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In un tempo in cui occorre una forte tensione verso l’innovazione e in cui le risorse di intelligenza e creatività si rivelano più importanti delle risorse finanziarie, è necessario un altro modo di amministrare. È indispensabile che pratiche di consultazione e di concertazione cedano il passo alla capacità di sollecitare iniziative diffuse. Valorizzare l’intelligenza di molti significa abbandonare definitivamente l’idea di partecipazione che aveva sorretto i partiti (ben prima che diventassero gruppi di interesse). Oggi le amministrazioni volano basso, strette da una carenza di risorse che diventa l’alibi per una generale assenza di energia. Cosa può dare energia? Soprattutto la passione, l’intelligenza, il piacere della condivisione. Sono condizioni intrecciate, che non hanno costi, ma presuppongono risorse individuali, cultura e capacità di riconoscimento.

La società degli individui deve scambiare questa moneta, ospitare comunità in cui le persone siano in grado di dare valore al proprio tempo e di scambiare questo in cambio di senso. La partecipazione che si esprime attraverso il voto è ormai ben poco rilevante, non solo perché, comprensibilmente, poco convinta, ma perché gli individui hanno minore propensione alla delega e non si gratificano più tanto a stare sugli spalti della curva Ovest con gli striscioni della tifoseria per questo o quest’altro candidato.

La rete ha testimoniato ampiamente il valore economico della gratuità, che presuppone, però, la valorizzazione degli individui. Cito due esempi che conosco da vicino e che esprimono perfettamente l’idea.
A Ferrara: il miracolo culturale prodotto dal gruppo di persone che ruotano attorno all’Istituto Gramsci e all’Istituto di Storia contemporanea, di quale voce del bilancio comunale ha avuto bisogno? Le numerose conferenze che nell’arco di un paio d’anni si sono svolte alla biblioteca Ariostea hanno aggregato un pubblico nutrito di persone che si sono misurate con temi di storia, filosofia, cultura politica; e hanno coinvolto nel ruolo di relatori sia docenti universitari di Ferrara noti in ambito nazionale, sia una quantità di insegnanti delle scuole superiori di valore e anche giovani neolaureati. Sottolineo, in particolare, un merito che va oltre la diffusione del sapere e il gusto della conoscenza. Il ciclo dedicato agli insegnanti, coordinato da Daniela Cappagli, ha offerto ad un gruppo sempre più numeroso di insegnanti, lasciati soli nel compito difficile di contrastare il disagio giovanile, un luogo in cui condividere e alimentare interessi. Gli insegnanti, maltrattati da tempo dal ministero dell’Istruzione, nonostante i richiami retorici all’importanza del ruolo educativo, dove trovano risorse per la formazione?
Il secondo esempio. A Parma, il professor Ferruccio Andolfi, professore di Filosofia dell’Università, direttore della rivista La società degli individui (basta il titolo per segnalare la qualità del progetto culturale) organizza da quattro anni un ciclo di conferenze di filosofia partecipato da centinaia di persone (le conferenze si svolgono in un cinema, giusto per dare l’idea dell’affluenza). A questo progetto quest’anno si aggiunge la sperimentazione dell’insegnamento della filosofia in alcune classi dell’Istituto professionale. Azzardo l’idea che questi piccoli innesti di capacità riflessiva possano essere più importanti, per fornire energie e sostegno a giovani precocemente indirizzati in percorsi di basso profilo, dell’enorme montagna di fondi pubblici che hanno ruotato attorno al Fse. Abbiamo finalmente capito che parlare di competenze, di disoccupazione giovanile e di mercato del lavoro non avvicina di un unghia l’obiettivo di rafforzare le capacità, alimentare le energie, trasmettere speranza? Possiamo continuare a ignorare che la vera competizione si gioca sulla possibilità di rafforzare risorse di cittadinanza, energie progettuali, evitando derive di marginalizzazione? Ma quale piano del lavoro, quali interventi di flessibilità possono annullare l’implicita assunzione di fallimento interiorizzata da molti giovani?
Ho citato interventi non estemporanei e che non gravano su alcun bilancio. Chiamare in causa la crisi di risorse nasconde, nella migliore delle ipotesi, una colpevole pigrizia. Mi piacerebbe poterne discutere.

Maura Franchi, sociologa dell’Università di Parma, è laureata in Sociologia e in Scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Marketing del prodotto tipico, Social Media Marketing. I principali temi di ricerca riguardano i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.it

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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