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Da Paolo Giardini

In un luogo lontano nello spazio e nel tempo (non è l’incipit di una fiaba ma del riassunto di un episodio accaduto), le maestranze di un cantiere camminavano abitualmente scalze, imperturbabili su qualsiasi terreno, avendo calli plantari spessi come suole di scarpe.
Un giorno un operaio scalzo calpestò inavvertitamente uno sfrido di saldatura caduto al suolo. Non fece caso al filo di fumo che fuoriusciva da sotto al piede fino a che, dopo un tempo valutabile in secondi, il ferro rovente arrivò alla carne viva. E solo allora dal cantiere s’innalzò un urlo belluino.
Fu quello il primo caso di PERCEZIONE SOGGETTIVA DIFFERITA di mia conoscenza.
Il secondo caso, caratterizzato anch’esso da un forte spessore calloso (ma in zona anatomica diversa dai piedi) l’ho appreso dai giornali. Protagonista: l’attuale sindaco di Ferrara, autore di un exploit di differimento percettivo da primato, misurabile in lustri. Gli sono voluti infatti più di cinque anni prima di avvertire un fortissimo odore di bruciato in GAD e urlare al vento la necessità di un controllo in forze permanente. Proprio come richiesto dai ferraresi che incessantemente gli chiedono di smetterla di favorire, e vantarsene, l’indiscriminata importazione d’umanità allo sbando con una stolta “accoglienza” (che mancando i sussidi di Pantalone non considererebbe neanche per scommessa), senza nemmeno voler sapere quanta parte di questa umanità sia composta da gente beneducata, o decisa a farsi mantenere a vita in forza di tantissimi pretesi diritti e altrettanti sconosciuti doveri, se non a delinquere tout court.
L’affezionato elettore ferrarese di Tagliani può quindi giubilare per la favolosa callosità del suo beniamino, dura come un carapace. E visto che la capacità percettiva dell’insieme di sindaco e giunta corrisponde perfettamente alla vivacità di un bassorilievo, è sperabile che alle prossime elezioni l’affezionato elettore possa riscontrare un miglioramento tridimensionale, trovando fra i candidati delle belle statue di gesso. Quelle, sicuramente non riusciranno mai a far danni. E a mantenerle costano infinitamente meno di quelle in carne calli e ossa.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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