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Il cielo anche oggi qui a Vipiteno presenta matasse di nuvole, brevi piovaschi, sole malato e i villeggianti compiono senza sosta il percorso delle vie del centro. Miriam la nostra accompagnatrice taxista propone percorsi, ci invita a scuoterci dalla nostra inattività, a volte forzata, a volte scelta. Peter e Delberta fanno di tutto per farci uscire dalla nostra presunta apatia: ci organizzano gite a luoghi bellissimi e ormai familiari. Partecipiamo alle vicende del gatto ventenne malato Ulli che con Ute rappresentano la loro riserva di pelosi; ammiriamo con una punta di invidia la loro terrazza straordinariamente fiorita (c’è perfino una specie di begonia che si chiama Cleopatra!); beviamo l’Hugo, specialità del luogo, sapendo che il loro peloso canino a Ferrara si chiama Ugo e in hotel ci alziamo a metà pranzo per andare ad accarezzare il bellissimo setter rosso Kenny, che ci guarda con occhi languidi, stremato dalle gite che pretende e vuole.

A questo punto il criceto mi prende da parte e mi confessa che, essendo finita la trasferta a Vipiteno e avvicinandosi il sabato in cui approderemo al Laido degli Estensi, ha deciso di lasciarmi e di trascorrere il resto della sua vita tra i prati e valli in fior, qui dove la natura ha ancora senso. Rispondo immediatamente: Gerne! tradotto ‘Volentieri!’; così dopo una strofinatina alla guancia, il criceto sceglie la libertà e si dissocia dal suo umano.

Nei lunghi anni qui trascorsi però ancora mi scuote questa interiezione, che ad ogni istante risuona, pronunciata con tono gentile e suadente: ‘Volentieri!’. Le ragazze del ristorante, che ogni sera indossano un costume diverso e nascondono la loro bellezza dietro la mascherina, parlano con gli occhi e, proponendo piatti o levandoli, accompagnano il cambio e il servizio con questo termine ‘Volentieri’ che traduce il tedesco Gerne e che esprime cortesia e buona volontà.

Mi dice il coltissimo Peter, che sarebbe il corrispettivo francese ‘pas de quoi’, ma è estremamente confortante sentire quel ritornello, anche se a volte residui di giovinezza, forse sprecata, m’inducono a pensare a certi servizi a cui favolose ragazze a precise richieste avrebbero potuto rispondere “Gerne!”

Imbottiti di cibo, di attenzioni e di pigrizia ogni mattina ci facciamo accompagnare in centro e ‘volonterosamente’ ci accodiamo alla massa che pazientemente percorre, come spinta da un destino il lungo corso, e qui  assistiamo a imprevedibili cambiamenti. I polpacci nerboruti delle squadre di ciclisti che abbandonano il loro cavallo d’acciaio per meritarsi una sanguigna grappa si trasformano in braccia altrettanto polpose; le loro compagne, provviste di poderosi ‘lati b’, trasferiscono quell’abbondanza sul petto, si muovono con solenne impaccio e trafiggono il riguardante sotto la continua e mai elusa protezione della mascherina. Dal mio osservatorio dietro una tazza di caffè vedo confondersi i tatuaggi che migrano impazziti e, monotono, alla mia richiesta di un nuovo ‘hugo’ risuona il ‘volentieri’, che mi schiaccia e mi ricolloca al mio posto.

A poco a poco mi prende anche la pigrizia libraria. Trascino faticosamente la lettura di tre testi che mi parevano interessanti da leggere, compreso l’ultimo romanzo dell’amico Hans Tuzzi/Adriano BonNessuno rivede Itaca, candidato al premio Dessì e lo trovo eccellente. Se mi si chiedesse un parere e se potessi premiarlo, risponderei “Gerne-Volentieri”. Ma ancora una volta l’attenzione si rivolge al mio Cesarito. Covid permettendo, aspetto con ansia la riconferma delle celebrazioni pavesiane a Parigi e a Torino e lotto con la caparbietà propria dei diversamente giovani costringendomi a leggere in e/book l’ultimo prodotto degli studi pavesiani: Pavese nel tempo a cura di Antonio R. Daniele e Fabio Pierangeli. Il percorso è faticoso e sicuramente alla proposta di poterlo leggere in cartaceo immediatamente risponderei “GERNE!”.

Non passo per Ferrara, dove l’accesso al Centro Studi bassaniani è ancora negato. Si deve procedere alla sanificazione; ma obbietta ancora il mio criceto, che rispunta fuori da un delizioso cespuglio di rose: “ma quando mai la sanificazione è necessaria dopo che libri e carte del Centro sono intoccati da almeno 4 mesi?”. Certo, capisco – relativamente – il poderoso lavoro a cui si devono sottoporre i lavoratori librari, ma esorterei l’Amministrazione a procedere più speditamente a porre questa necessità tra le primarie e a rispondere “Gerne!”. Purtroppo so che in questo momento non sono molto graditi miei consigli, così mi ritiro nel Laido degli Estensi, sperando che gli albatri, che mi guardano minacciosi dalle cime dei pini, alla mia educata richiesta di non mollarmela in testa possano rispondere: “VOLENTIERI/GERNE!”

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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