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da Roby Guerra

Sanità In Italia? Le eccellenze sono tali o è anche propaganda politica?
Nei giorni scorsi sui media non solo locali si è parlato di una speciale eccellenza psico-oncologica relativa al mega-ospedale di Cona (Ferrara). Nello specifico riguardo a pazienti donne con problematiche neoplastiche al seno: non solo di carattere psicologico tale potenziamento terapeutico ma anche di natura estetica. Indubbiamente in sé è una ottima notizia, tuttavia, vista la storia pluriventennale dell’Ospedale in questione, oggettivamente piena anche di dubbi ( a suo tempo si parlò anche di scandalo nazionale e a Ferrara con un referendum si dichiararono contrari) ci pare opportuno ricordarlo. Forse, globalmente, non tutto è oro quel che sembra luccicare.
Medicina e Politica?
Tutt’oggi i media anche locali esaltano questo Ospedale Sant ’Anna come struttura all’avanguardia: ma si segnalano spesso diversi bachi. A parte il tempo per costruirlo (oltre 20 anni e inaugurato solo nel 2012), l’ ospedale appare infatti datato proprio sul piano logistico: sembra in tal senso quasi un carcere con corridoi tipo quasi autostrade, una specie di labirinto di memoria mitologica, segnaletiche poco intuitive e nessuna area verde tra un reparto e l’altro. Inoltre è ubicato in area prossima alla città praticamente desertica , una ex palude, con costi aggiuntivi tutt’oggi pare gravosi rispetto al budget programmato, per impedire allagamenti e in generale pare rispetto alle strutture sanitarie della Regione stessa (si veda la Nuova Ferrara di questo fine gennaio 2018: “Lite sui costi del polo di Cona Fondi-rebus per 100 milioni”. E con trasporti da Ferrara penalizzanti, mai realizzato un metrò di superficie sempre annunciato.
Nello specifico di terapie o sbandierate “umanizzazioni” e attenzioni psico-oncologiche o semplicemente sanitarie, a volte sembra discutibile anche in reparti delicati come oncologia, contrariamente a quanto riferiscono certe cronache attuali: come semplice esempio pare che in generale per risorse strutturali quantitativamente inadeguate si permettano in questo Ospedale di ricoverare nelle stesse stanze pazienti femminili con pazienti maschili per assenza di stanze disponibili, violando ogni privacy genderistica e delle donne in particolare. E stranamente silenti femministe e associazioni delle donne. Insomma, secondo almeno certa opposizione, pur di gonfiare i numeri dei pazienti che si rivolgono al Sant’Anna di Ferrara- per questioni quindi più d’immagine, politica business che scientifico-terapeutiche, si penalizzerebbero per forza i pazienti e anche medici e corpo infermieristico, solo in alcuni reparti anche ottimi (Noti i tempi a volte biblici anche nel semplice Pronto Soccorso).
Ombre strutturali?
In effetti basta un minimo di indagine giornalistica, a nostro avviso: proprio certo reparto di oncologia e il suo attinente day hospital ha nei suoi vertici ad esempio Primari o Medici magari ottimi sul piano pubblico sanitario ma nulla più in quanto vantano a livello internazionale referenze francamente anonime…. Altro che figure di fama mondiale, ricercatori medici d’avanguardia quali ad esempio Aubrey de Grey o Martine Rothblatt e altri (in Italia lo stesso compianto e celebre Umberto Veronesi).
Insomma e riassumendo naturalmente, ci sono evidenti cause politiche, almeno secondo le opposizioni: nella città di Ferrara dalla fine della seconda guerra mondiale il potere politico è sempre stato lo stesso, dei comunisti e poi dei suoi eredi postcomunisti. Tale immobilismo politico spiega ulteriormente questo Ospedale nei fatti probabilmente sopravvalutato, rispetto a certa eccellenza europea propagandata. Non a caso, in generale, come riferiscono anche altre cronache contemporanee, molti ferraresi si rivolgono altrove, altri ospedali fuori provincia o persino d’altre regioni e dopo appena pochi anni molti dei migliori medici si sono già trasferiti altrove.
Oltre, sempre dalle cronache costanti segnalazioni (anche dalla CGL) di ulteriori problematiche e ancora dinamiche processuali in corso.

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Riceviamo e pubblichiamo


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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