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Da Cgil Ferrara

Sostenere che i ragazzi preferiscono ritardare il più possibile l’ingresso nel mondo del lavoro mi porta a dire che chi pensa, e dice, queste cose o ignora cosa sia successo negli ultimi 8 – 10 anni nel mondo del lavoro, oppure, evidentemente, vuole offendere la dignità e l’intelligenza delle giovani generazioni. E’ sport molto diffuso quello di rappresentare i giovani come individui a cui piace la vita comoda, svogliati e poco propensi alla fatica.
Sarebbe più opportuno, oltreché più corretto, analizzare cosa il mercato del lavoro propone ai giovani: precarietà (a tempo indeterminato), livelli retributivi estremamente bassi, continuo rischio di espulsione dai luoghi di lavoro attraverso i processi di ristrutturazione aziendali ulteriormente aggravati, con il Jobs Act, dalla riduzione della durata della cassa integrazione e dall’avere reso per le aziende più economico licenziare piuttosto che attivare gli ammortizzatori sociali conservativi; continuo condizionamento, finanche minaccia di licenziamento grazie al contratto di lavoro a tutele crescenti privo della tutela dell’art.18 che, nei fatti, tutela esclusivamente l’impresa anche di fronte ai licenziamenti illegittimi
Senza dimenticare che i giovani che giungono sulla soglia di un siffatto mondo del lavoro lo fanno già indeboliti e sfiduciati, da un percorso scolastico di apprendimento che non tende più a costruire cittadini democratici dotati di capacità critica e di elaborazione delle dinamiche della società, bensì a costruire cittadini e lavoratori imprenditivi, consumatori, produttori, utenti. La Buona Scuola altro non ha fatto che aggravare un percorso nella scuola pubblica in atto ormai da anni, volendo asservire la scuola ed il suo ruolo al sistema economico neoliberista.
Prima di puntare il dito contro i giovani accusandoli di scarsa volontà al sacrificio, chiediamoci come questi vengono formati come cittadini e quali opportunità nel mondo del lavoro vengono loro proposte.
Buona Scuola e Jobs Act non sono semplicemente due leggi: sono il tentativo di plasmare nuove generazioni di donne e uomini, di lavoratrici e lavoratori, ricattabili, deboli, condizionabili anche perché privati della possibilità di coltivare la capacità di agire un’analisi critica del mondo.
Chi sostiene questa critica indubbiamente feroce a questo moderno modello, è la Fiom, è la Cgil, che ha proposto un altro punto di vista fatto di tutele, diritti, saperi ed emancipazione con la Carta dei Diritti, una proposta di legge di iniziativa popolare che si pone l’obiettivo di ridare dignità al lavoro e di ridare significato ai principi costituzionali anche nel mondo del lavoro e della scuola. Ora che la proposta è incardinata nel percorso dei lavori parlamentari, si vogliono invitare tutti gli imprenditori, le associazioni di rappresentanza delle imprese e la politica, evidentemente distratti nel momento della raccolta delle firme, a sentire il bisogno di conoscere l’idea della Cgil. E scoprirebbero un approccio diverso all’economia, al lavoro, alla scuola, alla cultura, alla società. L’idea neoliberista, è sotto gli occhi di tutti, sta rivelando tutta la sua criticità e negatività. Che si provi ad approcciare un pensiero diverso per scoprire, vuoi mai, che non è tutto fumo ciò che dice la Cgil.

Samuele Lodi
Segretario Generale Fiom Cgil Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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