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Da: LR Comunicazione

L’assessore resta al suo posto, i problemi anche Ieri in Consiglio Comunale è andato tutto secondo copione: la maggioranza ha votato compatta a favore dell’assessore Sapigni, con una prova che giornalisticamente si è soliti definire “muscolare”. Mi chiedo però se sia davvero corretto dire che ci sia stato un vincitore quando sul terreno di gioco una squadra vanta 19 elementi e gli avversari 12. Ovviamente festeggerà pure la cooperativa Camelot, venuta in consiglio a tifare per la propria portabandiera, a tutela di interessi diretti. Io credo però che la partita vera si giochi su altri campi, lontano dalla politica urlata. I temi erano più di uno: l’adeguatezza dell’assessore Sapigni, messa in discussione a seguito del pasticciaccio di Gaibanella (dove il sindaco ha cercato di uscirne, provando a distrarre l’opinione pubblica dall’oggetto del contendere e attaccando le forze dell’ordine) ma anche, più in generale, l’efficacia delle politiche di accoglienza adottate dal Comune di Ferrara. Credo che se larga parte di città, perfino moltissime componenti che un tempo votavano e lodavano l’attuale partito di maggioranza (più che mai in dissidio interno), sia esasperata dalle politiche di accoglienza adottate sul territorio, qualcosa che non quadra c’è sicuramente. La pessima situazione economica della nostra provincia, con gravi problemi occupazionali, imprenditoriali e povertà di fondi, aggrava la gestione dei migranti anche nell’ipotesi di volerli impiegare in lavori socialmente utili. Lo scarso numero delle concessioni di asilo, unitamente ai casi di spaccio di droga da parte degli immigrati assegnati al territorio, fotografano una situazione che va via via aggravandosi, con il rischio concreto di arrivare al collasso. Il voto consigliare può sicuramente gettare una coltre di fumo sull’orizzonte e far apparire tutto liscio, ma i problemi, alla base, rimangono inalterati. Tra gli aspetti negativi imputabili a questa Giunta c’è sicuramente una forte dose di arroganza e presunzione. Mai finora si è sentito un ravvedimento, anche solo una vaga confessione di aver sbagliato qualcosa. Se lo stesso Renzi, davanti ai partner europei, protesta e punta i piedi per come l’Italia viene abbandonata nella gestione dei flussi migratori, così noi, oppositori su base locale, non possiamo tacere dinnanzi a una condizione sociale che da grave rischia di diventare gravissima. Magari si potrebbe arrivare a spiegare – giusto per rimanere su un esempio fatto dallo stesso sindaco – come mai i nostri pensionati (contribuenti) percepiscono 600 euro mensili mentre lo Stato ne spende oltre mille per ogni richiedente asilo. Il ruolo dell’opposizione è quello di farsi portatrice del disagio sociale e chiedere di cambiare rotta. Quello che auspichiamo è un confronto, aperto e permanente, in grado di coinvolgere partiti, enti preposti all’accoglienza, associazioni, rappresentanze delle parrocchie, Caritas, Croce Rossa, comitati locali, e altri soggetti direttamente coinvolti nella gestione dell’accoglienza, per monitorare il polso reale della situazione sul territorio. In questo modo, forse, la maggioranza potrà smettere di considerarci “razzisti” e iniziare a ragionare, confrontandosi, anche con chi non la pensa esattamente a suo modo.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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