Skip to main content

 

Un giorno Ettore, il maggiordomo della Contessa Malù, vide una bella donna che raccoglieva legna appena fuori dal parco di Villa Cenaroli e se ne innamorò.

Non l’aveva vista bene e nemmeno vi aveva mai parlato, ma tant’è, il cuore accellerò. Desiderò seduta stante coricarsi sopra di lei senza pensare più a nulla. Chissà perché. Forse perché quel giorno era uno dei primi giorni di sole dopo la tanta nebbia dell’autunno lungo il fiume, o forse perché si era definitivamente ripreso da una brutta influenza. Dopo una cura ricostituente prescritta dal medico della contessa, il suo fisico era rinvigorito e pronto a tutto.

Guardò la donna con maggiore attenzione. Era sicuramente di Pontalba. Portava dei jeans blu, le scarpe da ginnastica e una giacca a vento nera. In testa aveva un berretto di lana anch’esso nero dal quale spuntavano dei capelli castano chiaro che, dritti e lunghi, si allungavano decisi lungo la schiena.

Aveva un cesto di vimini che stava riempiendo velocemente di piccoli rami secchi, sparsi fuori dal cancello della villa dopo la potatura dei castagni. La parte più bassa del parco, quella che confinava con il fiume e con la stradina sterrata che portava al cimitero del paese, era infatti ‘abitata’ da enormi castagni che là troneggiavano da molti anni. Ettore li aveva sempre visti, avevano sicuramente molti più anni di lui.

Una volta Guido, il primo fidanzato di Costanza, gli aveva raccontato che da piccolo si divertiva a raccogliere i ricci spinosi delle castagne che si depositavano sul sentiero e a tirarli alle bambine che malauguratamente si avventuravano da quelle parti. Il gioco funzionava particolarmente bene con le bambine che avevano i capelli lunghi. I ricci si impigliavano senza indecisione, e le bambine non riuscivano più a districarli dai capelli, se non tirando vigorosamente e stappando parte della chioma aggrovigliata. Un vero divertimento per quella ‘peste’ del piccolo Guido.

Ettore riguardò la ragazza che raccoglieva la legna di castagno. Quanti anni poteva avere? Forse quaranta. Lui ne aveva cinquanta, poteva andare come età? Dieci anni di differenza erano troppi? … Mah. Era lui ad avere dieci anni di più, quindi la cosa poteva andare, non sarebbe stato accettabile il contrario, una donna con dieci anni di più del suo compagno non era possibile, davvero sconveniente per un maggiordomo come lui.

Che fare? Forse doveva chiedere consiglio a Guido. Rientrò in casa, sicuro del suo innamoramento e per nulla dubbioso sulla reciprocità di tale sentimento. “Se non è amore, sicuramente lo diventerà” pensò mentre rientrava in Villa.

Dopo alcuni giorni, mentre si trovava dove aveva visto la sua innamorata per la prima volta, cioè vicino al cancello che dal castagneto di Villa Cenaroli dava sulla stradina sterrata che portava al cimitero, vide Guido che si stava avvicinando con il suo cane al guinzaglio, un giovane akita inu [Qui] dal manto interamente candido che si chiamava Reblanco.

Reblanco aveva un pedegree importante, dei genitori pluripremiati ed era il padre di alcuni cuccioli di akita che stavano crescendo splendidamente in una casa di Trescia. Lui però non ricordava questa genitura e passava le sue giornate con Guido che lo adorava.

Reblanco era costato tremila euro che, per le finanze di Guido, non era poco. Ma tantè, tra le stranezze di Guido c’era anche il suo modo un po’ originale di considerare i soldi e di usarli in funzione dei desideri più che delle necessità. Soleva dire che tra un desiderio e una necessità c’è una differenza enorme, anzi, che tra l’uno e l’altra esiste quasi sempre un’antitesi. Forse aveva ragione, almeno in parte. Sta di fatto che Reblanco era uno spettacolo e a Pontalba tutti lo guardavano passare con piacere e ammirazione.

