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da: ufficio stampa Apollo Cinepark

Ci sono delle “pellicole” che hanno fatto la storia, l’immaginario e la coscienza del Cinema Contemporaneo: Metropolis, di Fritz Lang, è una di queste e torna al Cinema Apollo mercoledì 23 marzo alle 21.00 in versione restaurata e, soprattutto, arricchita con circa 25 minuti inediti, ritrovati in Argentina nel 2008 e finalmente visibili.

Il restauro è stato realizzato da Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung e Deutsche Kinemathek , mentre la colonna sonora originale di Gottfried Huppertz è stata ricostruita ed eseguita dalla Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin diretta da Frank Strobel.

Metropolis, la “cattedrale della modernità cinematografica” (come l’ha definita Luis Buñuel) è distribuita dalla Cineteca di Bologna, che grazie al suo progetto di distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato. Al cinema.

Il film è avvolto in un immaginario leggendario, figlio di un maestro dell’espressionismo tedesco come Fritz Lang e della scrittrice Thea von Harbou, all’epoca moglie del regista: due anni di lavoro (1925-1926), una produzione faraonica e spese incontrollate, fino alla prima del 10 gennaio 1927.  Da quel momento, Metropolis non è più stato il film che Fritz Lang aveva realizzato. Storpiato e massacrato dalle uscite nelle sale cinematografiche, il Metropolis che ha circolato per i decenni a venire, pur mantenendo “la sua forza emotiva, la sua inedita e sorprendente bellezza” (è sempre Luis Buñuel a parlare), ha fatto emergere elementi inconcludenti, nell’intreccio di una vicenda narrativa assai complessa. Come scrive il critico Balthasar (Roland Schacht), che, sul finire del 1927, si trova di fronte a due film differenti: “QuestoMetropolis non ha nulla a che vedere, neppure lontanamente, con il film che abbiamo visto meno di un anno fa”.

Fantasia distopica su un mondo verticalmente diviso, sopra, l’avveniristica città dell’intelletto e del potere, e sotto, il sottosuolo della forza lavoro, Metropolis è un capolavoro laddove trascende il proprio mai risolto messaggio sociale (rivoluzione o conciliazione?): nella prodigiosa intuizione con cui osserva una città vera, New York, e la ricostruisce come grandiosa icona d’ogni futuro oltreumano. Straordinari effetti speciali, movimenti di masse in rivolta, 300 giorni di riprese, 36.000 comparse, 500 grattacieli di 70 piani, e al centro di tutto l’ambigua Maria, vergine e androide. 

 

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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