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Mese: Dicembre 2016

BORDO PAGINA
Sinergia futurista a Palermo: con il futurista ferrarese Roby Guerra

Da: Roberto Guerra

https://www.comune.palermo.it/noticext.php?cat=3&id=12362

http://uk.blastingnews.com/showbiz-tv/2016/11/david-bowie-poetry-also-tribute-to-the-rock-star-001287979.html

Studio Futurista Artè Viale Regione Siciliana 2841 N.O., comunica che Venerdì 2 Dicembre 2016 ore 18,30 sarà Fondata la Prima Casa d’arte Futurista A. Gaeta verrà lanciato il Manifesto della ReteStudioAmbiente Futurista, firmato da Antonino Gaeta, pittore e fondatore del Gruppo Futurista Siciliano Contemporaneo, e Antonio Saccoccio, oltre-artista e ricercatore digitale, il primo in Italia a rilanciare sul web l’avanguardia futurista di Marinetti. In tale occasione verrà inaugurata “Futur.11/+”, sinergia futurista che vedrà simultaneamente coinvolti diversi esponenti del Futurismo Contemporaneo: Stefano Balice, Graziano Cecchini Rosso Trevi, Vitaldo Conte, Gianluigi Giorgetti, Roberto Guerra, Klaus-Peter Schneegass, Marco Zappa, oltre ai già citati Antonino Gaeta e Antonio Saccoccio. In programma l’intervento del consigliere avv. Giulio Cusumano, in rappresentanza del Comune di Palermo e tra i diversi interventi e contributi artistici, anche il futurista ferrarese Roberto o Roby Guerra: proiezione video in sala dei clip David Bowie Renaissance (da Milano, a cura di Davide Foschi, Festival del Nuovo Rinascimento) e Romantronica, dal libro omomimo dedicato alla pop star (segnalato recentemente anche in Blasting News UK).
(Fino al 30 12)
*IL VIDEO ROMANTRONICA DI R. GUERRA
https://www.facebook.com/libreriafuturista/videos/1218483671564564/

Nota stampa a firma delle Associazioni Circomassimo Arcigay e Arcilesbica Ferrara, Gruppo Giovani Circomassimo e Agedo

Da: Centro lgbti

Nota per la stampa a firma delle Associazioni Circomassimo Arcigay e Arcilesbica Ferrara, Gruppo Giovani Circomassimo e Agedo

Oggetto: Assessora alle Pari Opportunità Annalisa Felletti

Apprendiamo dalla stampa le vicende politiche che coinvolgono l’Assessora Annalisa Felletti. Non entriamo nel merito di questioni interne al partito di cui l’Assessora alle Pari Opportunità è espressione, sia per una scarsa se non nulla conoscenza delle motivazioni che hanno portato all’attuale situazione, sia e soprattutto per una vocazione apartitica che contraddistingue le associazioni Lgbt firmatarie di questo documento. Ciò che in queste poche righe ci teniamo a esprimere è una valutazione dell’operato di Annalisa Felletti in relazione alle politiche rivolte alle persone lgbt e quindi alle nostre associazioni. E’ indubbio che l’attenzione che questa Amministrazione ha nei confronti della difesa dei diritti, della lotta alle discriminazioni e della affermazione di pari opportunità delle persone lgbt si è manifestata in più occasioni e in più forme. Ed è altrettanto innegabile che l’Assessora Annalisa Felletti abbia avuto un ruolo chiave rispetto alle questioni lgbt locali, e per il mandato conferitole di delega alle Pari Opportunità, e per sensibilità personale. Sono stati tanti i momenti di confronto che hanno portato a uno scambio reciproco di idee, alla condivisione di progetti, alla realizzazione di percorsi condivisi anche con altre realtà istituzionali e associative della città. Le questioni Lgbt sono diventate un punto importante dell’agenda politica di questa Amministrazione e di conseguenza di questa città e riconosciamo all’Assessora Felletti un ruolo chiave nel tracciare una strada dalla quale auspichiamo non si possa più prescindere. Dal 2014 a oggi sono successe tante cose che hanno cambiato la quotidianità delle persone lgbt, prima fra tutte l’entrata in vigore del decreto legge sulle Unioni Civili. Ma a fianco delle grandi battaglie civili che coinvolgono il paese, ci sono le piccole battaglie quotidiane che le nostre associazioni combattono per rendere sempre più semplice la vita di chi appartiene a una minoranza ancora in parte discriminata, ancora troppo spesso oggetto di violenza e vessazioni. Ricordiamo che circa un anno fa un ragazzo omosessuale, a Ferrara, è stato protagonista, suo malgrado, di un grave episodio di omofobia. Anche il quel caso l’Amministrazione comunale e l’Assessora alle Pari opportunità non hanno esitato a dimostrare la propria solidarietà e a condannare in maniera forte ogni forma di odio e violenza nei confronti delle persone lgbt. Da quell’episodio a oggi, la collaborazione che si è instaurata tra le associazioni e l’assessorato alle pari opportunità ha consentito dei risultati straordinari, uno fra tutti l’individuazione di una sede. Dopo 15 anni finalmente Circomassimo-Arcigay e Arcilesbica Ferrara ha una casa che condivide anche con le altre associazioni lgbt ferraresi, quali Agedo e Famiglie Arcobaleno. La sede di via Ripagrande 12 è anche Antenna contro le discriminazioni ed è un luogo di tutti e per tutti, un spazio fisico di incontro e confronto, ma anche uno spazio politico di affermazione delle proprie identità e dei propri diritti. L’assegnazione di una sede è solo uno dei risultati di cui possiamo rendere merito alla Felletti, ci sono poi i progetti, le campagne, le attività che l’hanno vista al nostro fianco con convinzione e passione. Non è nostro compito difendere il suo ruolo all’interno di questa giunta, vi sono organismi politici preposti legittimati a farlo, ma non possiamo che esprimere tutta la nostra stima per quello che ha fatto sia sul piano umano che sul piano politico per le associazioni di cui siamo attivisti, che sarà forse poca cosa nell’economia generale di una città, ma è moltissimo per tutti quei cittadini e cittadine di questa città che in noi si riconoscono, che credono nelle nostre ragioni, nelle nostre lotte e che pensano come noi che una società più equa passa anche e soprattutto dall’affermazione delle diversità e dal riconoscimento del principio di parità.

Circomassimo-Arcigay e Arcilesbica Ferrara
Arcigay Ferrara
Arcilesbica Ferrara
Gruppo Giovani Circomassimo Ferrara
Agedo Ferrara

La storia di Valentina Sgarbi
A diciotto anni pubblica il primo libro trasformando il suo sogno in realtà

Fin da bambini abbiamo tutti sogni o aspirazioni un po’ particolari: “Da grande vorrei fare la cantante, l’astronauta, la ballerina, l’attore…”. Chi non ha mai pronunciato una frase simile? Poi cresciamo e tendiamo a riporre i sogni che mirano alto nel famoso cassetto.
Valentina, nata a Ferrara nel 1997, ha detto: “Da grande vorrei fare la scrittrice” e così, a soli diciotto anni vede pubblicato il suo primo libro. Martedì scorso, poco prima della presentazione del suo libro, tenutasi in Biblioteca Ariostea, ci ha concesso una intervista, parlandoci di lei e del suo libro ‘Domani sarà un’altra possibilità. Mañana serà otra possibilidad’.

“Quando scrivo c’è sempre un groviglio che devo andare a snodare e questo avviene soltanto quando mi lascio andare alla bellezza delle parole”. Valentina è molto determinata nonostante l’evidente emozione per la sua prima conferenza. Una ‘penna matura’ come la definisce il suo editore (Faust Edizioni, che ha sede proprio a Ferrara) dato che nel suo libro tratta temi di evidente spessore quali la morte, la tossicodipendenza, la paura di vivere, accentuando così quelle sensazioni tipiche dell’adolescenza per le quali i ragazzi si sentono spaesati, non adatti alle situazioni, in una fase di passaggio e di conflitto dove ‘definirsi’ risulta veramente arduo.

Valentina ha superato questa fase assieme ad Amanda, protagonista del suo libro, nonché una sorta di alter ego. “La sua sofferenza era la mia sofferenza, le sue emozioni erano quelle che in quel momento stavo vivendo io, anche se non ho mai vissuto sulla mia pelle le sue vicende” – si lascia sfuggire un “per fortuna” dato che Amanda, nel romanzo, deve affrontare situazioni notevolmente pesanti.
“Ho iniziato a scrivere a 15 anni, mi piaceva scrivere, ma ovviamente mai avrei pensato di arrivare alla pubblicazione. Era semplicemente un mi piace, lo faccio!”. Un grande incentivo è arrivato da una sua insegnante di lettere delle superiori che ricorda con molto affetto: “Un giorno le dissi ‘Prof, vorrei scrivere un libro’ e lei mi rispose che secondo lei potevo farcela. Anche lei, come me, probabilmente non era troppo convinta, ma le piaceva come scrivevo e questo per me è stato un forte impulso per dire ‘adesso scrivo, poi vediamo come va’ ”

Curioso, il fatto che gli ultimi a sapere della vicenda siano stati i suoi genitori: “Sono andata da mio padre e gli ho chiesto se poteva darmi dei soldi. Giustamente, mi ha chiesto il motivo e io gli ho risposto che dovevo pubblicare il mio primo libro. L’unico ostacolo rimaneva solo far leggere il romanzo ai suoi: “Come gliel’ho detto sono rimasti sconvolti, poi hanno deciso di darmi una mano, ovviamente hanno letto il mio libro e ne sono rimasti entusiasti.”
Lo scrivere risultava molto difficoltoso per Valentina soprattutto nell’ultimo anno di superiori dove, tra esami e studio ha dovuto lasciare il suo libro in stand by concludendolo solo dopo gli esami di stato. Questa mancanza di tempo l’ha allontanata, a malincuore, anche dalla lettura della sua scrittrice preferita Valentina d’Urbano, colei che l’ha fatta appassionare al mondo della scrittura.Il primo libro che porta nel cuore è infatti “Il rumore dei tuoi passi” scritto dall’omonima, ‘divorato’ da lei in soli tre giorni.

Adesso invece, con l’avvenuta pubblicazione, Valentina rivela che la sua paura più grande è quella di puntare troppo sul libro: “Mi sono iscritta all’università qui a Ferrara ma non sto frequentando perché con l’inizio delle presentazioni del mio libro, ho altro per la testa. Ma non vorrei ritrovarmi un giorno, bloccata perché i miei romanzi magari non hanno preso piede e, senza una laurea”
A questo proposito rivela che ‘bolle altro in pentola’, anticipando così la stesura di un nuovo libro anche se non si espone troppo sull’argomento, ammettendo che l’andamento dei suoi scritti cambia svariate volte. “So la storia principale, ma non conosco ancora che piega prenderà”. Ecco perché quando ho iniziato a scrivere ‘Domani sarà un’altra possibilità’ il romanzo doveva terminare con un nuovo amore per la protagonista, cosa che invece alla fine non avviene.”
L’ispirazione per i suoi testi è sempre dietro l’angolo. “Scrivo in camera, a mano, poi trascrivo a computer. Ma sto attenta a tutto quello che ho attorno, anche solo ad una sensazione, perché sono proprio quelle che mi aiutano a scrivere, non tanto i fatti che succedono”

Relatrice alla prima presentazione, è una delle sue professoresse di lettere dell’ultimo anno, la professoressa Crepaldi, che parla di Valentina con particolare stima e ammirazione: “Tantissimi adolescenti scrivono, ma il più delle volte si fermano. In lei c’è stata quella determinazione di passare dallo sfogarsi sul diario personale, al raccontare una storia da condividere. Con Valentina, le nostre parole di insegnanti non sono cadute nel vuoto e oggi, posso vedere il concretizzarsi di un sogno”.
Nei loro messaggi, la docente spesso inseriva citazioni di Svevo, una delle quali è divenuta il promemoria personale di Valentina “Fuori dalla penna non c’è salvezza”.

A quanto pare non è l’unica citazione che la giovane scrittrice abbia seguito alla lettera “la penna mi aiuterà ad arrivare al fondo tanto complesso del mio essere -Altra massima di Svevo-, ecco perché mentre io scrivevo, Amanda rifletteva con sé stessa, e la sua ‘Renaissance’ è stata anche la mia svolta”.
Concludendo, nella speranza che questa giovanissima scrittrice possa continuare ad inseguire i suoi sogni e realizzarli, il suo appello ai suoi coetanei è: “Se credete in qualcosa, seguite il vostro sogno, per quanto possa sembrarvi irraggiungibile” e riguardo al suo appena realizzato, incita: “ Se volete svelare i misteri che avvolgono Amanda… allora leggete il mio libro!”

Auxing: Una mostra al mese

Da: Auxing

Una Mostra al Mese (dicembre 2016)

Stefano Bianchini, chitarrista da sempre, è alla sua prima mostra personale di liuteria moderna. Una passione sbocciata 20 anni fa e portata avanti con manualità, talento e risultati eccellenti dovuti alla maniacale cura dei dettagli e alla scelta del legni ‘sonori’.

