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da: Arci Ferrara

Il quartetto di Liverpool, che in oltre 15 anni di attività ha pubblicato otto album per la prestigiosa Domino Records, ha sempre utilizzato il linguaggio della psichedelia con un preciso gusto melodico intriso di moog, wah-wah ed echi sixties. Frullato lisergico di post-punk e pop acido e mutante, il suono dei Clinic è un coacervo di elettricità e nevrotici cambi di ritmo. Sul palco i quattro di Liverpool si presentano con mascherina chirurgica d’ordinanza: i loro concerti infatti sono lunghi interventi a cuore aperto tra suoni rarefatti e visionari, rumori e divagazioni atmosferiche.

La band affonda le sue radici nelle ceneri dei Pure Morning: è da qui che vengono Ade Blackburn (chitarra, tastiere, voce) e Jonathan Hartley (chitarra, clarinetto, tastiere). L’aggiunta di Brian Campbell (basso, flauto, cori) e Carl Turney (batteria, piano, cori) porta alla nascita dei Clinic, e alla pubblicazione del primo EP tramite la loro etichetta discografica, la “Aladdin’s Cave of Golf”.
La produzione del lavoro è per un pubblico di nicchia, ma il successo è inaspettato e tale da inserire il gruppo nella Festive Fifty di John Peel (l’annuale classifica votata dal pubblico), e consente alla band di registrare con una produzione decisamente superiore altri brani.
Quando l’anno successivo arriva il contratto con Domino Records, tutto il materiale prodotto fino ad allora viene fuso insieme per creare l’album d’esordio, l’omonimo “Clinic” (1999).
Circa dodici mesi più tardi viene dato alle stampe un nuovo lavoro, questa volta composto interamente di materiale inedito (“Internal Wrangler”).
E’ l’album della consacrazione, soprattutto nel Regno Unito: l’eclettismo dei CLINIC viene notato da Thom Yorke che li vuole a fianco dei Radiohead durante il tour di “Kid A”, poi è la volta di John Peel che li invita per registrare una delle sue storiche Sessions per la BBC.
Anche la pubblicità si accorge di loro: la Levi’s sceglie il loro singolo “The Second Line” come colonna sonora di un celebre commercial, la Mentos usa il pezzo “D.P.” per il delirante spot con le pecore che impennano sui tagliaerba.
Il successo del disco è notevole, tanto da fidelizzare fan importanti del calibro di Flaming Lips e Arcade Fire, con relative aperture ai loro concerti in giro per il mondo.
Le lusinghiere recensioni di “Internal Wrangler” completano il quadro e caricano d’attesa il nuovo disco (“Walking With Thee”, 2002), che conferma l’apprezzamento della critica e propizia la loro prima tournée statunitense in grande stile.
La scia del successo continua nel 2004 quando esce “Winchester Cathedral”, un album forse meno d’impatto dei precedenti ma comunque accolto con molto interesse dalle riviste di settore e dal pubblico di genere.
Nell’ultimo decennio si susseguono il caleidoscopico ed eclettico “Visitations” (2006), il disco più segnato da venature sixties (“Do it!”, 2008), il pop elaborato e raffinato di “Bubblegum” (2010) e l’accoppiata “Free Reign” e “Free Reign II” (rispettivamente 2012 e 2013), il secondo dei quali prodotto da un personaggio centrale della scena sperimentale newyorkese quale Daniel Lopatin, alias Oneohtrix Point Never.
Ma è dal vivo che i CLINIC trovano la loro dimensione ideale, con le loro tastiere vintage e il surreale mascheramento “chirurgico”, utilizzato un po’ per non prendersi troppo sul serio e un po’ come omaggio ai travestimenti di band storiche della scena di San Francisco quali Crime e Residents.

Per tutto il periodo del festival “Zuni Ou†door” ospiterà stabilmente una libreria con un’ampia scelta di titoli dedicati ad arte, musica e graphic novel, nonché un mercatino di vinili usati.

CLINIC
Chiostro di San Paolo, Piazzetta Schiatti – Ferrara
Domenica 20 luglio
Apertura porte e biglietteria dalle ore 19:00
CLINIC on stage: ore 21.30
Ingresso: 15 euro
Info: 347-8074155

Ulteriori informazioni sono reperibili presso il sito web del festival: http://outdoor.zuni.it/
E-mail: arte@zuni.it

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Arci Ferrara


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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