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Da Ufficio stampa Gruppo Lega Nord Emilia Romagna

Il vicepresidente della commissione Parità, Daniele Marchetti: “Ben 11mila meretrici raggiunte dall’Unità di strada hanno denunciato lo sfruttamento: punire solo i clienti, come vuole il Pd, non porta a nulla, il fenomeno va regolato”. Liverani: “Dimostrazione che dietro ad una falsa accoglienza, spesso si nascondono traffici illeciti”

“Ben 11mila prostitute raggiunte dall’Unità di strada hanno denunciato di essere state vittima di sfruttamento. Ma non solo: addirittura 750 donne africane, ospiti dei Centri d’accoglienza della nostra regione hanno dichiarato di essere vittime del medesimo crimine: questi i numeri emersi da un’informativa che l’assessorato alle Politiche di Welfare ha presentato questa mattina alla Commissione Parità e Diritti delle persone”.

La denuncia arriva dal vicepresidente della Commissione Parità, il consigliere regionale della Lega Nord, Daniele Marchetti,che spiega: “Si tratta di un fenomeno scandaloso e oggi inaccettabile per una società che vuole definirsi civile. I dati raccolti dal programma “Oltre la strada”, sistema integrato di interventi socio-sanitari nel campo della prostituzione, dello sfruttamento e della tratta di esseri umani, parlano chiaro: la prostituzione va regolamentata. Una regolamentazione che passa ovviamente dalla messa in campo di controlli più stringenti verso il fenomeno della prostituzione da parte delle forze dell’ordine, e che oggi rappresenta l’unica soluzione e argine alla deriva della tratta delle donne” spiega il consigliere leghista.

“E’ di tutta evidenza, alla luce dei dati esposti, come il “modello nordico” sostenuto dal Pd non stia producendo alcun effetto: la volontà di punire i clienti ma non chi si prostituisce, infatti, non sta portando ad alcun risultato significativo” chiosa Marchetti.

“Sono drammatici i numeri relativi ai casi di sfruttamento di donne, per lo più nigeriane, ospitate nei centri d’accoglienza presenti sul nostro territorio. E’ l’ennesima dimostrazione che dietro ad una falsa accoglienza, spesso si nascondono traffici illeciti che dobbiamo in ogni modo contrastare e sconfiggere” aggiunge l’altro membro leghista della commissione Parità, il consigliere regionale Andrea Liverani.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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