La novantottesima ‘Mostra al Mese’ di Auxing è aperta fino al 31 dicembre 2016; oltre a questa Temporanea, è visitabile la Mostra Permanente degli artisti che hanno esposto precedentemente.

(orari: feriali 14:00 – 23:00/ sabato 14:00 – 18:00/ festivi su appuntamento)
Ingresso Libero (le mostre sono aperte a tutti e non solo ai soci)

Vocal Jazz Trio in finale al Tour Music Fest

Da: Le Scat Noir

Le Scat Noir, Gruppo vocale di Ferrara, proclamato miglior gruppo vocale del Tour Music Fest 2016. Il 2 dicembre al Piper Club di Roma si esibirà per la finalissima internazionale al cospetto di Mogol con Sony Music, Mtv New Generation, Rusty Records, Relief Records e tanti altri

Le sfide e i momenti di audizione che il gruppo ha dovuto affrontare da maggio a oggi da quella prima tappa a Padova fino alle semifinali al Jailbreak di Roma sono stati tanti e intensi, ma finalmente il 2 dicembre saranno proprio Le Scat Noir da Ferrara a rappresentare l’Emilia Romagna nella più attesa serata dedicata alla musica emergente italiana e internazionale: la finalissima del Tour Music Fest al Piper Club di Roma, il locale più longevo e noto d’Italia.

Le Scat Noir, gruppo vocale proveniente da Ferrara, si esibiranno al cospetto non solo di Mogol, presidente di giuria, ma anche dei massimi esponenti della discografia e radiofonia italiana: Roberto Rossi di Sony Music, Antonio Vandoni di Radio Italia e Video Italia, Mtv New Generation, Rusty Records, Francesco Gazzè, Noemi Smorra, Giampaolo Rosselli Rosselli, Relief Records.
Tutto in una serata al cardiopalma presentata dal VJ Marco Maccarini che sullo storico palco del Piper Club di Roma accompagnerà uno per uno i finalisti, insieme ad ospiti speciali come Chiara Dello Iacovo, Eman, Random Clockwork, Aliendee.
Dalla vittoria al Tour Music Fest dal 2007 ad oggi sono stati lanciati artisti come Chiara dello Iacovo, in gara tra i giovani a Sanremo 2016 che grazie al festival ha incontrato la Rusty Records, Micaela Foti, oggi prodotta da Ultrasuoni e Marianne Mirage nella schiera di artisti di Caterina Caselli nella Sugar, Angelo Del Vecchio protagonista del musical Notre Dame de Paris di Cocciante. Le Scat Noir sono pronte a portare la loro carica di swing e femminilità sul palco dello storico locale.

Appuntamento a Roma, il 2 dicembre al Piper Club, Via Tagliamento 9 dalle ore 20.00.

Agricoltura. Mangiare più informati, dal 13 dicembre obbligatoria l’etichetta con tutte le informazioni nutrizionali

Da: Regione Emilia-Romagna

Agricoltura. Mangiare più informati, dal 13 dicembre obbligatoria l’etichetta con tutte le informazioni nutrizionali. Via libera anche all’indicazione d’origine per latte e formaggi. Caselli: “Un’opportunità per i consumatori, ma anche per valorizzare le nostre produzioni regionali”

Sull’etichetta tutte le informazioni per scegliere in modo consapevole i prodotti. Dal 2017 il restyling del sito regionale ‘Alimenti e salute’ dedicato a sicurezza alimentare e nutrizione. L’assessore: ‘Qualità e educazione alimentare i nostri obiettivi’

Bologna – Mangiare più informati grazie all’etichettatura dei prodotti alimentari. Dal prossimo 13 dicembre diventa obbligatoria per tutti gli alimenti l’etichetta con le informazioni e le indicazioni nutrizionali: un aiuto in più per i consumatori per scegliere con consapevolezza cosa mettere nel carrello della spesa a difesa della salute e del mangiare sano.

Si completa così l’applicazione del Regolamento Ue n.1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti, tema molto caro ai cittadini. Infatti, l’etichettatura alimentare rimane lo strumento più efficace, come dimostra un’indagine Censis secondo cui il 56,4% dei consumatori la legge con molta attenzione, mentre il 71,4% è sensibile al tema.

Ma non solo: secondo un’indagine del ministero delle Politiche agricole il 96,5 % degli italiani vorrebbe anche conoscere l’origine dei prodotti. Per questo, accanto alle informazioni nutrizionali – sempre nell’interesse dei consumatori, della sicurezza degli alimenti e delle produzioni “made in Italy” – è importante l’introduzione dell’indicazione obbligatoria dell’origine della materia prima.

Il via libera dall’Europa è già arrivato per il latte e i suoi derivati – burro yogurt formaggi e latticini – che dal 1^ gennaio 2017 riporteranno dunque in etichetta la provenienza delle materie prime impiegate, mentre si aspetta il risultato della richiesta già inoltrata per grano e semola.

Temi, questi, che sono stati al centro del seminario ‘Alimenti e salute, è anche una questione di etichetta’ organizzato dagli assessorati regionali alle Politiche per la salute e all’Agricoltura tenutosi a Bologna nella sede della Regione.

“Il cibo è vita e garantire la qualità dei prodotti è un elemento di civiltà. Come Regione abbiamo puntato sulla qualità e l’etichettatura che è fondamentale- ha detto l’assessore all’Agricoltura, Simona Caselli, chiudendo i lavori della mattinata-. Siamo la prima regione in Italia per numero di prodotti Dop e Igp e abbiamo tutto l’interesse a valorizzare l’origine dei prodotti stessi. E’ necessario però avere anche un consumatore attento- ha aggiunto – e lavorare sull’informazione, soprattutto alle nuove generazioni, è determinante per educare alla qualità e a scelte consapevoli. Su questo siamo impegnati, insieme all’assessorato alla Sanità, su molti progetti rivolti alle scuole. In questi mesi inoltre stiamo lavorando al nuovo Programma di orientamento ai consumi 2017-2019 e fino alla fine di gennaio è attiva una piazza virtuale ‘Il cibo di domani’ aperta ai contributi di tutti.”

Tra le iniziative messe in campo dalla Regione per una corretta informazione e per un migliore servizio è in corso il restyling del sito regionale ‘Alimenti e salute’, ultimato all’inizio del 2017. Il sito, online dal 2011, si occupa di sicurezza alimentare e nutrizione e ha al suo attivo 38mila utenti l’anno, 7mila visite al mese, 8mila iscritti alla newsletter di cui circa il 70% sono operatori privati.

Oltre ad una complessiva riorganizzazione dei contenuti, la principale novità sarà una nuova sezione dedicata proprio all’etichettatura. In una prima fase sarà disponibile un’area riservata per gli operatori dei diversi settori coinvolti con opuscoli, normativa sui prodotti, modelli di etichette, linee guida, un glossario e la possibilità di fare commenti, mentre nel corso dell’anno sarà aperto a tutti, cittadini, consumatori, imprese con notizie, documenti e focus sui maggiori temi di interesse. / Eli.Col.

Grandi nomi per la quinta edizione di ‘Comacchio a teatro’

Da: Comune di Comacchio

Con uno spettacolo fuori programma, ‘Di carne’, scritto ed interpretato da Alessandro Gallo, la compagnia Caracò Teatro, aprirà la quinta edizione di ‘Comacchio a teatro’, la stagione teatrale invernale, diretta da Massimiliano Venturi, che dal 2013 ha riscosso via via un successo crescente. Il 6 dicembre, alle ore 21, con ingresso speciale al costo di 5 euro, lo spettacolo di Gallo, giovane attore e commediografo che ha riscattato la propria vita, grazie al teatro di Shakespeare, aprirà uno squarcio sulla tragica realtà di adolescenti, che pur di entrar a far parte di un clan camorristico, innescano una spirale delittuosa tra furti, rapine e droga. Un incontro, quello con il giornalista Giancarlo Siani, ucciso in un agguato camorristico nel 1985 cambierà la loro vita.

La rassegna ‘Comacchio a teatro’, presentata Martedì 29 a Palazzo Bellini, è articolata in sette appuntamenti serali e quattro pomeridiani, ‘Junior! I pomeriggi alle ore 16’, rivolti a ragazzi e famiglie, dislocati in altrettante domeniche, nelle quattro frazioni (San Giuseppe, Volania, Vaccolino e Porto Garibaldi). “La formula della rassegna si è evoluta – ha sottolineato il direttore artistico Massimiliano Venturi – e si è modulata in base alle esigenze del pubblico. La domenica sarà il teatro a spostarsi sul territorio, perché gli spettacoli non si svolgeranno più a Palazzo Bellini, ma saranno portati in scena, ad ingresso gratuito, nelle quattro frazioni. Abbiamo puntato, come sempre, sulla qualità e sulla grande tradizione con compagnie storiche.

Si parte domenica 15 gennaio al teatrino parrocchiale di San Giuseppe, con Il Drago a Sette Teste, un’avventurosa fiaba presentata con gli originalissimi burattini della storica compagnia fiorentina I Pupi di Stac. Domenica 29 gennaio a Volania, presso le ex scuole elementari, spazio alle creazioni originali e contemporanee del teatro di figura, con Superchef! della compagnia bolognese Officine Duende. Domenica 12 febbraio la tensostruttura parrocchiale di Vaccolino ospiterà in anteprima per la regione Emilia Romagna la nuova produzione della compagnia marchigiana Lagrù Ragazzi, Storie nell’Armadio. A chiusura, il programma si intreccia con il carnevale: eccezionalmente di sabato, il 25 febbraio nella Palestra delle Scuole Medie a Porto Garibaldi, spazio alle fiabe ed alla letteratura per l’infanzia con lo spettacolo Se Pinocchio fosse Cappuccetto Rosso…, vero e proprio cavallo di battaglia della compagnia aretina NATA Teatro.

La rassegna invernale parte ufficialmente il 20 gennaio 2017 con il ritorno di alcuni tra i protagonisti di maggior successo del panorama nazionale che, in cartellone affiancheranno il lavoro di altri artisti e compagnie, selezionati tra la miglior produzione teatrale italiana, annoverando anche un’anteprima nazionale. Vito e Claudia Peoni, dopo il recente felice debutto, sbarcheranno a Comacchio con il loro spettacolo ‘Adamo e Deva’, un concentrato di comicità ed attualità, capace di far riflettere e sorridere, ispirato ad una drammaturgia originale, firmata da Freyrie e Andrea Zalone. Il 3 febbraio sarà la volta di Andrea Cosentino con lo spettacolo ‘Angelica’, che ha riscosso consensi entusiasti di pubblico e critica. Un felice ritorno, il 10 febbraio, sarà quello della Bottega Rosenguild con ‘Pecore Nere’, spettacolo scritto da Stefano Benni, dopo il grandissimo successo del lavoro precedente ‘Le Beatrici’, presentato a Palazzo Bellini nella scorsa stagione. “L’intento del nostro cartellone è quello di accrescere la proposta artistica, con requisiti di unicità e peculiarità, mantenendo al contempo invariati i prezzi – ha specificato Massimiliano Venturi -.” Giro di boa il 17 febbraio con una straordinaria anteprima nazionale, ‘Quelli che la vita l’è bela’, spettacolo presentato da Giorgio Comaschi ed Alessandro Pilloni, ispirato alla Milano di Cochi e Renato, Beppe Viola e Jannacci e a tutto l’immaginario teatrale di un’epoca che ha lasciato il segno. Il 3 marzo Proscenio teatro con ‘Volevo solo fare Amleto’, sul filo sottile della comicità, proietterà il pubblico in una dimensione sospesa tra sogno e realtà, rivelando la straordinaria attualità del teatro shakepsperiano.

Dopo la Botteda Rosenguild, un altro felice ritorno a Comacchio sarà, il 10 marzo prossimo, quello del grande Ivano Marescotti. L’attore romagnolo porterà in scena ‘Bestiale…quel giro d’Italia’. Accompagnato al pianoforte da Daniele Furlati, Marescotti farà rivivere le emozioni e le fatiche di un giro storico, quello del 1914, specchio di un’Italia contadina, che nei ciclisti di allora trovò i propri eroi-protagonisti.

Gran finale di ‘Comacchio a teatro’ il 24 marzo con ‘Briciole di teatro’, che porterà in scena ‘Quei favolosi anni ‘70’, lavoro teatrale nato da un’idea di Gianromano Cinti, presidente e fondatore della compagnia teatrale comacchiese.

Il Dirigente alla Cultura, Turismo e Sport, Roberto Cantagalli, mettendo in luce la centralità del teatro per la cultura, ha dichiarato che “questo è un momento di grande progettualità teatrale, da Teatri sull’acqua, alla straordinaria collaborazione con Ambrogio Sparagna, che ha fatto rifiorire il teatro della tradizione popolare, sino all’esperienza teatrale per ragazzi, con spettacoli itineranti sul territorio. Il teatro abbraccia tutti e non esclude nessuno – ha aggiunto Cantagalli -. Grazie a Massimiliano Venturi a Volania la comunità locale è cresciuta, dando forma ad un progetto teatrale per burattini e con esso è cresciuta la cultura della comunità.”

