e le loro condizioni di lavoro erano molto gravi perché il reddito era scarso perchè l’agricoltura offriva poche giornate lavorative nell’arco dell’anno ed i salari erano molto bassi.
Le rivendicazioni sindacali erano concentrate essenzialmente su tre questioni: aumento delle giornate lavorative attraverso nuove coltivazioni (allora c’era solo grano, mais, bietole e canapa); l’imponibile agraria che significava imporre al padrone un certo numero di giornate lavorative nei mesi invernali per lavori di assetto agrario (sistemazione di fossi, scoline ed altre opere idrauliche); la gestione del collocamento direttamente da parte delle organizzazioni sindacali (il Governo aveva invece deciso di dar vita al Collocamento statale).
A fronte di queste rivendicazioni, le risposte da parte padronale non erano adeguate e lo Stato fece una nuova legge per il collocamento statale.
Di qui la decisione di intraprendere, da parte dei sindacati, delle forze politiche della sinistra e dei lavoratori, grandi manifestazioni di lotta e tante giornate di sciopero. La reazione fu molto dura perché a più riprese intervenne la polizia (in particolare il reparto della “celere”), provocando ferimenti, arresti ed anche alcuni morti.
Il libro vuole ricordare quei fatti e quel periodo drammatico della storia ferrarese e rendere onore a chi ha molto sofferto.
In particolare ricordare i tre casi dei braccianti uccisi: Fernando Ercolei, in piazza a Bondeno il 24 novembre 1948, rimasto mortalmente colpito dal mitra di un poliziotto; Maria Margotti, mondina di Filo, rimasta uccisa a Molinella il 17 maggio 1949 a seguito dello sparo di un carabiniere; e Aristide Mazzoni, bracciante di Ferrara, ucciso in campagna il 4 giugno 1949 dall’agrario Eden Boari che a sua volta fu ucciso dai compagni di Mazzoni.
Come detto questo libro ricostruisce, a 70 anni di distanza, quel periodo e vuole consegnare, a tutti coloro che sono interessati, una pagina di storia della nostra provincia. In particolare ai giovani affinché conoscano i sacrifici, le lotte e le conquiste di quella generazione, uscita da 20 anni di fascismo e da 5 anni di guerra e che ha poi dovuto combattere anche dopo per la ricostruzione del proprio paese.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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