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Pare che non ci sia nessuna remora ad esibire rosari al collo e medagliette di Maria ausiliatrice da parte dei giornalisti della Tv nazionale. È del tutto normale, sta nella libertà che ognuno ha d’acconciarsi, specie se fervente cattolico. Ciò significa che per il futuro vedremo giornalisti esibire in diretta televisiva cordigli e scapolari dei terz’ordini francescani e carmelitani, le icone delle loro appartenenze sociali, politiche e religiose, come forme di identità e coerenza, attraverso la testimonianza coraggiosa della propria fede e delle proprie convinzioni. Il sovranismo politico si accompagna al sovranismo delle proprie appartenenze. Attendiamo i Pastafariani con il colino in testa. Evidentemente non siamo un paese laico, siamo molto di più, un paese pluralista e multiculturale, dove ognuno è libero di esibire le insegne della propria tribù.
La fede come garanzia dell’autenticità delle proprie radici. I crocifissi con i Cristi sempre più agonizzanti e sanguinolenti da esporre come sulle barricate in tutti i luoghi pubblici dalle scuole agli ospedali, dalle dogane agli aeroporti. Non è l’avvento dell’oscurantismo, al contrario è l’apertura alla pluralità delle tradizioni, delle culture e delle sensibilità.
Presto in tv vedremo giornaliste in chador leggere le notizie, oltre ai quotidiani ragguagli sul verbo e sui viaggi del pontefice, avremo informazioni anche sul grande rabbinato di Israele e sull’Imam capo della comunità islamica, sulle chiese Avventiste, Metodiste e Ortodosse.
Sono i segni e le loro significazioni che storicamente fanno la cultura dell’uomo e i segni, come la parola, sono i mediatori della comunicazione, che se passa per la televisione pubblica non è più privata, non riguarda più soltanto le identità personali, il proprio vissuto, riguarda la storia di tutti.
La corona del rosario si accompagna alla preghiera a carattere litanico, alle Confraternite del Santo Rosario istituite dall’ordine dei frati predicatori per via che la Madonna apparve al loro fondatore, raccontano, san Domenico, facendogli dono del rosario. La vicenda è narrata dal ciclo di tutte le Madonne del rosario che si trovano raffigurate un po’ in tutte le chiese.
Siamo alla gratuita esibizione di un atto di culto, di una pratica devozionale, all’ostentazione della preghiera e del proprio bigottismo, che non c’entrano nulla con il lavoro e la deontologia professionale di un giornalista del servizio pubblico.
Se il crocifisso viene rivendicato come simbolo delle pretese radici cristiane, la corona del rosario proprio con le radici non c’entra nulla, per di più consacrata come pratica devota da Pio V all’indomani del Concilio di Trento, con un afrore di controriforma.
Viene il sospetto che tra il capo della Lega, che da un lato impugna vangeli, bacia rosari e invoca madonne e dall’altro la televisione pubblica che espone rosari al collo di giornaliste folgorate sulla via di Damasco, si sia volutamente scelto di sponsorizzare l’integralismo cattolico, le sagrestie devotamente votate a recuperare il terreno perduto, una sorta di risarcimento alla tradizione apostolica e romana.
A noi non piace la prepotenza dei vangeli che invece di porgere l’altra guancia impongono robustamente la loro buona novella. La questione degli dei, anche se ostentata da crocifissi e corone del rosario, resta primitiva, mitologica, offensiva per ogni mente razionale e soprattutto umiliante per le intelligenze che non accettano di essere abbindolate dai pifferai magici delle teologie.
Una caduta di stile, uno scivolone nel becero che anche i chierici più proni alla Conferenza episcopale italiana dovrebbero avere il buon gusto di evitare.
Il rispetto della dignità delle persone passa innanzitutto nel tenere per sé superstizioni e scaramanzie, evitare di ostentare croci come gobbi e cornetti rossi, in un carnevale di paccottiglie religiose come una sorta di sfida, di urto in faccia a chi osa non credere o non condivide la tua stessa fede.
Di fronte allo zelo religioso uno spirito laico prova disagio per la mortificazione della libertà personale che rappresenta, per l’angustia di pensiero che l’accompagna, tuttavia è volterrianamente disposto a dare la propria vita purché a ciascuno sia garantito il diritto di esprimersi.
La televisione pubblica è un’altra cosa. La condizione di utenti che pagano una tassa per avere un servizio pubblico non ammette né deroghe né scivoloni, perché in questo caso il carattere di “pubblico” del servizio pagato con i soldi dei cittadini viene meno e quei soldi si traducono nei proventi di un furto perpetrato a danno di chi è costretto a pagare una tassa per consentire propagande di parte, oltre il disegno di subliminali messaggi di superstizione e di ignoranza.
Evidentemente la commissione di vigilanza della Rai per la laicità del servizio pubblico ha una sensibilità come la pelle degli elefanti, e nessuno dei suoi componenti, a partire dai pentastellati novelli vessilliferi del cambiamento, è in grado di accorgersi di quanto strida e sappia di villania quella corona, ridotta a monile, al collo di una dipendente dell’azienda, tanto anche questi sono imbevuti di superstizioni e di cattolicesimo d’accatto, a partire dal loro capo politico devoto di san Gennaro e del culto del suo sangue.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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