L’Assessore alla Cultura Alice Carli, rallegrandosi anche per il coinvolgimento delle scuole, che da due anni a questa parte collaborano con l’Amministrazione Comunale nel progetto ‘Liberi dalle mafie’, ha salutato lo spettacolo di avvio della rassegna ‘Comacchio a teatro’, quello in programma il 6 dicembre prossimo come una “testimonianza del percorso di promozione della legalità e del rispetto, per far sì che la nostra diventi una comunità educante. La collaborazione con Venturi riconferma anche quest’anno l’ingrediente principale – ha proseguito l’Assessore Carli, ovvero il teatro per tutti con proposte alte e preziose. La chiusura della rassegna sarà inoltre un omaggio alle nostre tradizioni, grazie allo spettacolo di Briciole di Teatro, in memoria di un suo grande protagonista, Gianromano Cinti.” Il programma completo della rassegna teatrale è scaricabile su www.comacchioateatro.it . Per informazioni si suggerisce di contattare il numero 349-0807587.

La prevendita dei biglietti per lo spettacolo di Alessandro Gallo del 6 dicembre prossimo è già avviata, mentre biglietti ed abbonamenti per tutta la rassegna si confermano tra i più bassi della regione. Il biglietto è infatti confermato a 10 €, così come è confermato il carnet 3 ingressi a scelta a 25 €, dedicato ai soci Coop Alleanza 3.0. Invariati anche i costi degli abbonamenti, che permettono un ulteriore risparmio con costi per il singolo spettacolo a partire dai 7 €: l’abbonamento completo è proposto a 55 €, il ridotto (over 65 e Coop alleanza 3.0) a 50 €. Confermata anche la promozione natalizia, che fino al 07/01/2017 offe la possibilità di sottoscrivere 2 abbonamenti completi alla stagione serale (per un totale di 14 ingressi) al costo totale di 99 €. Per i ragazzi fino ai 18 anni il biglietto è di 6 €, mentre l’abbonamento completo è proposto a 30 € in tutto (è possibile acquistarlo utilizzando il bonus cultura del Governo 18app). La campagna abbonamenti apre oggi, per proseguire ogni martedì (ore 15-18) e sabato (ore 10-12:30) in Biblioteca, a Palazzo Bellini sino ad inizio stagione. Gli abbonati alla stagione precedente hanno ricevuto in anteprima il programma, ed hanno tempo fino al 10 dicembre per esercitare la prelazione, confermando l’abbonamento e mantenendo il posto assegnato.

Sanità. Dalla Regione 875mila euro per le Università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Parma

Da: Regione Emilia-Romagna

Sanità. 35 contratti di formazione in più rispetto a quelli statali per le Scuole di specializzazione medica: dalla Regione 875mila euro per le Università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Parma

L’assessore Venturi: “Ampliamo l’offerta formativa per rispondere ai fabbisogni professionali del nostro sistema sanitario regionale”

35 contratti di formazione specialistica in più, rispetto a quelli statali, finanziati con 875mila euro di risorse proprie. E’ la cifra stanziata dalla Regione Emilia-Romagna a favore di medici specializzandi per l’anno accademico 2015/2016.

“Alle risorse nazionali, ripartite tra i diversi Atenei, ogni Regione aggiunge fondi propri in modo da aumentare il numero dei contratti, così da ampliare l’offerta formativa di specializzazione medica dove ce n’è più bisogno- spiega Sergio Venturi, assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna-. In sostanza, aggiungiamo posti nelle Scuole di specialità”.

Dei 35 contratti di formazione specialistica aggiuntivi, 4 sono in Anestesia, rianimazione e terapia intensiva e del dolore (che si aggiungono ai 61 statali), 1 in Cardiochirurgia (in più rispetto ai 4 statali), 1 in Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica (3 quelli statali), 3 in Dermatologia e venereologia (che si sommano ai 10 statali), 1 in Ematologia (aggiuntivo ai 10 statali), 1 in Geriatria (14 i contratti statali), 1 in Igiene e medicina preventiva (che si aggiunge ai 19 statali), 1 in Malattie dell’apparato cardiovascolare (32 i contratti statali), 2 in Malattie infettive e tropicali (9 quelli statali), 6 in Medicina dell’Emergenza-Urgenza (14 quelli statali), 1 in Medicina fisica e riabilitativa (aggiuntivo rispetto agli 11 statali), 1 in Medicina interna (30 i contratti statali), 1 in Medicina nucleare (aggiuntivo rispetto ai 4 statali), 1 in Neurologia (13 i contratti statali), 3 in Oncologia medica (in più rispetto ai 17 statali), 2 in Ortopedia e traumatologia (30 i contratti statali), 3 in Otorinolaringoiatria (che si sommano agli 8 statali), 1 in Pediatria (si aggiunge ai 45 statali), 1 in Psichiatria (22 quelli statali).

Per quanto riguarda la ripartizione dei 35 contratti, 13 sono a favore dell’Università di Bologna, per 325mila euro; 8 per l’Università di Ferrara, per 200mila euro; altri 8 per l’Università di Modena-Reggio Emilia, sempre per 200mila euro; infine, 6 contratti di formazione specialistica sono a favore dell’Università di Parma (150mila euro). /CV

‘Tomorrow’ con il Camilla Battaglia

Da: Jazz Club Ferrara

Venerdì 02 dicembre, protagonista di un nuovo appuntamento firmato ‘Somethin’Else’ è una delle giovani voci più interessanti del panorama nazionale, Camilla Battaglia. La creativa cantante e compositrice presenterà ‘Tomorrow – 2 More Rows of Tomorrow’, suo nuovo lavoro discografico per il quale si è avvalsa di Andrea Lombardini al basso elettrico, Bernardo Guerra alla batteria e, in front line, del sassofonista statunitense Dave Binney, icona del jazz d’oltreoceano.

Venerdì 02 dicembre (ore 21.30), protagonista di un nuovo appuntamento firmato ‘Somethin’Else’ è una delle giovani voci più interessanti del panorama nazionale, Camilla Battaglia.
La creativa cantante e compositrice presenterà ‘Tomorrow – 2 More Rows of Tomorrow’ (Dodicilune, 2016), suo nuovo lavoro discografico per il quale si è avvalsa di Andrea Lombardini al basso elettrico, Bernardo Guerra alla batteria e, in front line, del sassofonista statunitense Dave Binney, icona del jazz d’oltreoceano.
Il progetto è caratterizzato da una scelta sonora che risponde contemporaneamente alla volontà di suonare ‘l’attuale’ – lasciandosi influenzare dalle diverse contaminazioni che hanno investito il linguaggio jazz – e di non snaturare la matrice geografica di appartenenza che riporta direttamente ai suoni della corrente europea.
Alcune delle composizioni sono nate come brani strumentali sui quali sono in seguito stati ‘disegnati’ i testi per raccontare il percorso tracciato dalla musica. Altri brani, invece, sono nati come ‘songs’ ovvero con l’intenzione primaria di raccontare una storia che solo dopo viene musicata. «La dimensione testuale è scaturita da un lavoro di ricerca e di sperimentazione delle diverse possibili forme con cui apporre testi alla musica» Precisa la cantante
«Ho cominciato dalla forma poesia-immagine, influenzata da Norma Winstone, per passare attraverso l’autobiografico macroscopico tipico dei songwriter, ma anche attraverso il messaggio parlato (come lo spoken talking dell’hip hop) coniugato all’ispirazione poetica di diversi autori come Galway Kinnell. L’esperienza dell’interplay che si crea attraverso la scelta di assi dialogiche tra gli strumenti è stata un’altra primaria ispirazione».

Camilla Battaglia, classe 1990, comincia a studiare pianoforte all’età di 7 anni e continua un percorso formativo nella sezione di diversi cori come soprano leggero, con repertori di musica classica, da camera e swing. Nel 2010 registra il suo primo disco, ‘Joyspring’, con il trio di Renato Sellani per l’etichetta Philology e lo stesso anno si classifica seconda al Premio Internazionale Massimo Urbani per Giovani Talenti del Jazz, partecipando al Viterbo Jazz Festival con un quartetto a suo nome. Nel 2011 si classifica seconda al Premio Internazionale Chicco Bettinardi al Milestone di Piacenza e vince il premio come Miglior Interpretazione di un brano di Gianni Basso al Festival Jazz di Asti esibendosi con Dado Moroni, Riccardo Fioravanti e Alvin Queen. Nel 2012 vince il premio come Miglior Cantante al Festival Tuscia in Jazz e al Bucharest International Jazz Competition. Partecipa tra gli altri ad Umbria Jazz, Ah-Um jazz Festival di Milano, Iseo Jazz, Asti Jazz, Bologna Jazz, Vicenza Jazz, Siracusa Jazz, London Jazz, Clusone Jazz e Taormina Jazz sia in qualità di leader che di sideman.

Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas. Per informazioni 339 7886261 (dopo le 15.30). È consigliata la prenotazione della cena al 333 5077059 (dalle 15.30).

INFORMAZIONI
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com
Infoline 339 7886261 (dalle 15:30)
Prenotazione cena 333 5077059 (dalle 15:30)
Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.

DOVE
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Con dispositivi GPS è preferibile impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.

COSTI E ORARI
Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas
Tessera € 15
NB Non si accettano pagamenti POS
Apertura biglietteria: 19.30
Cena a partire dalle ore 20.00
Concerto ore 21.30

DIREZIONE ARTISTICA
Francesco Bettini

Maratona Orlando: un compleanno epico per festeggiare il Furioso

Da: Ferrara Off

Per i 500 anni del poema, da venerdì 2 dicembre in Pinacoteca la lettura integrale e continuativa

Come si festeggia il compleanno di un poema epico? Con un evento altrettanto epico: i 500 anni della prima edizione dell’Orlando Furioso verranno celebrati venerdì 2 e sabato 3 dicembre a Ferrara, la città dove l’opera più celebre di Ludovico Ariosto è stata ideata e scritta, con una maratona di lettura integrale e continuativa. L’iniziativa durerà quasi quaranta ore, senza interruzioni, e conterà sul contributo volontario di un migliaio di lettori. Si terrà a partire dalle 9.30 di venerdì mattina al piano nobile di Palazzo Diamanti, nel salone d’onore della Pinacoteca Nazionale, in corso Ercole I d’Este 21. La conclusione è prevista per sabato a mezzanotte.
Maratona Orlando coinvolgerà studenti e cittadini ferraresi ma non solo: si sono prenotati per partecipare da protagonisti alla sorprendente celebrazione, e declamare in pubblico alcune ottave, anche tanti lettori e numerose classi provenienti da ogni parte d’Italia. Sarà un esperimento collettivo, un’esperienza comunitaria assolutamente straordinaria, perché riporterà in vita, grazie a una moltitudine di voci, i 46 canti dell’opera che maggiormente ha segnato nei secoli l’identità e l’immaginario ferrarese. Una sfida importante, il cui obiettivo principale è quello far scoprire e riscoprire il piacere della lettura, condividere la forza e la potenza creativa di un capolavoro della letteratura italiana.
Non sarà necessaria alcuna iscrizione per assistere alla maratona, evento eccezionale voluto dalla Fondazione Ferrara Arte e organizzato dal teatro Ferrara Off, realizzato grazie alla collaborazione del Teatro Comunale Claudio Abbado e della Biblioteca Ariostea, con il sostegno di Eni e della cooperativa Le Pagine e di Pass srl. L’ingresso al Salone d’Onore sarà gratuito, il biglietto per chi volesse visitare anche la Pinacoteca Nazionale resterà invariato rispetto alle tariffe tradizionali.
La mostra ‘Orlando furioso – 500 anni’, allestita al piano terra, rimarrà aperta ininterrottamente per tutta la durata dell’iniziativa e l’ingresso all’esposizione sarà gratuito per tutti la notte tra venerdì 2 e sabato 3 dicembre, dalle 22 alle 9 di mattina, e la sera di sabato 3 dicembre dalle 22 a mezzanotte.
Sarà inoltre possibile seguire in diretta la Maratona Orlando sui social network di Palazzo dei Diamanti.

Per informazioni scrivere a ferraraoff@gmail.com o telefonare al numero 336282360, oppure a diamanti@comune.fe.it o 0532 244949.

LA STORIA
L’Albero di questo Natale: 40 anni di cure per 40 quintali

Un albero di Natale che si slancia quasi fino alla cima del Duomo, ogni addobbo grande come uno zainetto, una stella appuntita di led appoggiata in cima issando un operaio sulla cabina del braccio mobile di un’autogru. E’ un abete tradizionale quello che quest’anno troneggia nel cuore della città di Ferrara, un albero vero e molto grande. Per reggere il peso di circa 40 quintali di legno e foglie è stata costruita una struttura in cemento armato sul pavimento del sagrato. Ora l’albero è lì, quasi 14 metri d’altezza sullo spiazzo lastricato che sta in mezzo tra la cattedrale e l’accesso al cortile dell’antico palazzo ducale, che è l’attuale piazza del Municipio.

