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Da: Osservatorio Ferrara Cultura Eventi

L’Osservatorio Ferrara Cultura Eventi commenta i contenuti del DPCM del 26 aprile, che definisce i primi passi della ripartenza a partire dal 4 maggio. “Non ci aspettavamo – commenta il coordinamento dell’Osservatorio – che il settore cultura ed eventi potesse ripartire fin da subito, ma non possiamo fare a meno di notare come ancora una volta questo settore sia preso scarsamente in considerazione quando si ragiona sulla ripartenza e si parla di attività produttive: anche noi, però, siamo lavoratori che hanno bisogno di tutele e di ricominciare la propria attività professionale, e oggi che è il Primo Maggio è bene ricordarlo. Nelle anticipazioni del premier Conte sulle successive riaperture, a partire dal 18 maggio e dall’1 giugno, sono stati menzionati solo i musei e le biblioteche, ma questo non basta”.
L’Osservatorio rappresenta 109 realtà ferraresi del settore – imprese, associazioni, cooperative, consorzi, reti e liberi professionisti – che si sono costituite in un gruppo civico e autonomo a seguito dell’emergenza COVID19 per dar voce alle esigenze del comparto culturale della città. “Siamo consapevoli – prosegue l’Osservatorio – che, anche e soprattutto nella fase 2, serve estrema cautela per garantire nel migliore dei modi la salute pubblica. Sappiamo che la pandemia ci obbliga a un ripensamento complessivo del mondo degli eventi, per garantire la dimensione sociale e relazionale evitando però gli assembramenti. Nessuno ha la pretesa che ripartano concerti ed eventi con migliaia di persone; al tempo stesso, però, riteniamo fuorviante pensare che le nostre attività siano rinunciabili e quindi la ripartenza del nostro settore possa essere rinviata a data da destinarsi, a maggior ragione se consideriamo che anche l’INAL nel documento tecnico del 23 aprile conferma una categoria di rischio basso per le attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività culturali.
Anche noi facciamo parte di un segmento produttivo, professionale e sociale importante di questo Paese e le nostre attività, se adeguatamente riadattate, non costituiscono un fattore di rischio maggiore di tante altre a cui sarà consentito ripartire”.

“Siamo pronti – precisa l’Osservatorio – a progettare insieme alle Istituzioni e agli organi competenti in materia di sicurezza attività compatibili con i nuovi scenari: iniziative di cultura diffusa, eventi all’aperto nel rispetto del distanziamento sociale, attività sociali e culturali in piccoli gruppi. Se infatti già dal 4 maggio è prevista l’apertura di parchi e giardini con possibilità di svolgere attività sportiva, con ingressi contingentati e senza assembramenti, perché non possono ripartire le lezioni di musica, danza e teatro all’aperto, nel rispetto delle distanze e con le protezioni individuali?
Se effettivamente, come anticipato dal premier Conte, dal 18 maggio fosse confermata la riapertura di negozi, musei, biblioteche e la ripartenza addirittura degli allenamenti di squadra, perché non dovrebbero essere consentite le prove per le compagnie teatrali o attività culturali come piccoli spettacoli e il cinema all’aperto?”.

Ribadiamo pertanto che a noi, come a tutti, sta a cuore che la ripartenza avvenga nella massima tutela della salute di tutti i cittadini e, proprio per questo, non accettiamo che il nostro settore sia discriminato rispetto ad altri. Confidiamo quindi che i prossimi decreti tengano conto delle esigenze di un settore che, se fosse costretto alla chiusura ancora per molto tempo, non avrebbe poi più la forza di rialzarsi.

“Apprezziamo particolarmente – conclude l’Osservatorio – che l’amministrazione ci stia coinvolgendo sui tavoli tecnici e che ci abbia convocato, per il 6 maggio, al Tavolo Ferrara Rinasce. Prosegue così il confronto e la discussione con tutte le categorie e reti per condividere le necessarie misure di sicurezza e progettare un nuovo avvio.

Cogliamo infine l’occasione per augurare ai tanti lavoratori dello spettacolo, del turismo, della cultura e degli eventi una buona Festa dei Lavoratori, augurandoci di poter tornare presto all’opera!”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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