Ettore pensò che quello era il momento buono per chiedere a Guido un consiglio sulla sua innamorata.
– Ciao Guido, stai portando Reblanco a spasso?
– Si, avevamo voglia entrambi di sgranchirci le zampe – gli risponde Guido un po’ distrattamente, mentre tira Reblanco per il guinzaglio cercando di farlo rallentare.
– Mi sono innamorato di una signora che è venuta qui alcuni giorni fa a raccogliere la legna e adesso non so cosa fare, come rintracciarla, come dichiararmi.
– Secondo me l’unica cosa sensata da fare è sposarla!
– Ma non la conosco, non so nemmeno come si chiama!
Proprio per questo te la puoi sposare, è ancora una sorpresa. Se tu la conoscessi davvero ti passerebbe la voglia. Invece adesso puoi ancora sposare una favola, una principessa che è esattamente come tu la vuoi. Evvai super-Ettore! Sposati la paesana e facci subito un figlio.

E questo è Guido, un po’ saggio, un po’ genio, un po’ pazzo, un po’ triste. Quel che dice lo pensa davvero, i suoi consigli sanno essere utili seppur nella loro originalità. Spesso tra i suoi suggerimenti si nasconde la luce, altre volte il terreno per un cammino irrealizzabile. Uno così bisogna prenderlo a piccole dosi e distillare quello che dice, in modo da isolare l’illuminazione dalla stranezza, la saggezza dalla malinconia, l’euforia dal nichilismo.

– Grazie del consiglio – gli risponde Ettore e Guido riprende il suo cammino. Tira un po’ il guinzaglio di Reblanco e fa un cenno di saluto con la mano. I due, l’uomo e il cane, allineano il passo al centro della stradina e proseguono tranquillamente sul loro sentiero, già dimentichi dei tormenti di Ettore. Nessuno dei due, per motivi diversi, li considera degni della benchè minima preoccupazione.

Ettore è fermo sul cancello. Li guarda allontanarsi, li trova eleganti, maestosi nel loro incedere in mezzo alla strada e per nulla preoccupati di bloccare il cammino a chi viene in senso contrario. A dire il vero non passa quasi mai nessuno, la strada tra i castagni è tutta loro e ben si adatta all’abbigliamento di Guido e al pelo liscio e folto di Reblanco.

Ora che fare? Come si chiama la donna? A chi chiederlo? Forse a Malù che in paese conosce quasi tutti. Oppure a Serafina che va sempre a comprare la frutta al mercato.
Ettore tornò verso la villa e vide Serafina che stava lavando il pavimento di marmo del poggiolo che dava sulla scalinata.
– Serafina aiutami, mi sono innamorato.
– Ma di chi ti sei innamorato?
– Non so.
– Non sai di chi ti sei innamorato? E’ impossibile!
– Invece è possibile.
– Ma no!
– Ma si!
– No!
– Si!

Quella ‘quadrata’ di Serafina riuscì con poche parole ad instillare nel cervello di Ettore il dubbio di non essere amato e quel dubbio lo gettò in uno stato di sconforto che lo fece piangere a dirotto chiuso nella sua camera e che durò per tutto quel terribile inverno.

Fuori, a Pontalba, imperversava il Covid-19, ma lui visse questo dramma in maniera ovattata, perché il suo cuore era tutto pervaso dalle pene d’amore. Il dubbio di non essere ricambiato dalla sua innamorata lo accompagnò fino agli albori di quella tremenda primavera e lo prosciugò come una castagna secca. Diventò ‘un mondo’ (come in paese si chiamavano appunto le castagne secche).

Ah aime aimer autant qu’il le peut et autant qu’il le veut …” (Ah l’amore, l’amore quanto può e quanto vuole).

L’amore di Ettore (2° parte)

L’amore di Ettore (3° parte)

Costanza e il suo mondo sono solo apparentemente diversi e distanti dal mondo che usiamo definire “reale”, e quasi sovrapponibili ad ogni mondo interiore. Chi fosse interessata/o a visitare gli articoli-racconti di Costanza Del Re, può farlo cliccando [Qui]

tag:

Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it