Ma da dove viene quest’albero, cosa faceva prima di arrivare davanti ai nostri occhi, dove pubblicamente – ogni giorno – possiamo vederne l’attesa, poi l’innalzamento e infine la decorazione? Perché è finito qui e da quale foresta arriva l’albero immenso che bisogna far agghindare da un operatore con caschetto e scarponi antinfortunistica?

L'albero di Natale con gli addobbi a Ferrara, novembre 2016 (foto Giorgia Mazzotti)
L’albero di Natale con gli addobbi a Ferrara, novembre 2016 (foto Giorgia Mazzotti)

L’abete che c’è nella piazza del Duomo di Ferrara viene dal Piemonte, è cresciuto nella vallata dove scorre il Po, tra Alessandria e Vercelli. Lì, a Casale Monferrato, c’è un grande e storico vivaio, che di abeti ne pianta, ne coltiva e ne vende parecchi. Il titolare è un signore che sta per compiere 69 anni, Paolo Gilardino. Che racconta: “Quell’albero l’ho piantato io circa quarant’anni fa. Era una piccola pianta come altre, alta non più di un metro. Poi è rimasta lì, anno dopo anno è cresciuta. In genere noi, gli alberi, li usiamo per trapiantarli nei giardini o negli spazi verdi dei nostri clienti. Quando superano una certa altezza, però, non è più possibile trapiantarli perché sono difficili da trasportare e, soprattutto, le radici non si riescono più a estrarre, si spezzano e quindi l’albero può essere usato solo per decorazione o legna”.

L'albero di Natale al suo arrivo a Ferrara il 24 novembre 2016 (foto Giorgia Mazzotti)
L’albero di Natale al suo arrivo a Ferrara il 24 novembre 2016 (foto Giorgia Mazzotti)

Di alberi, il giardiniere Gilardino, ne pianta, a richiesta, anche quando sono grandi. “In certi giardini trapiantiamo alberi di 6 o 7 metri, si può arrivare fino a 10 metri di altezza. Di più no”. E l’abete di Ferrara era oltre. “E’ una specie particolarmente bella – continua il vivaista – un abete originario del Caucaso (la specie botanica è Abies nordmanniana Spach). Ha una forma perfettamente conica, aghi di un verde brillante e una larghezza alla base di quattro-cinque metri. E’ un tipo di pianta che si presta proprio all’uso ornamentale, isolato o a gruppi nei grandi parchi, o, appunto, come albero di Natale. Una volta terminate le feste si potrebbe utilizzare il legno per fare delle assi, perché è di ottima qualità”. Gli è dispiaciuto tagliarlo? Il giardiniere ride: “E’ il nostro mestiere. L’azienda vivaistica è stata fondata dal nonno di mio nonno materno, Giacomo Varallo, un giardiniere-castellano del Regno Sabaudo. Ho un documento datato 1848, compilato con una bella calligrafia e avvolto da una corda che testimonia l’attività di cura del verde che faceva il mio bis-bisnonno Varallo nei giardini per i nobili che chiedevano piante per i parchi dei loro castelli”. E questo, Gilardino, continua ora a fare insieme con il figlio che lo affianca in azienda: seminare o mettere piccole piante a dimora per raccogliere poi grandi aceri, alberi da frutto o immense conifere come quella ferrarese.

L'albero di Natale viene issato in piazza del Duomo (foto Giorgia Mazzotti)
L’albero di Natale viene issato in piazza del Duomo (foto Giorgia Mazzotti)

Per decorare l’albero sono stati commissionati mille addobbi in vetro di Murano: sfere e animali di vari colori realizzati dall’artista vetraio Mario Barbarigo Michel, penultimo discendente – si legge nella scheda di presentazione – della famiglia Zorzi, vetrai a Murano fin dal 1452. Lo scopo è quello di dare all’iniziativa anche una finalità benefica e sociale. Le singole palline in vetro di Murano sono in vendita a 10 euro l’una e il ricavato verrà dato a sostegno del “ Mantello”, l’Emporio Solidale aperto dal 15 novembre a Ferrara per le persone che la crisi ha messo in difficoltà.

Su un albero così immenso, però, le palline rischiavano di essere poco visibili, quindi l’artista veneziano ne ha raccolte molte insieme racchiudendole in composizioni di stoffa fatte da stelle di natale artificiali di colore rosso o bianco su sfondo giallo-oro. Un filo luminoso è stato inserito ramo per ramo e in una parte di addobbi.

Un'autogru in movimento per aggiustare le fronde dell'albero di Natale (foto Giorgia Mazzotti)
Autogru in azione per aggiustare le fronde dell’albero di questo Natale (foto Giorgia Mazzotti)

A decidere di portare un albero di questo tipo, in aghi veri e linfa e corteccia, è stata l’Ati, Associazione temporanea d’impresa. Nel 2015 il Comune di Ferrara ha fatto un bando per la concessione del servizio di realizzazione degli eventi di Natale e Capodanno in centro a Ferrara. E Ati ha ottenuto il punteggio più alto aggiudicandosi la gara per mettere in piedi allestimenti e iniziative dell’edizione natalizia passata, per quella in corso e per le prossime festività. Ati ora è composta dalle società Delphi International Srl, Made Eventi e Sapori d’Amare.

Il via alla decorazione dell'albero di Natale 2016 (foto Giorgia Mazzotti)
Il via alla decorazione dell’albero di Natale 2016 (foto Giorgia Mazzotti)

L’anno scorso l’idea era stata quella di esibire un albero anticonvenzionale: tubi di vetro soffiato e colorato di Murano che componevano la forma triangolare di un albero forgiato dallo studio di maestri vetrai di Murano.

Un anno dopo si cambia. “La tradizione qui prevale sull’innovazione”, racconta Riccardo Cavicchi della società Delphi International che insieme con il maestro vetraio veneziano Mario Barbarigo Michel ha messo a punto il progetto decorativo. La piazza del Duomo è trasformata in un cantiere; la facciata della cattedrale avvolta da un telo e una staccionata dell’area di lavoro copre buona parte del sagrato. “Per questo – dice Cavicchi – serviva un bell’albero vero, classico”.

L’accensione verrà fatta con una cerimonia ufficiale sabato 3 dicembre alle 17.30 in piazza del Duomo. E fino a domenica 8 gennaio 2017 il maestoso abete – sbarcato nella mattina di giovedì 24 novembre dal Monferrato con un autoarticolato per carichi eccezionali. – rimarrà sul sagrato davanti alla cattedrale coperta.

Strategie per parlare al pubblico, anche online

Parlare, spiegare, presentare, comunicare. E-learning, webinar, public speaking, webmeeting. Dal megafono, al microfono, alle videoconferenze. Dalle teorie della psicologia e della comunicazione, alla sociologia online. In sintesi, parlare in pubblico.

Luca Vanin
Luca Vanin

Il libro “Public Speaking Online” (Flaccovio editore) di cui è autore Luca Vanin, webinar strategy e digital coach, è un viaggio organizzato verso la vera competenza del comunicare online. Un percorso di informazioni e consigli che portano a comprendere il grande fascino del comunicare a molti (‘one to many’). Comunicare online è una azione complessa che viene qui analizzata e presentata in modo semplice e con grande capacità didattica.
Promozione di eventi online, tecniche di comunicazione e consigli strategici per apparire al meglio, suggeriti per migliorare le proprie performance (e soprattutto per limitare gli scivoloni). Un libro utile. Si può leggere in modo veloce, ma poi si desidera rileggerlo perché ricco di esperienza e di pratica, non solo di teorie. Molto interessanti anche i numerosi contributi di esperti che aumentano il valore del testo. Se hai paura di parlare o se sei tanto presuntuoso da parlarti addosso, leggi questo libro. Ti servirà. Ed è anche divertente e piacevole.

public-speakingCome nota a margine di un buon volume che correttamente espone modalità ed espedienti propri della comunicazione strategica – i cui intenti sono persuasivi e talora impongono toni apodittici – posso solo aggiungere un’avvertenza difensiva ai naviganti (rivolta a chi non parla ma ascolta!), ribadendo che non esiste una verità in sé, e sono perciò necessarie continue verifiche su tutto (dubitando in particolare proprio di ciò che viene affermato con assoluta certezza ): si deve quindi sempre  mantenere una soglia di vigilanza attiva per evitare il rischio di decadere dalla condizione di “homo sapiens” allo stato larvale dell'”homo videns”, una condizione che ci rende docili vittime dei tranelli dei trafficanti di verità di cui pullula l’universo (virtuale o reale che sia) e inconsapevoli consumatori di certezze finemente preconfezionate al mercato dei dogmi.

 

Luca Vanin, Public speaking online, Parla al tuo pubblico nel web, Flaccovio editore

Fuggito dai Testimoni di Geova, ora racconto tutto:
“Le peccatrici colte in flagrante costrette a confessare ogni dettaglio”

Disassociarsi da una setta significa rimanere soli, tagliare i ponti con la famiglia e gli amici. Significa non avere più un passato, rinnegandolo a te stesso o nascondendolo a chi ti è vicino nella tua nuova vita. Significa dover ricordare un bambino che giocava solo nelle scale dei condomini nei quali la mamma era andata a predicare e a cui viene fatto credere che l’isolamento lo preservi dalla contaminazione “delle cattive compagnie” (cioè tutti coloro che sono fuori dalla setta).

Questa è la storia di Emidio Picariello, informatico di professione, e autore del libro “Geova non vuole che mi sposi”, nel quale ha raccontato la sua esperienza di vita all’interno della setta dei Testimoni Di Geova e di come, in seguito ad un lungo percorso di ricerca di sé stesso, se ne sia disassociato.

Cosa significa essere “disassociato”? Cosa comporta a livello sociale e umano?
Dipende molto da quanto presto sei uscito. Sei solo, nessuna delle persone con cui sei cresciuto ti rivolge la parola. Io nel frattempo mi ero coltivato qualche amicizia al di fuori dei testimoni di Geova, avevo praticato un po’ di mondo, quando ero solo “poco spirituale” e non ancora dissociato (tecnicamente non sono stato disassociato, ma me ne sono andato io, ma è un tecnicismo, mi avrebbero buttato fuori comunque). Quindi riparti da zero. Però è anche una occasione. Ti fai gli amici che vuoi, crei i legami che hanno valore. Credo che si dia più importanza alle relazioni, dopo averle perdute tutte. Le famiglie invece reagiscono secondo la loro sensibilità. L’indicazione dei testimoni è quella di isolare il più possibile il disassociato per aiutarlo a capire che è un peccatore e quindi aiutarlo a pentirsi. Poi ognuno interpreta secondo la propria sensibilità. Comunque i rapporti si riducono, nel mio caso i miei genitori non mangiano con me, per esempio. Alcuni non parlano del tutto più con i loro figli, altri sono più aperti. Poi ci sono alcuni disassociati che sono usciti da testimoni di Geova in modo più traumatico di altri, o che comunque trovano giusto o necessario dedicare la propria vita all’antiproselitismo. Io credo che non facciano del bene né a sé, né a coloro che li osservano. L’unica strada possibile è quella di rifarsi una vita. Il che può sembrare un controsenso, detto da me che ne sto scrivendo, ma io credo di essermi ritrovato a parlare di questo un po’ per caso.

Aiutaci a capire: come può essere tratteggiata, al di fuori dei soliti cliché, la figura del Testimone di Geova ligio alla dottrina?
Quello che a volte sfugge è la pervasività dell’essere testimone di Geova. Non vuol dire semplicemente andare in giro a predicare ogni tanto, ma vuol dire avere uno stile di vita preciso con un sacco di regole sull’abbigliamento, sull’alimentazione, sulla salute (in questi due casi è una sola regola: niente sangue). Insomma essere testimoni di Geova non vuol dire essere cattolici, è più raro che ci siano sfumature. I testimoni di Geova non praticanti di fatto non sono testimoni di Geova.

Si tratta di una setta chiusa? Come sono regolati i rapporti con chi ha una fede diversa?
Credo che sulla chiusura non ci sia timore di smentita. Le pubblicazioni dei testimoni di Geova parlano chiaramente di come le cattive compagnie corrompano le utili abitudini. Mio padre mi diceva sempre che le cattive compagnie sono quelle che non hanno le tue stesse utili abitudini, come predicare o andare in sala del Regno. Dopodiché io avevo una amichetta che abitava nel mio palazzo e l’ho frequentata fino alla preadolescenza, ma è stata l’unica eccezione: niente pomeriggi di gioco dai compagni di scuola, niente feste con gli amici non testimoni, niente di tutto questo. Restavamo spesso fra noi, il sabato e la domenica, con altri testimoni di Geova. Poi le attività di predicazione e adunanze assorbivano molto del nostro tempo. Per il resto la dottrina è chiara: viviamo nel mondo ma non facciamo parte del mondo, dicono.

