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Parlare di arte e di bellezza non è solo piacevole, ma anche utile e addirittura salvifico, soprattutto in periodi come questi, dominati da eventi tragici e problematici che ci investono di preoccupazioni e percezioni tutte negative. Saper leggere l’arte e il bello, possono aiutare ad innalzarsi ad un livello più alto e nobile, proprio dello spirito umano. Non è quindi una cosa ‘per persone colte’ o per i soli studenti dei licei e delle Accademie d’arte, ma allo stesso tempo non è un’operazione scontata, come in tutte le cose occorrono gli strumenti giusti.

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La copertina del libro

E’ per fornire questi strumenti che Maurizio Villani e Paola Marescalchi, per molti anni insegnanti presso il Liceo classico Ludovico Ariosto, hanno scritto e di recente pubblicato “Filosofia dell’arte”, un caso unico nel panorama editoriale italiano. Presentato il 30 settembre alla Biblioteca Ariostea di Ferrara, il libro è già alla seconda edizione e sarà in libreria a partire dall’8 gennaio, acquistabile on-line sul sito della Libreria Filosofica già dal 1 dicembre [vedi].

Prima di ripercorrere la sintetica e agile presentazione che i due autori hanno proposto al pubblico dell’Ariostea, ricca di citazioni e immagini esemplificative, riportiamo qui il colloquio avuto a margine con ferraraitalia:

Quali prevedete saranno i vostri ipotetici lettori?

“Una volta si diceva le persone colte, anche se non sappiamo se sia un genere antropologico ancora esistente. Battute a parte, abbiamo avuto dei segnali di interesse da parte delle Accademie d’arte perché il nostro libro va a colmare un’area scoperta, non ci sono cose del genere sul mercato italiano.”

Se doveste presentare il vostro libro in due parole, cosa direste?
“Il libro vuole essere un’introduzione alla Filosofia dell’arte. Non è né una storia dell’arte, né un libro di filosofia. Ha una natura mista, ambivalente, e questo si spiega con la sua origine.”

Qual è dunque l’origine di questo lavoro?
“C’è una storia abbastanza lunga e travagliata dietro a questo libro, perché era nato per essere tutta un’altra cosa: doveva essere un manuale di liceo, quando si era ritenuto che i licei artistici dovessero avere un programma di filosofia ad hoc. Nel 2009, incominciammo a lavorare in quella prospettiva, con l’idea di pubblicare per il 2011. Quel progetto di riforma del licei saltò completamente, sostituito dalla riforma della ministra Gelmini. A quel punto, ci siamo chiesti se quel materiale sarebbe potuto servire per una pubblicazione, non più di tipo scolastico ma destinata al mercato in generale. L’editore Mario Trombino della Diogene Multimedia [vedi] ci ha molto sostenuto e abbiamo accettato la scommessa. L’abbiamo naturalmente rivisto e adattato, ma l’impostazione originaria è rimasta.”

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Presentazione alla Biblioteca Ariostea, da sinistra Marescalchi, Sansonetti (conduttore), Villani

Nell’introdurre il libro, Villani spiega che l’impianto sistematico è scandito dai setti grandi paradigmi interpretativi del pensiero sull’arte: il primo, il più importante perché il più duraturo, è l’arte come mimesi, come imitazione della natura, che ebbe origine nel pensiero greco e che ha dominato incontrastato per duemila anni. Altro paradigma importante è quello romantico dell’arte come costruzione (Kant) e dell’arte come creazione (Hegel): l’idea di Hegel, e dei romantici in generale, è che l’arte sia creazione, l’artista è visto come un genio, assimilabile a Dio, nella sua capacità di creare dal nulla un mondo completamente nuovo, il cui influsso credo sia ancora largamente presente nel modo di pensare di oggi. Altri due personaggi, sempre inseriti nel contesto romantico, e per molti versi comparabili, sono Nietzsche e Schopenhauer: del primo l’idea dell’arte come gioco, del secondo l’arte come forma di conoscenza della verità, necessaria per innalzarsi al di sopra del piano del mondo come rappresentazione.
Poi il professore passa rapidamente in rassegna lo sviluppo storico del rapporto tra l’arte e il bello. Nella cultura tra ‘800 e ‘900 non c’era alcun dubbio, ciò che rendeva artistica un’opera per i romantici era la bellezza. In realtà, se si approfondisce, si riscontra che, dall’antichità in avanti, la concezione del bello non è univoca: c’è il bello come manifestazione del bene in Platone, il bello come manifestazione del vero in Heidegger (“Nell’opera si attua la storicizzazione della verità”, Heiddeger), come simmetria, e così via fino ad arrivare al Novecento con le Avanguardie artistiche che portano addirittura alla dissoluzione del bello come criterio estetico.

