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Camminiamo sull’oro senza accorgercene e respiriamo una bellezza che ci avvolge silenziosa: l’Italia conferma il suo primato di Paese con più siti Unesco patrimonio dell’umanità. Sono testimonianze storiche, artistiche, paesaggistiche, tutto ciò che la rende unica e straordinaria rispetto al resto del nostro pianeta. Un minuscolo fazzoletto di terra, seguito nella classifica Unesco da quel gigante sterminato che è la Cina, non abbastanza grande evidentemente in termini culturali. E non è certo un caso se noi italiane e italiani sembriamo essere l’unico popolo al mondo immune alla cosiddetta ‘Sindrome di Stendhal’, il disturbo che può colpire chi si trova davanti ai capolavori dell’arte. Come conciliare tutto questo con i sempre più risicati fondi destinati alla ricerca, con i tagli all’istruzione o con il degrado e l’abbandono dei nostri importanti monumenti e vestigia del passato?

C’è da dire che all’estero l’intelligenza non manca: l’intelligenza di vendere qualcosa che non hanno. Il caso di Stonehenge è il più eclatante: vede ogni anno l’afflusso di milioni di turisti e turiste da tutto il globo per fare fotografie, scattarsi selfie, fare il girotondo attorno a pietre disposte quasi tutte secondo il gusto estetico del primo Novecento, ma a loro questo non lo si può dire, Stonehenge è un sito neolitico! E naturalmente passare nel negozietto di souvenir, molto ben fornito. In Italia purtroppo non siamo così efficienti, ma dovremmo diventarlo, per rispetto della nostra materia prima.

La ricetta giusta non può che essere una e soltanto una: studiare! Studiare per conoscere meglio, studiare per essere in grado di non rovinare le testimonianze di antiche donne e antichi uomini, studiare per poter comunicare le nostre ricchezze, valorizzandole correttamente. E chi è per definizione preposto a dover studiare durante la maggior parte del proprio tempo? Proprio così, sono loro, le nostre ragazze e i nostri ragazzi. Guai a commettere il terribile errore di far pensare alle nuove generazioni che la cultura sia una sofferenza da patire, che la scuola sia una tortura da scontare, se vogliamo che davvero qualcosa possa cambiare nel nostro Paese. Attenzione però, non stiamo parlando solamente di oggetti conservati nei musei, perchè le stesse nostre città nascondono storie e segreti dietro le loro vie, i loro palazzi, le loro tradizioni.

Se vi dicessi di prendere in mano una cartina di Ferrara, patrimonio dell’Unesco come città del Rinascimento e per il suo Delta del Po, probabilmente non notereste nulla di particolare. Se la cartina da voi scelta risalisse invece al periodo rinascimentale, una caratteristica la notereste subito: la città è pentagonale. Fu Ercole I d’Este con la sua famosa addizione a spostare il centro della città nel punto in cui lo ritroviamo ancora oggi: il castello estense. L’operazione erculea voleva sì rendere Ferrara più prestigiosa e imponente, ma aveva anche una valenza simbolica, al tempo vi erano grandi attenzioni per la natura, il firmamento e il significato dei numeri. Dello stesso periodo è il prestigioso Palazzo dei Diamanti, oggi rinomato soprattutto per le numerose mostre che ospita tutto l’anno. Si tratta di una costruzione posta non a caso proprio in quel luogo, come del resto tutto ciò che veniva eretto anticamente: secondo chi l’ha edificato, la sua posizione doveva essere in grado di concentrare al suo interno le energie telluriche per proteggere la città, e difatti il palazzo ospitava sedute di astronomia/astrologia (che furono separate solo nella modernità) e alchimia, con gli esperti più rinomati del tempo. Ma come faceva ad assolvere alla sua importante funzione di difesa? Ercole I vi fece nascondere qualcosa: uno delle migliaia di diamanti di pietra della facciata conserverebbe un vero diamante prezioso, appartenente alla sua corona, come a indicare una stella sulla Terra. Il diamante del palazzo avrebbe così agito come protezione della città.

Il racconto delle nostra città può insomma essere reso molto affascinante, le nuove generazioni possono vivere la cultura e imparare divertendosi. Non lasciamoci sfuggire questa opportunità.

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Ivan Fiorillo

“Lo Scettico”: un divulgatore non convenzionale alla ricerca della verità.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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