Ho letto che non sono ammessi i rapporti pre matrimoniali, men che meno l’omosessualità: come reagisce la comunità quando si viene a scoprire che una persona che fa parte della comunità “ha peccato”?
Se a scoprirlo è un membro della comunità, va dal peccatore e gli chiede di confessarsi agli “anziani” della congregazione. Se il peccatore non lo fa allora sarà chi l’ha scoperto a fare da delatore. A quel punto c’è un “comitato giudiziario” durante il quale vengono chiesti i particolari del peccato. La cosa può essere molto imbarazzante, se si pensa che gli anziani sono tutti uomini e casomai il peccatore è una ragazza giovane costretta a raccontare nel dettaglio le proprie prime esperienze. Se c’è pentimento, ci saranno soltanto delle sanzioni (il fatto di non poter rispondere pubblicamente alle domande che vengono fatte alle adunanze, il fatto di essere “segnato” e quindi di non potere essere frequentato a scopo di svago, ma solo a scopo spirituale, per esempio). Se non c’è pentimento si viene disassociati. La disassociazione comporta che nessuno ti può più rivolgere la parola. Se decidi di provare a farti riassociare devi andare in sala del regno e sederti nelle sedie in fondo, entrare quando è cominciata, non parlare con nessuno, uscire prima che finisca, fino alla riassociazione che arriva al più presto dopo sei mesi di questo comportamento. L’omosessualità è peccato. L’omosessuale deve praticare la castità, se vuole essere testimone di Geova. Credo che nessun commento si possa aggiungere a questo articolo dal loro sito ufficiale. https://www.jw.org/it/pubblicazioni/riviste/g201012/spiegare-punto-di-vista-bibbia-omosessualit%C3%A0/

Quanto la tua educazione è stata influenzata dall’appartenenza a questa setta? Immagino il non poter partecipare banalmente alla festa di compleanno di un compagno di scuola…
Molto, nel male ma anche nel bene. Ho molto sofferto l’isolamento e la difesa della sospensione dell’incredulità – quella cosa che il lettore prova mentre legge un romanzo, e che invece il testimone di Geova abita quotidianamente. Essere un bambino che crede così fermamente nel fatto che il diluvio sia un avvenimento storico e al contempo che non partecipa a qualunque cosa abbia a che fare con Natale, Compleanni e feste di qualunque tipo, non è facile. Dall’altra parte credo di dovere parte del mio eloquio fluente e della mia faccia tosta agli anni passati a prepararmi per la predicazione e predicando.

Sei nato da dei genitori Testimoni di Geova o si sono convertiti in età adulta?
Mio  padre è diventato testimone di Geova intorno all’adolescenza, periodo durante il quale stava cercando una sua dimensione religiosa, esplorando soprattutto le varie religioni protestanti. In questa sua ricerca si è imbattuto, se non fra i primissimi, sicuramente fra i primi in Italia, nei testimoni di Geova arrivati dagli Stati Uniti e l’hanno in qualche modo conquistato. Lui ha poi convertito tutta la sua famiglia. Mia madre invece fu contattata in predicazione da quella che sarebbe poi diventata sua suocera. Quindi possiamo dire che quando sono nato io tutta la mia famiglia era ben strutturata all’interno dei testimoni di Geova.

Mi racconti aneddoto o ricordo di te bambino…
Il mio principale parco giochi erano le scale dei palazzi dove mia madre predicava. Certo, ogni tanto scendevo anche in giardino con gli altri bambini del palazzo, ma prevalentemente passavo i pomeriggi con mia madre e un’altra testimone di Geova e predicavamo. Loro predicavano, io facevo lo scivolo sulle scale, prendevo a calci i sassi, giocavo con quel che avevo.

Hai mai fatto proselitismo? Qualche aneddoto?
Quando ho finito la seconda media ero già un testimone di Geova battezzato, così decisi che volevo diventare un pioniere regolare. Era una cosa piuttosto atipica per un bambino della mia età, perché consisteva nell’impegnarsi a predicare 3 ore al giorno per tutto l’anno. L’ho fatto per 5 anni, fino alla 4 superiore compresa. Quindi ho molto tentato di fare proseliti, ma non ci sono riuscito. Paradossalmente la cosa più vicina al proselitismo l’ho fatta involontariamente anni dopo, dopo l’uscita del libro, quando una ragazza che voleva uscire dai testimoni di Geova mi ha contattato. Voleva sapere se era possibile essere normali, dopotutto. Mi sono limitato a spiegarle che sì, l’alternativa a essere testimone di Geova può essere semplicemente non esserlo e non è automatico diventare un loro detrattore strampalato e dedicato ad attaccarli. Ce ne sono, però, e ai testimoni di Geova fanno credere che l’unica alternativa a essere testimone è quella.

Come si coniuga il far parte dei Testimoni di Geova e far parte della società attuale?
È soggettivo. Ci sono persone che dedicano tutta la vita ai testimoni di Geova e lì concentrano tutte le loro possibilità di carriera e tutti i loro interessi. Queste non hanno davvero nessun contatto con l’esterno. Poi ci sono persone un po’ più moderate. Le prime fanno carriera nei testimoni, le altre meno. In generale se frequenti non testimoni di Geova tendenzialmente non lo sbandieri ai quattro venti. Se no sei “poco spirituale” e quelli poco spirituali mal si integrano con quelli “più spirituali”. Quelli “più spirituali” aiutano quelli che lo sono meno. Le dinamiche all’interno di un gruppo chiuso come quello della “congregazione” sono da manuale di psicologia sociale.

Come è il rapporto tra Testimoni di Geova e il “potere” /carriera nella nostra società?
Credo che sia già emerso da quello che si è detto fin qui. I testimoni di Geova sono carrieristi come tutti, chi più, chi meno. Solo che trovano sfogo per le loro ambizioni all’interno dell’organizzazione. Personalmente ho conosciuto pochissime persone che avessero un ruolo di rilievo nella società esterna.

Come e quando è giunta la crisi? Immagino sia un processo lungo e laborioso…C’è stato un episodio scatenante?
La crisi è un processo lungo. Non per sempre l’incredulità può essere sospesa. Poi è come una crepa, se metti in discussione qualcosa cominci a mettere in discussione tutto, non puoi scegliere a cosa credere. L’episodio scatenante per quel che mi riguarda – e per molti che sono usciti nella post adolescenza o in quel periodo hanno cominciato il processo – è stato il sesso. Ho trovato una ragazza, sempre testimone, ma che non era particolarmente ligia alle regole. Poi ci sono stati ripensamenti, passi indietro, passi avanti. C’è però un momento in cui ho detto: sì, è difficile, ma io non ci credo. A quel punto il processo è irreversibile. Se hai pensato una volta sola, a voce alta “ma io non ci credo” ormai devi solo trovare la tua strada per uscirne.

Ci sono delle aperture dottrinali rispetto all’attuale evoluzione sociale?
Non credo. Vedo una certa riduzione di impegno, le adunanze sono diventate due giorni a settimana, dai tre che erano, Quando ero bambino le assemblee estive duravano 1 settimana, poi 4 giorni, adesso credo 3. C’erano sessioni serali, adesso durano poche ore al giorno. I pionieri regolari facevano 90 ore al mese, ora credo ne facciano una settantina. Da un punto di vista dottrinale invece non credo sia proprio cambiato niente. Cioè, ci sono variazioni sull’attesa della fine, del resto quando ero bambino dicevano che sarebbe venuta prima che le persone nate nel 1914 fossero diventate vecchie. Ora che sono tutte morte – o quasi – diventa difficile difendere quella posizione, ma hanno trovato qualche escamotage logico-linguistico per allungare la “generazione” del 1914. Però da un punto di vista di regole di comportamento le cose non cambiano mai.

Geova non vuole che ti sposi…anche tua mamma continua ad opporsi?
Ormai mi sono sposato e ho fatto due figli, mi sa che qualunque opposizione non sia più praticabile. Ovviamente quello era solo un titolo di un blog e poi di un libro, una estrema sintesi: più che altro i miei mi avrebbero voluto testimone di Geova, ma io non lo sono e non lo ero quando mi sono sposato, così nessuno dei miei parenti testimoni è venuto al mio matrimonio. Per un periodo mia madre ha sperato di poter convertire mia moglie, credo che adesso abbia capito che anche quella strada è impraticabile. Per loro se non sei testimone di Geova stai male, alla fine il paradosso è che non avere nessun contatto con te, lo considerano un segno di affetto. Dopotutto ho fatto finta per anni di non essere mai stato testimone di Geova, di non averci niente a che fare. Ma poi con il matrimonio, il fatto che i miei non sarebbero venuti ha riaperto vecchie ferite e soprattutto mi ha costretto a un fatto pratico: dovevo spiegare ai miei nuovi parenti che cosa stava succedendo. Solo per questo ho aperto il blog (www.ildisassociato.net), perché a quel punto era necessario raccontare tutta la storia.

E’ uscito da poco nelle sale “ragazza del mondo” che racconta la vicenda di una ragazza che , come te, ha deciso di lasciare la comunità di Geova. Cosa ne pensi?
Come si dice in questi casi ho un piccolo conflitto di interessi: ho fatto una consulenza per loro. Volevano accertarsi che nella sceneggiatura non ci fosse nessun errore marchiano. Quando ho visto il film avevo un po’ paura che non fossero riusciti a restituire il clima, la parte emotiva, lo spirito. Invece devo dire che sono rimasto davvero piacevolmente sorpreso, tutto è estremamente accurato. Sicuramente se volete sapere qualcosa in più su come funzionano davvero i testimoni di Geova, andare a vederlo può essere una buona idea.

Servizio sul Natale a Ferrara pubblicato sul mensile Bell’Italia

E’ in edicola il numero di dicembre del mensile, a distribuzione nazionale, Bell’Italia, rivista leader nell’ambito del turismo e dei viaggi, che contiene il servizio centrale, di 10 pagine, dedicato alla città di Ferrara in occasione del Natale.
Il servizio fotografico è stato realizzato da Andrea Samaritani, commissionato in esclusiva per Bell’Italia, nel mese di dicembre del 2015, documentando le varie iniziative che si sono svolte l’anno scorso nel centro storico della città.
Il testo è a firma di Michela Garbin, che ha raccontato i giorni magici del Natale ferrarese, tra luminarie, palazzi storici e le mostre che fanno di Ferrara una capitale dell’arte.
Andrea Samaritani ha fissato nella sua fotocamera gli scorci più suggestivi della città, quasi tutti nelle ore serali, notturne o al crepuscolo, per far risaltare al meglio la meraviglia delle luci, dei riflessi del Castello nel fossato, la facciata del Duomo, e le animazioni del Palio in versione natalizia. Fino agli immancabili e suggestivi fuochi d’artificio che da anni ‘incendiano’ il Castello Estense.
Nel servizio fotografico si ammirano le silhouettes, stile caro all’autore, già applicato a moltissime altre città italiane. Si possono vedere gli interni di Schifanoia e soprattutto il nuovissimo allestimento della Pinacoteca Nazionale, al piano nobile del Palazzo dei Diamanti.

Titolo del servizio ‘Natale alla Corte degli Este’
Sottotitolo L’atmosfera delle feste regala un fascino speciale al magnifico centro storico.
Patrimonio Unesco: il periodo ideale per scoprire il Castello, la Cattedrale, i Palazzi Schifanoia e dei Diamanti, e partecipare alle celebrazioni per i 500 anni dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
Testo di Michela Garbin
Fotografie di Andrea Samaritani / Meridiana Immagini
Bell’Italia dicembre 2016, Editoriale Giorgio Mondadori divisione di Cairo Editore

Sanità. Giornata mondiale contro l’Aids

Da: Regione Emilia-Romagna

Sanità. Giornata mondiale contro l’Aids: una persona su due si scopre sieropositiva già in fase avanzata o di Aids conclamato. Test day nelle piazze dell’Emilia-Romagna. L’assessore Venturi: “Hiv e Aids non vanno sottovalutati. Le cure oggi sono importanti, ma si continua a morire”

In lieve diminuzione le nuove diagnosi di Hiv tra i residenti: 288 nel 2015. La campagna di informazione: “Proteggersi sempre, discriminare mai”

Bologna – Ad allarmare è il costante aumento delle persone che si scoprono sieropositive già in fase avanzata, o addirittura di Aids conclamato: nel 2015, in Emilia-Romagna, rappresentano il 51% delle nuove diagnosi. L’annuale rapporto regionale realizzato per la Giornata mondiale dell’1 dicembre contro l’Hiv/Aids descrive una realtà che, mentre l’anno scorso sembrava mostrare un’inversione di tendenza, è tornata invece a crescere.
“L’Hiv e l’Aids non vanno sottovalutati- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. Le cure oggi sono importanti, ma si continua a morire. E quando non si muore si deve convivere con una malattia cronica per tutta la vita. Il mio invito è di essere consapevoli: è importante che i rapporti sessuali siano protetti, ed è importante fare il test Hiv perché il ritardo della diagnosi aumenta la probabilità di diffusione dell’infezione e ritarda l’avvio delle terapie antiretrovirali, meno efficaci di fronte a un sistema immunitario fortemente indebolito”.