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“Orinatoio”, Marcel Duchamp, 1917
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“Campbell soup can”, Andy Warhol, 1962

Da Duchamp a Warhol, dall’”Orinatoio” alla “Scatola di zuppa Campbell”, succede che l’arte rompe con tutti i canoni della tradizione, ponendo alla filosofia la sfida enorme di riformulare nuove categorie estetiche e ricostruire un sistema interpretativo. Su questo dato di fatto si muovono, per esempio, i pensatori della scuola di Francoforte (da Benjamin ad Adorno). Famosa è la tesi del sociologo Bauman, secondo il quale il concetto di bello estetico ha avuto uno slittamento, passando dall’esperienza dell’arte all’esperienza della “ricerca del piacere e del consumare”, e che quindi colloca lo svuotamento dell’estetica nel passaggio della società contemporanea alla società consumistica. Altro pensatore interessante in questo senso è Coleman Danto, un filosofo americano, morto di recente, nel 2013. Partendo da Duchamp e Warhol, osserva che l’unico sistema categoriale per la comprensione di queste forme di espressione artistica è quello della filosofia, che diventa la chiave interpretativa dell’arte contemporanea, l’unica possibilità per permettere allo spettatore di capire le opere.

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Da destra Paola Marescalchi e Maurizio Villani

Nel libro le medesime tematiche vengono affrontate da Marescalchi da un punto di vista complementare, quello dell’arte. Con un’acrobazia spettacolare Marescalchi fa dialogare le opere classiche di Mirone e Zeusi Parrasio con quelle iperrealiste di Duane Hanson, Estes, Wateridge e Ron Mueck, dimostrando che il paradigma classico dell’arte come imitazione non sia svanito, anzi. Plinio e il vecchio e Boccaccio, assertori del “bello perché sembra vero” tanto da portare l’occhio ad ingannarsi, non si sarebbero mai immaginati che sarebbe arrivato un momento nell’arco del Novecento, in cui il visivo senso degli uomini sarebbe stato colto veramente in inganno.

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Iris, Fidia (447-442 a.C.)
"Turisti", D. Hanson, 1970
“Turisti”, D. Hanson, 1970

Questo succede con le opere degli iperrealisti americani, come i “Turisti” (1970) di Duane Hanson, sculture a grandezza naturale, dotate di tutti gli accessori come scarpe, occhiali e vestiti, opere impressionanti che, ad una prima occhiata, traggono lo spettatore veramente in inganno. Stesso discorso per “The architect’s house” di Wateridge (2009) o “In bed” di Ron Mueck (2005), e per la pittura le “Cabine telefoniche” di Estes (1967), dipinto a olio su tela che riproduce esattamente ciò che vede, partendo da una fotografia. Le opere appena citate non sono presenti nel libro perché Marescalchi dichiara di aver privilegiato solo le cose che le piacciono, e l’iperrealismo non è tra quelle. Ma l’iperrealismo si prestava bene ad introdurre in modo sintetico tutta la parabola della filosofia dell’arte, dalla cultura classica a quella contemporanea.

 

"Telephone Boots", R. Estes, 1967
“Telephone Boots”, R. Estes, 1967
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“In Bed”, Ron Mueck, 2005
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“The architect’s house” , J. Wateridge, 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

Il confronto prosegue, e Platone, Aristotele, Hegel, Schopenhauer, Nietszche, Freud si trovano a dialogare con Fidia, Giotto, Picasso, Munch, De Chirico, Warhol, mostrando le molteplici sfaccettature del rapporto tra arte e natura, i suoi possibili ruoli nel mondo umano (dall’arte come forma di conoscenza all’arte come espressione della psiche) e il legame tra l’arte e il bello, fino a toccare una domanda più che mai attuale: cos’è “arte” e cosa non lo è?

M. Villani, P. Marescalchi, “Filosofia dell’arte”, Ed. Diogene Multimedia, Bologna, 2014, pp. 274

Maurizio Villani ha insegnato Storia storia e filosofia al Liceo Classico Statale “Ludovico Ariosto” di Ferrara, attualmente è professore di Storia della filosofia presso l’istituto superiore di Scienze religiose di Ferrara e membro del Consiglio direttivo della Società filosofica italiana.

Paola Marescalchi ha collaborato con Renato Barilli presso la cattedra di Storia dell’arte contemporanea (Università di Bologna) ed ha insegnato Storia dell’arte al Liceo classico statale “Ludovico Ariosto” di Ferrara.

Per saperne di più della casa editrice Diogene Multimedia clicca qui [vedi]

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Sara Cambioli

È tecnico d’editoria. Laureata in Storia contemporanea all’Università di Bologna, dal 2002 al 2010 ha lavorato presso i Servizi educativi del Comune di Ferrara come documentalista e supporto editoriale, ha ideato e implementato siti di varia natura, redige manuali tecnici.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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