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“Se vai in giro vestita così, poi non ti lamentare se ti succede qualcosa!”
“Devi imparare a lavare e stirare se vuoi essere una brava moglie!”
“Per il colloquio di lavoro ti conviene metterti una maglietta scollata…”
Parole forti quelle del video introduttivo al seminario contro la violenza sulle donne tenutosi ieri mattina presso la biblioteca Bassani.
Fin da piccole, le femmine vengono cresciute con determinati principi. La società, infatti, le vuole belle, composte, educate, capaci di rassettare la casa, di star dietro a figli e marito.
Nell’immaginario comune la donna assume sempre un valore angelico, intoccabile, una figura da amare e proteggere. Ma allora perché i casi di violenza sulle donne sono in continuo aumento?
“Siamo tutti influenzati dagli stereotipi di genere profondamente radicati nella nostra cultura”, spiega Annalisa Felletti, Assessore alle Pari Opportunità. La violenza sulle donne figura quindi come un problema culturale (interessante, in proposito, la scelta di svolgere il seminario in una biblioteca, luogo di cultura per antonomasia).
La violenza diventa poi un problema delle istituzioni, che si ritrovano ad affrontare numeri in costante aumento. I dati parlano chiaro: negli ultimi 5 anni, solo nella provincia di Ferrara, sono state soccorse 1359 donne vittime di violenza, soprattutto domestica!
A monte, uno dei problemi è sicuramente il silenzio. Spesso, le donne vittime di abusi e violenze, commessi in particolare da compagni e mariti, rinunciano a denunciare i cosiddetti “reati sentinella”. Cioè tutti quei reati che sono solo l’inizio di una situazione destinata a peggiorare, fino all’estrema conseguenza – ormai sempre più spesso purtroppo – della morte della donna per mano dell’uomo.
Di chi è la colpa di questo tacere? Le istituzioni stanno lavorando per garantire un servizio il più possibile completo e sempre disponibile, ma anche per instaurare un rapporto di fiducia con le vittime che necessitino di sostegno soprattutto nel momento della denuncia. “Le donne avevano bisogno di consulenza, e così è nato un punto di ascolto…”, a parlare questa volta è Liviana Zagagnoni di UDI Ferrara, “Dopo questo primo gruppo di ascolto, si è consolidato nel 1997 il centro Donne Giustizia. Tutt’ora attivo sul nostro territorio.”
Negli anni poi si è capito che non sono solo le vittime ad aver bisogno di aiuto, quindi, oltre alla struttura per le donne è nato anche un centro per uomini maltrattanti, “Dove la maggior parte di loro si presenta spontaneamente” conferma Michele Poli, direttore del centro. Un dato che non lascia indifferenti, soprattutto considerando che, dei 35 uomini che sono aiutati dalla struttura, più della metà è ancora impegnato nella relazione con la partner e spesso ci sono di mezzo anche dei figli,e che molti di loro hanno assistito alle violenze.
Figli che, a loro volta, cresciuti in un tale clima di degrado relazionale, avranno maggiori possibilità da adulti di commettere atti della stessa natura.
Persone come Paola Castagnotto, Presidentessa dell’associazione Donne e Giustizia, o come Liviana Zagagnoni, ogni giorno si interfacciano con problemi di questa natura e danno sostegno a centinaia di donne che si rivolgono al centro con la prospettiva di un futuro migliore. Paola Castagnotto denuncia il silenzio fin troppo consolidato a livello sociale: “Tra qualche giorno non si parlerà più di questo gravissimo problema, e fino al prossimo anno non si darà più il rilievo al femminicidio come in questi giorni, ma noi consideriamo questo problema una vera e propria epidemia che combattiamo da anni, ogni giorno. Mi piacerebbe dire ‘abbiamo finalmente concluso, non ci sono più clienti’… ma ahimé non è così!”
Terminando con la citazione dell’ Assessore Felletti: “la violenza è fatta di silenzio”, l’ultimo appello è di dare voce alle vittime: “il cambiamento può e deve avvenire”.

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Chiara Argelli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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