Di positivo c’è che diminuiscono, seppur di poco, le nuove diagnosi di Hiv tra i residenti: nel 2015 sono state 288, confermando il lieve calo registrato negli ultimi anni. L’identikit della persona sieropositiva è maschio, tra i 30 e i 39 anni, italiano. La modalità di trasmissione principale si conferma quella sessuale.

Le iniziative sul territorio per la Giornata mondiale
Il Servizio sanitario regionale promuove interventi educativi (molti nelle scuole) per favorire una sessualità consapevole e garantisce il test Hiv gratuito e anonimo. Per la Giornata mondiale dell’1 dicembre tante le iniziative promosse in tutta la regione da Aziende sanitarie, associazioni di volontariato, enti locali, a partire dai test day per la diagnosi dell’Hiv in molte piazze dell’Emilia-Romagna, fino ai primi di dicembre. A Bologna, ad esempio, fino al 4 dicembre, si svolge “Sosta consigliata”, iniziativa dell’Azienda Usl, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria, del Comune e di diverse associazioni di volontariato. In diverse postazioni della città è possibile eseguire il test Hiv: all’Ospedale Maggiore, al Sant’Orsola, al Polo Roncati di via Sant’Isaia 90. Informazioni sulla malattia e su come prevenirla anche al Cassero e al BLQ-Bologna check point di via San Carlo, struttura non sanitaria dedicata alla comunità Lgbt (termine per esprimere la comunità di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender) per promuovere la salute sessuale.
Le iniziative organizzate in tutta la regione sono disponibili all’indirizzo http://salute.regione.emilia-romagna.it/giornata-mondiale-hiv-aids-2016-iniziative-in-emilia-romagna

Il numero verde e il sito Helpaids per le consulenze gratuite
Il Numero verde Aids 800 856080 regionale è attivo dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 18 (il lunedì anche dalle 9 alle 12), ed è gestito dall’Azienda Usl di Bologna per tutto il Servizio sanitario. Il sito internet Helpaids offre anche consulenze in anonimato, a cui risponde un’equipe di infettivologi, psicologi, ginecologi e ostetriche ed è gestito dalle Aziende sanitarie di Modena per tutto il Servizio sanitario regionale.

La campagna informativa: attenzione per la prevenzione e impegno a contrastare lo stigma
“Proteggersi sempre, discriminare mai” è il messaggio della campagna regionale di informazione e sensibilizzazione rivolta ai cittadini. “E’ importante essere informati e comprendere che ogni diffidenza nei confronti di chi ha l’Hiv non è motivata” è un altro messaggio: all’attenzione per la prevenzione si affianca l’impegno a contrastare lo stigma, il pregiudizio nei confronti delle persone sieropositive o malate di Aids. Tra gli strumenti messi in campo (oltre a manifesti e video) anche una campagna web che parte in questi giorni su Google e Youtube e proseguirà nelle prime settimane del nuovo anno. Il video: http://salute.regione.emilia-romagna.it/documentazione/multimedia/video/video-proteggersi-sempre-discriminare-mai

Infezioni da Hiv e Aids in Emilia-Romagna: i dati del 2015
Nel 2015 le nuove diagnosi di infezione da Hiv tra i residenti in Emilia-Romagna sono state 288, pari a 6,5 ogni centomila abitanti: erano state 338 nel 2014 (7,6 ogni centomila abitanti), 300 nel 2013, 373 nel 2012, 361 nel 2011, 388 nel 2010, 418 nel 2009.
Nell’intero periodo di sorveglianza (2006 – 2015) tra le persone sieropositive, il 73,7% è maschio, il 32,7% ha 30-39 anni, il 70,9% è italiano. Le classi di età più colpite sono tra i 20 e i 49 anni (79,7%), i casi di sieropositività sono invece modesti tra i più giovani e negli ultracinquantenni. Il rapporto maschi/femmine è di 2,8 maschi sieropositivi per ogni donna. L’età media della persona al momento della diagnosi di Hiv è pari a 39,9 anni.
La modalità di trasmissione principale si conferma quella sessuale, con il 92% delle diagnosi anche nel 2015 (come nel 2014, era l’88% nel 2013, l’89% nel 2012, l’87% nel 2011): 49% attraverso rapporti omo-bisessuali, 43% eterosessuali. Molto bassa la percezione del rischio tra le persone eterosessuali: solo il 14,6% delle persone sieropositive l’ha dichiarata come motivazione del test di diagnosi.
Dal confronto tra le diverse province, il più alto numero di nuove diagnosi di Hiv nel 2015 si è avuto a Parma (8,5 ogni centomila abitanti) e a Ravenna (7,9), il più basso si è avuto invece a Reggio Emilia (4,5) e a Modena (5). Le altre province: Piacenza 7,3 nuove diagnosi ogni centomila abitanti, Bologna 7,3, Ferrara 5,1, Forlì-Cesena 7,1, Rimini 5,9.
Le persone che entrano nella fase conclamata della malattia nel 2015 sono state 77 (73 nel 2014, 78 nel 2013), pari a 1,7 casi ogni 100.000 residenti, un dato che pone l’Emilia-Romagna allo stesso livello della Lombardia nel confronto nazionale e dopo Toscana, Lazio, Liguria. Erano 1,5 ogni centomila residenti nel 2014, 1,8 nel 2013, 2,2 nel 2012. Le persone con Aids in Emilia-Romagna sono prevalentemente maschi (rapporto maschio/femmina 2,9 a 1). Grazie alle terapie antiretrovirali il numero di decessi nel tempo è molto diminuito e per molti malati l’Aids è oggi alla stregua di una malattia cronica.

“L’Italia che non ci ha voluto deve cambiare”
La parola ai nostri connazionali all’estero

Sono arrabbiati, critici e confusi i giovani italiani che vivono all’estero? Se questa fosse la domanda del referendum vincerebbe di sicuro il sì. Perché gli italiani all’estero che si apprestano a votare, o lo hanno già fatto, sono stanchi delle eterne promesse e delle sterili polemiche che caratterizzano la vita politica del nostro Paese. L’esito del referendum costituzionale, che si terrà il prossimo 4 dicembre, è incerto, e l’incertezza è sicuramente il sentimento caratterizzante la generazione dei quarantenni sparsa per l’Europa. Quella generazione di laureati, riscatto per tanti genitori che si sono spaccati la schiena per dare ai figli le possibilità loro negate, costretti a partire per lavorare e rifarsi una vita all’estero.

Barbara ha 40 anni, da 8 anni vive ad Oxford con il marito ed un figlio piccolo: ”La ricerca di un lavoro stabile e dignitoso è il motivo per cui io e mio marito abbiamo deciso di venire qui. Ho vinto una borsa di studio della regione Sardegna e sono venuta a lavorare come archeologa. Ora lavoro come bibliotecaria e archivista in uno dei college dell’Università. Un cambio di carriera, in corso, non facile, ma possibile grazie alle opportunita’ di lavoro e di studio che Oxford e la Gran Bretagna ancora offrono. Mio marito ha cambiato tanti lavori, ha preso una laurea e ora lavora stabilmente come grafico e illustratore di libri per bambini”. L’appuntamento referendario incombe e gli italiani all’estero sono chiamati ad esprimere il loro voto: chi è residente all’estero e iscritto all’AIRE riceve un plico con l’occorrente per votare per posta: una busta pre-affrancata con l’indirizzo del consolato italiano, la scheda elettorale, un tagliando che contiene alcuni semplici dati (escluso nome e indirizzo) da inserire con la scheda in un’altra busta senza indirizzi o nomi. Il tutto viene rispedito nella busta pre-affrancata al consolato entro una certa data. E se la procedura di voto è semplice la decisione su cosa votare decisamente no.

Dice Paola, 41 anni, da otto anni residente a Londra, dove si è trasferita per cercare quelle opportunità di carriera che l’Italia le ha negato: ”Ho letto troppi pareri discordanti e sinceramente non sono certa al 100% che quello che voterò sia giusto. Non ho troppa fiducia nel sistema e credo che comunque ci siano troppi fattori contro in ogni caso. La speranza e’ sempre quella che si riesca a far cambiare il nostro Paese ma sinceramente ogni volta è una delusione”. Le fa eco Erika, londinese d’adozione da ormai 22 anni: ”Onestamente non ho seguito tanto l’argomento e non ho un’idea chiara…. Con i miei amici italiani a Londra parlo poco di politica italiana, perchè nessuno di noi si vuole rovinare la giornata e perché c’è sempre un senso di frustrazione generale per come vanno le cose nel nostro paese e per il senso di sconfitta che permea l’Italia in generale. A parte la frustrazione, appunto, c’è un senso di tristezza per come l’Italia e’ ormai scivolata in un vortice di non ritorno e vergogna per la rappresentanza che ci ritroviamo e il caos politico perenne”.

Emilio, da due anni residente a Cracovia dove si occupa di antifrodi per la società Groupon, è positivo:” Ho le idee molto chiare in merito: alla fine evitando la propaganda si trovano perfette spiegazioni della riforma. L’IItalia è un paese con potenzialità enormi, ma amministrato male. Un Paese bellissimo, ma che non fa nulla per tenere al suo interno le nuove generazioni. Questa è l’idea generale che si ha da qui, poi io sono fuori dall’Italia solo da due anni, quindi sono ancora molto dentro alle questioni nazionali”. “Non sono particolarmente contenta di come si è svolta la campagna referendaria – afferma contrariata Barbara – L’ho trovata proprio brutta, ricca di insulti che stanno scavando trincee di odio che purtroppo non si colmeranno il 5 Dicembre. I due “schieramenti” si stanno scontrando senza mediazioni e il risultato è inimicizia assoluta. Credo che tutto questo non arrivi all’improvviso, sia il riflesso di una politica stanca e affannata. Non solo quella italiana. Ho letto tanto, sia le ragioni del SI che quelle del NO, e sono riuscita a farmi un’idea, guidata anche dall’istinto e cercando di vedere le cose in un’ottica piu’ ampia e proiettate verso il futuro. Ci è arrivata anche la lettera di Renzi che invitava gli italiani all’estero a votare SI. L’ho letta e criticata punto per punto, soprattutto quando racconta dei suoi tentativi di “raccontare i successi degli italiani nel mondo, (..) di sponsorizzare la capacitá di innovazione dei nostri giovani”. In questo punto della sua lettera avrei gradito che facesse esempi concreti, perché sinceramente l’unico atto innovativo che riconosco, e non solo in lui, ovviamente, è stato quello di farci andare via dall’Italia. Come spesso accade ultimamente, anche qui e’ iniziato il “terrorismo economico” a partire dalle testate giornalistiche più “importanti” come il Financial times che proprio ieri sottolineava come un’eventuale vittoria del NO costringerebbe il Premier e i suoi ministri a dimettersi, con la conseguenza di interrompere i tentativi del governo di stabilizzare il sistema bancario italiano. E questo avrà ovviamente un impatto a livello europeo e internazionale. Al di la della veridicità o meno di questo commento, ogni azione di voto politico e ricerca disperata di “salvare” l’ennesima democrazia morente, si trasforma in corsa al denaro, in preoccupazioni legate agli oscillamenti del Mercato, panico e allarmismi che portano verso direzioni, secondo me, sbagliate”.

Massimo vive da 14 anni a Oslo dove coniuga il lavoro di manager al duty free dell’aeroporto a quello di guida turistica autorizzata dal governo norvegese. Segue i dibattiti e le tribune politiche nell’unico canale che trasmette in italiano e partecipa alla confusione che, trasversale, accompagna i suoi coetanei sparsi in Europa : “Devo dire che come italiano all’Estero ho dei dubbi di voto dettati semplicemente da un pensiero principale: quello del non vivere in Italia ed esprimere un voto che potrebbe cambiare l’Italia o no. Mi chiedo: è giusto votare per la Nazione che ho lasciato e dove per il momento non ho intenzione di rientrare? I soldi delle mie tasse vanno allo stato norvegese e non a quello italiano: mi chiedo se questo pensiero sia affiorato nella testa di chi come me ha deciso di vivere al di fuori dello stato italiano. Vedendo cosa è scritto nella scheda elettorale, provo a trovare una spiegazione sul come comportarmi per il voto, e arrivò alla triste constatazione del fatto che sfortunatamente le domande sono troppe e insieme. Mi piacerebbe votare SI per alcune cose e NO per altre, ma dovrò forse sacrificare uno o più punti di vista per il voto contrario? Se avessi dato retta alla lettera spedita dal Premier avrei votato Sì? O avrei votato No perché vedo la lettera da me ricevuta come un’abuso? Penso e ripenso che molti italiani, che ho conosciuto seppur per poche ore durante le mie visite guidate della città, hanno un’idea della mancanza di indignazione degli italiani e si lamentano dei propri concittadini. Come si fa a mettere d’accordo troppe teste? In un bus turistico di 36 persone trovo tante regioni e molteplici modi di pensare, ma tutti stranamente accomunati dalla parola “schifo” e da “bisogna fare qualcosa per cambiare”. Poi la triste asserzione “tanto non cambia niente anche se votassimo da un’altra parte…”.

