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da: Responsabile Eventi Libreria IBS.it Ferrara

Tema dell’incontro: gli anni di piombo, riletti alla luce del rapimento e dell’uccisione del leader democristiano Aldo Moro.
Ad aprire l’incontro è stato l’attore Marcello Brondi, con un’interpretazione scenica – di grande impatto emotivo –dell’ultima lettera dalla prigione brigatista scritta da Moro all’allora segretario DC Benigno Zaccagnini. E’ toccato poi ad Andrea Baravelli, storico dell’Ateneo estense, ricostruire le matrici del fenomeno terroristico in Italia, e le sue conseguenze sulla vita politica del Paese.
Dal dialogo tra lo storico torinese Miguel Gotor e il costituzionalista ferrarese Andrea Pugiotto, invece, sono emerse le contraddizioni tra quanto accadde allora e quanto, oggi, sappiamo con certezza su quei tragici 55 giorni. A fungere da bussola della discussione sono stati l’edizione critica e filologica delle lettere scritte dal Moro prigioniero (curata dal Gotor per Einaudi), e il ruolo dello stesso Gotor di relatore al Senato della legge che ha istituito la terza Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro.
In una sala stracolma, davanti a un pubblico attentissimo, sono state così rilette le tappe più controverse di quella cruciale vicenda. L’autenticità delle lettere di Moro, oggi certa ma allora contestata. Le trattative con le BR, allora negate in nome della fermezza dello Stato, in realtà tentate con l’avallo del governo e della sua maggioranza. Le omissioni e le negligenze degli apparati statali di allora e le ingerenze straniere che hanno caratterizzato quel drammatico fazzoletto di tempo.
Il caso Moro ha avuto una dinamica tipica della tragedia, e la tragedia – fin dall’antica Grecia – è una dimensione propria del teatro. Ecco perché, in ideale continuità con l’incontro di ieri, sarà messo in scena dall’attore Mauro Monni il monologo La solitudine del Re. i 55 giorni di Aldo Moro nella Prigione del Popolo. Lo spettacolo, a ingresso libero, si terrà in Sala Estense, martedì 25 novembre, con inizi alle ore 21.00.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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