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da: Istituto Storia Contemporanea Ferrara

La Biblioteca Ariostea di Ferrara ha presentato l’Orlando furioso… come fosse la prima volta

 I prossimi appuntamenti:

19 MAGGIO, a cena con l’Ariosto nel cuore della Ferrara medievale

21 MAGGIO, l’Ariosto si presenta a Stellata, a casa del figlio Virgilio

 

Non è immediato volgersi al passato e mettersi a confronto con un panorama culturale e sociale che è completamente mutato. Il progetto “Per conto di Ariosto”, però, ci ha provato, cercando di recuperare le radici ancora visibili nel presente, rinsaldandone la presa sull’attualità. Alla Biblioteca Ariostea di Ferrara, lo scorso mercoledì, i due giornalisti Irene Lodi e Matteo Bianchi si sono seduti al tavolo con Ludovico Ariosto, inscenando la prima presentazione dell’Orlando furioso. Lo scopo del progetto di comunicazione, patrocinato dal Comitato nazionale per le celebrazioni del Mibact, è simulare l’ufficio stampa del poeta cortigiano con un vero e proprio piano editoriale alla mano, riscoprendo il capolavoro a cinque secoli dall’editio princeps, lontano dagli approcci accademici e dagli irrigidimenti dei salotti. «Lo stesso Ariosto – ha motivato Anna Quarzi, direttrice dell’Istituto di Storia Contemporanea – ambientò l’intreccio del poema nel Medioevo, ovvero 500 anni addietro rispetto al suo tempo. Lo fece recuperando l’eco delle crociate e l’iconografia dei paladini di Carlo Magno; basti pensare a quanto la nostra città è legata alla tradizione di San Giorgio. Poi su quello scenario innestò la complessità della realtà che viveva, la gestione dei rapporti sociali, che dipendeva dalla distanza tra l’individuo e il potere».

Il cantautore Matteo Pedrini, in parte per la straordinaria somiglianza con i due ritratti di Tiziano in parte per il vissuto personale, ha vestito i panni del poeta cortigiano, come fosse agli esordi, di fronte al suo signore: «La mia corte estense è la mia città. Non smetterei di dedicare a Ferrara, e di cuore, queste pagine. Quel ch’io vi debbo, posso di parole / pagare in parte e d’opera d’inchiostro; / né che poco io vi dia da imputar sono, / che quanto io posso dar, tutto vi dono». Le associazioni e i paragoni sono stati svariati, azzardati e talvolta divertenti. Pedrini è passato da Quinto Orazio Flacco ad Aldo, Giovanni e Giacomo, sfiorando Niccolò Fabi, e senza battere ciglio la platea lo ha seguito fino in fondo. Addirittura rispondendo alla lettera che gli scrisse Macchiavelli, con pubbliche scuse e l’ammissione che nel suo Furioso c’era tanto del suo approccio pragmatico, sebbene ne mancassero i riferimenti espliciti… Ha insistito che pubblicare oggi, come ieri, tentando di raggiungere il maggior numero di persone possibili, non significa per forza vendersi al potente di turno, o assecondare l’opinione pubblica. «Il compromesso – ha motivato – è necessario per farsi ascoltare da chi ci circonda, ma senza prostituirsi intellettualmente agli editori o ai mass media». D’altronde, il cantastorie ferrarese ha intessuto spesso lodi sulla sua terra, ma parimenti non le ha risparmiato le critiche; alla maniera di Ariosto che sottolineò le debolezze italiche: «Troppo fallò chi le spelonche aperse, / che già molt’anni erano state chiuse; / onde il fetore e l’ingordigia emerse, / ch’ad ammorbare Italia si diffuse (Canto XXXIV, 2)».

Alla domanda se fosse stato influenzato da qualche lettura, nel frangente della composizione, ha risposto: «Non posso ignorare i fenomeni letterari in voga al momento, come George Martin eJ. K. Rowling, con i quali condivido una visione del fantastico inscindibile oramai dall’immaginario collettivo. E chissà – ha concluso esagerando – magari anche il mio Furioso potrebbe diventare una saga; certo non mi spiacerebbe essere contattato dalla Hbo o da Peter Jackson». Pedrini ha retto il gioco, senza mai mancare di rispetto alla levatura del personaggio e al contesto, collaudando un format che potrebbe rispolverare anche altri classici.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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