Eppure cambiamento è la parola cardine di entrambi gli schieramenti: cambiare la costituzione o non cambiarla? Qualsiasi cosa decidano gli italiani, in Italia o all’estero, rimane la certezza del profondo debito che il nostro Paese ha nei confronti delle generazioni di giovani che hanno visto sacrificati i loro desideri personali e le speranze di lavoro. Giovani che invocano un cambiamento, per se stessi e per le genrazioni future: ora l’Italia deve loro rispondere.

Roberto Bin: sì a una riforma costituzionale che è meglio di niente

Roberto Bin, docente di diritto costituzionale a Unife e direttore della rivista on-line “Forum di Quaderni costituzionali” e dell’Istituto di Studi Superiori Iuss di Ferrara, è sempre stato a favore del sì alla riforma costituzionale della ministra Boschi, fin dall’inizio di questa campagna referendaria, che a suo parere “è andata oltre i livelli della decenza: si ragiona poco sulle cose e si straparla”. Non stupisce quindi di trovare un suo contributo nel volume intitolato “Perché sì” (Laterza), presentato nei giorni scorsi nella Sala dell’Oratorio San Crispino all’ultimo piano della libreria Ibs-Libraccio.

Roberto Bin
Roberto Bin

Il professor Bin è chiaro: al referendum del 4 dicembre bisognerebbe votare sì “per dare una svolta al modo con il quale questo paese affronta le politiche pubbliche”, dalla scuola al lavoro, all’assistenza alle famiglie, “non c’è un tavolo di discussione comune” e quindi “di fatto non ci sono politiche condivise perché non ci sono istituzioni per raggiungere accordi a livello legislativo e non amministrativo”. Il vero clou della riforma per Bin è, infatti, il cambiamento delle camere e del procedimento legislativo fra i due rami del Parlamento. “Siamo l’unico paese al mondo ad avere due Camere uguali che fanno le stesse cose”, sottolinea il costituzionalista: con la riforma ci sarà una camera che rappresenterà i territori e si metterà in moto così un “principio di collaborazione istituzionale” fra chi farà le leggi, la camera dei deputati, e chi poi le dovrà applicare, il Senato con i componenti provenienti dalle regioni. A suo parere su questo nuovo Senato c’è molta confusione: “non rappresenterà i territori nel senso che i rappresentanti del Molise cureranno gli interessi del Molise e quelli della Lombardia tuteleranno la propria regione. Il Senato servirà per la rappresentanza del sistema delle autonomie, assicurandosi che le leggi dello Stato non ne ledano gli interessi”. Insomma, spiega ancora Bin, “la seconda camera serve a portare la rappresentanza democratica locale: perché le leggi dovrebbero essere imposte alle istituzioni locali?”
Qui, a chi scrive, sorge un’obiezione: se, come afferma lo stesso professore, starà comunque alla Camera che legifera accettare o meno le istanze e le obiezioni del Senato, questo ‘principio di collaborazione istituzionale’ non è piuttosto precario?
“È affidato al buon senso della Camera legislativa, fra Istituzioni non ci pesta i piedi: la Camera dovrà tener conto seriamente e avere rispetto delle opinioni del Senato”, è la risposta di Bin. “Lei pensi a cosa è successo nei giorni scorsi con la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Madia: è un vistoso esempio del Governo che ha proceduto senza una giusta consultazione delle regioni. La conseguenza è il conflitto, che non fa bene a nessuno: se la Camera decide di approvare una legge specialistica che scavalca il sistema delle autonomie, la reazione è di conflitto, mentre se passa la riforma il Senato potrebbe segnalare la cosa alla Camera”.

E proprio a proposito del contenzioso Stato-Regioni, altro punto caldo della campagna referendaria, Bin confessa: “non cambia niente” perché “la riforma non fa che riprendere ciò che quindici anni di giurisprudenza della Corte Costituzionale hanno sedimentato”. Però ci sono “due accorgimenti non da poco: lo Stato può dettare solo disposizioni generali e comuni e sono indicate alcune competenze regionali”. In altre parole se la tutela della salute è competenza dello Stato, la programmazione spetta però alle Regioni.
La riforma del Titolo V quindi “non distrugge le competenze regionali come dice il Comitato per il no, che sostiene che il centralismo non avrà più confini: il centralismo c’è già e la causa è che non c’è un Senato che intervenga nella formazione delle leggi per difendere le autonomie”.
Secondo Bin “la follia del nostro sistema è non aver immaginato e inserito un procedimento di collaborazione e concertazione fra Stato e Regioni”, costringendo la Corte a decidere a tal proposito solo in base “all’interesse prevalente, regionale o statale”, un criterio piuttosto “aleatorio”, afferma Bin.

Sicuramente per il professore “la produzione delle leggi non è un problema”, al contrario di quanti sostengono la riforma per “avere leggi in tempi più rapidi”, come si legge sul sito del Comitato per il sì. Bin però precisa: “se non c’è qualcosa di delicato”. Come nel caso “del testamento biologico, della legge sulla prescrizione, del reato di tortura”, tutti provvedimenti fermi al Senato. Un’altra osservazione interessante del docente Unife riguarda un aspetto meno immediato e meno citato del nuovo iter delle leggi: “democrazia non significa solo votare ed eleggere, significa anche far valere la responsabilità di chi fa le leggi. Avere due camere che si rimpallano le leggi significa non sapere chi ha la responsabilità delle norme”. E fa l’esempio proprio della tanto vituperata immunità per i senatori, mantenuta anche per il nuovo Senato: “non si sa chi l’ha voluta, è apparsa in commissione al Senato, poi è stata tolta e rimessa più volte”.
Ed ecco un’altra obiezione: siamo sicuri di approvare un riforma costituzionale scritta da politici così, che per stessa ammissione del docente Unife “non guardano al di là del proprio naso”? Non sarebbe meglio cambiare loro piuttosto che la Costituzione?
La risposta di Bin – ahinoi! – non sembra fare una piega: “Le riforme le fanno i politici, non possiamo aspettare di avere gli angeli in Parlamento: i politici sono quello che sono, questa riforma risolve qualche problema, nel senso che ci porta a delle soluzioni istituzionali che sono quelle che hanno tutti i paesi moderni. Che anche i nostri politici abbiano raggiunto questa consapevolezza fa piacere, non possiamo dire che perché non sono lungimiranti tutto ciò che fanno è meglio che non lo facciano: dovrebbero fare di più, ma quello che abbiamo è questo”.

Per quanto riguarda il Cnel, secondo Bin “è un organismo superato nei fatti, non costa tantissimo, ma è sostanzialmente inutile”, mentre si dichiara “fortemente contrario alla logica di risparmiare sui costi della politica: è talmente importante che bisognerebbe investire in politica” dichiara il professore. Infine, per quanto riguarda la tanto paventata ‘deriva autoritaria’, il costituzionalista non ha dubbi: “i poteri del governo sono ristretti”.
Ed ecco la terza e ultima obiezione. Bin ha parlato di una maggioranza sottoposta al possibile ricatto delle minoranze con l’attuale sistema bicamerale, mentre con il nuovo procedimento la maggioranza di governo uscita dalle urne sarebbe meno soggetta ai veti delle minoranze: con il crescente astensionismo che si continua a registrare nelle ultime tornate elettorali – clamoroso il caso delle ultime amministrative nella nostra regione – si può davvero parlare di una maggioranza di governo che corrisponde a una maggioranza nel Paese?
“È un argomentazione un po’ strana: il drastico ridimensionamento di coloro che non vanno a votare si registra in tutto il mondo, non è un fenomeno solo italiano. Dopodiché chi non va a votare per definizione ha torto: se loro non vanno a votare la maggioranza è delegittimata? No, non vanno a votare e quindi preferiscono non esprimere la propria opinione. Ciò non toglie che dopo il voto una maggioranza esiste, non vedrei altra soluzione democratica. Il problema è cosa succede se i politici non sono in grado di mobilitare gli elettori”.

La Costituzione funziona. E’ il resto che non va

di Daniele Lugli*

Dal ginnasio giravo con la Costituzione in tasca. Credo un regalo della Cassa di risparmio. Stretta e sottile, con lettere piccole, piccole, che allora leggevo benissimo. E la leggevo spesso, ogni volta arrabbiandomi all’articolo 7. Alcuni articoli mi piacevano di più, altri di meno. Non ricordo me ne spiacesse qualcuno, tranne sempre l’articolo 7. La ricorrenza dei patti lateranensi era semifestivo: lectio brevis. Andavo a scuola con un piccolo segno di lutto, l’11 febbraio.
Anni dopo, la pretesa di un’amica femminista – scontenta della dizione “senza distinzione di sesso” del primo comma dell’articolo 3 – di mettere le mani sui primi articoli, sui principi, mi convinse che non era proprio il caso. Meglio considerarli intangibili: restasse pure l’articolo 7. L’esame di Diritto costituzionale sembrava fosse lì ad aspettarmi. Fu un vero piacere.

Poi ci sono stati alcuni ritocchi alla Costituzione. Se ne poteva anche fare a meno. Uno più imponente c’è stato con il nuovo millennio: la riforma del Titolo V, quello sulle Regioni, le Province, i Comuni. E ci fu un referendum e ho votato a favore. Vinse le mie perplessità un bravo costituzionalista, che ora vorrebbe votassi di nuovo a favore, distruggendo completamente la riforma di allora. Mi pare insensato. Negli anni, con qualche intervento anche della Corte costituzionale, si è infine assestato un modo di procedere tra Stato, Regioni, Autonomie locali. Cambiando si ricomincerebbe da capo con le incertezze, le dubbie interpretazioni, sino a raggiungere, dopo qualche anno, un nuovo assetto che non si preannuncia migliore.

Ma il pezzo forte non è questo: sarebbe il ridimensionamento del Senato, con la fine del ping pong delle leggi tra le due camere. Ai miei tempi si diceva che le leggi potevano, tra Camera e Senato, fare “navetta”, un congegno del telaio che va avanti e indietro, per attuare la tessitura. La tessitura delle leggi è divenuta nel tempo sempre più scadente. Il nuovo assetto garantirebbe, si dice, la possibilità di fare più leggi e in tempo minore.
E’ la cosa che ci serve di meno in assoluto per la proliferazione legislativa e la scarsa qualità di contenuti e forma che la caratterizzano. Questa qualità andrebbe migliorata e non trasposta in Costituzione, come attesta invece la formulazione dell’articolo sostitutivo dell’attuale 70.

Ho studiato a lungo questioni organizzative. C’è solo una regola della quale mi sono convinto: se una cosa funziona non l’aggiustare.

*Movimento Nonviolento, già Difensore Civico Regionale dell’Emilia Romagna

La newsletter del 30 novembre 2016

Da: Comune di Ferrara

4.a COMMISSIONE CONSILIARE – Convocata giovedì 1 dicembre alle 16.30 in sala Zanotti
Esame del Regolamento per la disciplina della co-progettazione nelle Politiche Sociali

La 4.a Commissione consiliare – presieduta dal consigliere Bova – si riunirà giovedì 1 dicembre alle 16.30 nella sala Zanotti della residenza municipale. All’attenzione del gruppo di lavoro l’esame della delibera (illustrata dall’assessora Chiara Sapigni) “Adozione di Regolamento Comunale per la disciplina della co-progettazione nel rapporto fra Amministrazione Comunale ed Enti del Terzo Settore nell’ambito delle Politiche Sociali”- (2° passaggio).

REFERENDUM COSTITUZIONALE – Domenica 4 dicembre urne aperte agli elettori dalle 7 alle 23
Voto sulle modifiche alla Costituzione: tutte le informazioni utili

L’Ufficio elettorale del Comune di Ferrara ha predisposto una pagina internet con tutte le informazioni relative alla consultazione referendaria che verrà fatta tra i cittadini, chiamati ad esprimere il proprio parere alle urne domenica 4 dicembre 2016, dalle 7 alle 23. Il voto è per il referendum costituzionale ex art. 138 della Costituzione sulla legge costituzionale relativa alle “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata dal Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016.

La guida – messa a punto nella pagina del sito istituzionale del Comune di Ferrara – dà indicazioni sulle modalità di voto, sui documenti necessari per essere ammessi e su come ottenere duplicati di tessere elettorali in caso di smarrimento.

Questo il link alla pagina informativa:
http://servizi.comune.fe.it/8009/referendum-costituzionale-del-4-dicembre-2016

Per far fronte a richieste e necessità l’ufficio in vista dell’imminente referendum l’Ufficio elettorale effettuerà le seguenti aperture straordinarie:
– Venerdì 2 dicembre, ore 8.30-18;
– Sabato 3 dicembre, ore 8.30-18;
– Domenica 4 dicembre, ore 7-23.

