Oltre l’oscurità (l’arte è salute mentale)
Mi chiedo perché ad una performance sulla salute mentale, elaborata e presentata da chi convive con il disagio, il pubblico fosse per lo più composto da chi il disagio lo conosce da vicino, perché ci convive quotidianamente.
Ho assistito con partecipazione alla presentazione offerta dal gruppo “Due Punti Aperte Le Virgolette: Cose di salute mentale e dintorni”, al Teatro Verdi, giovedì 10 ottobre 2024, nella Giornata Mondiale della Salute Mentale. L’evento è stato promosso dall’Associazione La Formica, dal Servizio Sanitario, dal Comune di Ferrara.
La locandina recita: un dialogo dell’anima, un’esplorazione multidirezionale senza bordi rigidi,
un viaggio tra persone oltre la grotta oscura del pregiudizio, dello stereotipo, dello stigma
Una rappresentazione, nei quadri esposti e nelle storie raccontate, vivida e toccante. Ognuno, ognuna di noi vi può riconoscere qualcosa di proprio, perchè, nelle nostre esperienze, è solo il grado di sofferenza che cambia: per la maggior parte di noi è passeggero, mentre per altri è permanente e intenso.
Non si può scegliere la propria condizione, occorre un adattamento, un accomodamento per resistere e ricominciare a vedere la luce. In uno dei racconti è stato detto che non è come rompersi un braccio, che una volta guarito torna come prima.
Quando un equilibrio si perde nella salute mentale, bisogna cambiare equilibrio, bisogna saper guardare oltre al ritornare come prima, bisogna inventarsi di nuovo.
Per questo il sottotitolo recita “l’arte è salute mentale”. L’arte è guardare oltre, alla ricerca di sè, e a me sembra che questo esprima il concetto di “recovery”, che è stato illustrato come il percorso con il quale si costruisce il proprio benessere personale.
Inventarsi di nuovo, quanti, quante di noi ne avrebbero bisogno: vedere le immagini, ascoltare le parole di riflessioni e poesie, ci ha accompagnato ad esplorare un mondo che solo apparentemente non ci appartiene. Ci ha rivelato fragilità e realismo nel dichiarare il dolore, il vuoto, il buio. Mi chiedo: quanti o quante di noi sono capaci di guardare in faccia ai propri fantasmi?
Abbiamo sentito e percepito nella presenza degli autori e autrici il coraggio che noi non abbiamo o che non abbiamo avuto occasione di mettere in pratica, la forza, la perseveranza, nonostante le ricadute, la sfida nei confronti del proprio male, che si gioca anche con l’ironia e il distacco filosofico.
Ci hanno aperto le porte della loro anima: il dolore non è per forza annullamento di tutte le nostre facoltà, ma può essere una leva che ci fa scoprire risorse inaspettate. Abbiamo ricavato ispirazione per i nostri percorsi di vità, arricchendoci di prospettive. Nella “recovery” non basta un’operazione personale: occorre un pubblico, perché se dal disagio non si torna come prima, occorre re-inventare anche il modo di stare insieme.
Allora comprendiamo anche il nome scelto: due punti aperte le virgolette, ora parlo. È un atto di condivisione, un invito, un richiamo, in un mondo sempre più individualista e per questo sofferente, a connetterci con noi stessi e con gli altri.
La comunità, per il suo equilibrio e benessere, deve riconoscere l’unicità dello stare al mondo e diventare l’insieme di queste unicità che si rafforzano a vicenda. Ci serve il coraggio di accogliere le nostre fragilità, le nostre inadeguatezze e imparare che la via d’uscita c’è sempre, ma è la NOSTRA via d’uscita, unica e irripetibile.
Questo abbiamo imparato e questo è il motivo per cui nessuno è sbagliato, nessuno va corretto, ma ogni diversa esperienza è preziosa per tutti e tutte, come è quella di questo meraviglioso gruppo.
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Daniela Cataldo
Commenti (2)
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Prendo le tue parole :”la comunità, per il suo equilibrio e benessere, deve riconoscere l’unicità dello stare al mondo e diventare l’insieme di queste unicità che si rafforzano a vicenda. Ci serve il coraggio di accogliere le nostre fragilità, le nostre inadeguatezze … ” Mi permetto di aggiungere:occorre saper ascoltarsi e credere che ognuno ha risorse e potenzialità da offrire per una trasformazione personale e sociale L’arte in tutte le sue espressioni riesce ad avvicinarci all’ obiettivo di “fare della nostra vita un capolavoro” .Ma mi accorgo che ti sto facendo da eco. Grazie
È un articolo che tratta un tema estremamente delicato in un modo meraviglioso allo stesso tempo, quello del dolore. Il dolore ci fa crescere e ci dice chi siamo, e ‘grazie’ ad esso scopriamo noi stessi ogni volta che un’esperienza ci distrugge per poi doverci ricostruire pezzo dopo pezzo. Riuscire ad accettare il proprio dolore e a condividerlo con gli altri è sicuramente un atto di grande forza e desiderio di rialzarsi dopo la caduta.
Il dolore ci dice che siamo ancora vivi, ci aiuta ad apprezzare le vere ragioni per cui essere felici, in un percorso di vita tutto singolare, unico, da poter condividere con gli altri quando il nostro cuore sarà pronto. L’arte potrebbe rappresentare uno di quei mezzi tramite cui il dolore può trovare la sua rappresentazione ‘piu semplice ‘ quando mancano le parole per poterlo esprimere.