Per info: Ufficio elettorale, via Fausto Beretta 19, Ferrara, tel. 0532 419702.

SVILUPPO TERRITORIALE – Sabato 3 dicembre alle 10 in piazza Verdi e alle 11 in Biblioteca Ariostea
Al via il percorso di rigenerazione dell’ex Teatro Verdi

Nella mattinata di sabato 3 dicembre si terrà l’evento di lancio del percorso partecipato che porterà alla riapertura dell’ex Teatro Verdi, dopo più di 30 anni dalla chiusura.
Il progetto è finanziato dall’Asse 6 “Città attrattive e partecipate” del Por Fesr Emilia Romagna 2014-2020 (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale), dedicato ai Comuni capoluogo, con la finalità di dare vita a un “Laboratorio aperto” sui temi del turismo e della mobilità sostenibili, con particolare attenzione alla bicicletta.

La mattinata di sabato sarà organizzata in due momenti distinti: – alle 10 sarà possibile per i cittadini visitare l’ex Teatro Verdi, in piazza Verdi a Ferrara, con un inquadramento storico a cura di Francesco Scafuri, responsabile dell’Ufficio Ricerche storiche del Servizio Beni monumentali Centro storico del Comune di Ferrara, e la presenza dei referenti di Città della Cultura – Cultura della Città, che illustreranno il progetto di ristrutturazione; – alle 11 l’iniziativa proseguirà presso la Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea, in via Scienze 17 a Ferrara, dove verrà presentato il percorso di rigenerazione. Dopo l’introduzione del sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, ci sarà un intervento di Daniela Ferrara della Struttura dell’Autorità di gestione del Por Fesr Emilia Romagna. I lavori proseguiranno con interventi tematici: Ilda Curti porterà l’esperienza delle case di quartiere di Torino, a cui seguirà la presentazione di casi di successo: le “Serre dei Giardini Margherita” di Bologna a cura di Kilowatt e ‘Upcycle’ di Milano da parte di Avanzi.

Scopo della mattinata, dare inizio al percorso di coinvolgimento di cittadini, associazioni, imprese, che porterà alla riapertura dell’ex Teatro. Attraverso diversi incontri aperti che si terranno nelle prossime settimane, si arriverà nella primavera del 2017 all’elaborazione del progetto di gestione del nuovo Laboratorio.

Per informazioni è possibile contattare l’assessorato Ambiente, Lavoro, Attività produttive, Sviluppo territoriale, Relazioni internazionali-Progetti europei, tel. 0532 419581 o 419316, email s.braghetta@comune.fe.it o a.piganti@comune.fe.it

Giornalisti, fotografi e operatori video sono invitati

COMMERCIO E MOBILITA’ – Presentati dagli ass. Serra e Modonesi
Festività Natalizie: i provvedimenti per la viabilità del centro storico

Questa mattina, mercoledì 30 novembre in residenza municipale, si è tenuta una conferenza stampa per illustrare i calendari e le modalità di fruizione dei parcheggi straordinari e i provvedimenti di viabilità in Centro e nei week end del periodo natalizio.

Al’incontro con i giornalisti sono intervenuti gli assessori del Comune di Ferrara al Commercio Roberto Serra e alla Mobilità Aldo Modonesi, il vice comandante della Polizia Municipale Terre Estensi Marco Rebecchi, Massimo Ravaioli (Ascom Ferrara) e Luca Grandini (Cna Ferrara).

“Il pacchetto di provvedimenti – ha affermato l’assessore Modonesi – è stato discusso e concordato con le associazioni dui categoria e sulla base delle esperienze fatte negli anni scorsi prevede principalmente nei fine settimana compresi fra il 3 dicembere e l’8 gennaio l’interruzione dell’asse viario Cavour-Giovecca dalle 16 alle 20, con la predisposizione di 800 posti gratuiti in viale Cavour; a questi posti si aggiungono 350 tra piazza Ariostea e controviali Cavour e altri 450 di Rampari di San Rocco, con la possibilità di usufruire di biglietti gratuiti Tper (Bottega dell’Arancia) per raggiungere il centro storico. Per motivi di sicurezza abbiamo deciso di pedonalizzare completamente l’asse Martiri della Libertà-Porta Reno nei fine settimana e sperimentiamo la pedonalizzazione H24 di via Saraceno, tra via Scienze e via Cammello”.

“L’attenzione dell’Amministrazione comunale – ha aggiunto l’assessore Serra – nei confronti del commercio e dei cittadini nella fruibilità del centro storico è il frutto di una collaborazione con le associazioni dei commercianti. Con questi provvedimenti mettiamo in campo il nostro impegno e le risorse utili al sostegno e sviluppo di questo settore”.

Questo il contenuto dell’ordinanza di viabilità relativa alle modalità di utilizzo dei parcheggi ordinari e straordinari, finalizzati alla fruizione del centro storico nel periodo delle Festività Natalizie

(…)

NEI GIORNI 3, 4, 8, 10, 11, 17, 18, e 24, 25, 26, 31 DICEMBRE 2016 E 1 , 6 , 7 , 8 GENNAIO 2017 DALLE ORE 16,00 ALLE ORE 20,00 ISTITUZIONE DI DIVIETO DI TRANSITO NELLE SEGUENTI VIE:

Corso Giovecca – da Largo Castello a via Palestro
Largo Castello – da Corso Giovecca a Viale Cavour,
Viale Cavour – da Via Spadari a Largo Castello,
Corso E. I° d’Este – da Largo Castello a Via Padiglioni,
Via Borgo dei Leoni – da Largo Castello a Via Padiglioni
Via C.Mayr – da Corso Porta Reno a Via Spronello;
si ammette la circolazione di: cicli, veicoli al servizio di persone invalide dotate di apposito contrassegno, Bus di linea, taxi, mezzi di soccorso e delle Forze di Polizia, residenti con possibilità di ricovero del veicolo in area privata e turisti ospiti delle strutture di ricezione raggiungibili solamente dalle vie sopra elencate;

Conseguentemente verranno adottati i seguenti provvedimenti:

Via Palestro all’intersezione con Corso Giovecca: istituzione di direzione consentita a sinistra;
Via Frescobaldi all’intersezione con Corso Giovecca: istituzione di direzioni consentite diritto e a sinistra.
Viale Cavour all’intersezione con via degli Spadari: istituzione di direzione obbligatoria a destra
Via degli Spadari all’intersezione con viale Cavour:istituzione di direzione obbligatoria a sinistra
Via degli Armari all’intersezione con viale Cavour: istituzione di direzione obbligatoria dritto e destra

Dovranno essere collocati appositi cartelli di avviso di chiusura al traffico:

– Corso Giovecca intersezione via Montebello indicante la chiusura al traffico (eccetto autorizzati e residenti) di Corso Giovecca tratto tra via Palestro e Largo Castello direzioni consentite a destra in via Montebello e diritto fino all’intersezione con la via de’ Romei;

– Viale Cavour intersezione via Ortigara indicante la chiusura al traffico (eccetto autorizzati e residenti) di Viale Cavour, tratto tra Via Spadari e Largo Castello

In caso di condizioni di traffico particolarmente critiche, viene adottato il seguente ed ulteriore provvedimento:

Via Darsena senso unico di marcia con direzione da Via Bologna a Corso Isonzo, escluso il parcheggio Ex Mof – per tutti i veicoli eccetto i residenti ed i mezzi di servizio pubblico, mezzi adibiti alla raccolta dei rifiuti e spazzamento strade
Vengono altresì istituite le conseguenti direzioni obbligatorie alle intersezioni Via Bonnet/Darsena e Via Darsena/Isonzo;

NEI GIORNI 3, 4, 10, 11, 17, 18, 24, 25, 31 DICEMBRE 2016 E 1, 7 E 8 GENNAIO 2017, DALLE ORE 16,00 DEL SABATO ALLE ORE 24,00 DELLA DOMENICA SUCCESSIVA;

NONCHE’ NEI GIORNI 8 E 26 DICEMBRE 2016 E 6 GENNAIO 2017 DALLE ORE 16,00 ALLE ORE 24,00

Corso Martiri della Libertà, Corso Porta Reno: Istituzione di divieto di transito;

si ammette la circolazione di :

cicli, veicoli al servizio di persone invalide dotate di apposito contrassegno, mezzi di soccorso e delle Forze di Polizia, residenti con possibilità di ricovero del veicolo in area privata e turisti ospiti delle strutture di ricezione raggiungibili solamente dalle vie sopra elencate;

DALLE ORE 00,00 ALLE ORE 24,00 DI TUTTI I GIORNI FERIALI E FESTIVI DAL GIORNO 3 DICEMBRE 2016 (o dal successivo termine dei lavori di riqualificazione della via Saraceno) AL GIORNO 15 GENNAIO 2017

Via Saraceno tratto da via Scienze a Via Cammello: istituzione di area pedonale

>> VENGONO INOLTRE ISTITUITI I SEGUENTI PARCHEGGI STRAORDINARI GRATUITI

NELLE GIORNATE DEL 3, 4, 8, 10, 11, 17, 18, 24, 25, 26, 31 DICEMBRE 2016 E 1, 6, 7 e 8 GENNAIO 2017 DALLE ORE 16,00 ALLE 20,00

Viale Cavour, carreggiata centrale nel tratto tra Via Spadari/ViaArmari e Via Barriere/Via Ortigara: su entrambi i lati istituzione di area di parcheggio con contestuale revoca del divieto di fermata esistente, vengono salvaguardate le fermate Bus.

NELLE GIORNATE DEL 3, 4, 8, 10, 11, 17, 18, 24, 25, 26, 31 DICEMBRE 2016 E 1, 6, 7 e 8 GENNAIO 2017 DALLE ORE 16,00 ALLE 24,00

– Entrambi i Controviali di Viale Cavour, da Via Spadari a Via Barriere, negli stalli abitualmente adibiti a sosta a pagamento; vengono salvaguardate le aree riservate (invalidi, di carico e scarico, ecc…).

– Piazza Ariostea anello centrale: in deroga al divieto di circolazione, istituzione di area di parcheggio a pettine con circolazione a senso unico, in senso orario, con ingresso da via Fossato e Cortile, con uscita dalla rampa posta sul Corso Porta Mare fronte via Folegno.

– Rampari di San Rocco, ambo i lati: negli stalli abitualmente adibiti a sosta a pagamento.

DOCUMENTAZIONE SCARICABILE in fondo alla pagina (ordinanza)

MUSEO DI STORIA NATURALE – Sabato 3 e domenica 4 dicembre visite guidate in via De Pisis
‘C’erano una volta le balene?’: guida per bambini e ragazzi alla mostra sui cetacei

Museo di storia naturale di FerraraDue speciali visite guidate alla mostra “Pesci? No grazie, siamo mammiferi” in corso al Museo civico di Storia naturale di Ferrara (via de Pisis 24) sono in programma per sabato 3 novembre (per bambini dai 5 ai 7 anni) e domenica 4 novembre 2016 (per ragazzi dagli 8 ai 12 anni) sempre alle 15.30 per la durata di circa due ore.
Durante il percorso i giovani partecipanti potranno scoprire, tra l’altro, come erano fatti i ‘bisnonni’ dei cetacei di oggi e come e dove vivevano.

L’iniziativa è inserita nel programma autunnale di laboratori per bambini e ragazzi ‘Apprendisti scienziati’ organizzati dal Museo in collaborazione con l’associazione Didò. Per partecipare è necessaria la prenotazione, da effettuare contattando la sezione didattica del Museo, via De Pisis 24 a Ferrara, tel. 0532 203381, dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 12,30 o all’indirizzo dido.storianaturale@gmail.com (info su www.comune.fe.it/storianaturale).

Potranno partecipare venti persone per pomeriggio al costo di 6 euro per bambino e 2 euro per adulto. La presenza di un adulto accompagnatore è necessaria.

RELAZIONI INTERNAZIONALI – L’1 dicembre alle 10 l’inaugurazione nella sede universitaria di via Voltapaletto. Visitabili fino al 21 dicembre
In mostra a Economia ‘L’Italia in Europa-l’Europa in Italia’ e in Municipio ‘La cittadinanza in Europa dall’antichità a oggi’

Taglio del nastro giovedì 1 dicembre alle 10 all’Aula Magna del Dipartimento di Economia e management dell’Università di Ferrara, (via Voltapaletto, 11), per due mostre promosse dal Dipartimento politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con il Centro di Documentazione e studi sulle Comunità europee (CDE) di Unife e l’Antenna Europe Direct del Comune di Ferrara.
Le esposizioni ‘L’Italia in Europa, l’Europa in Italia’, allestita presso il Dipartimento di Economia e management e ‘La cittadinanza in Europa dall’antichità a oggi’, allestita nel salone d’Onore della Residenza Municipale (piazza del Municipio 2), sono rivolte a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, e saranno visitabili dal 1° al 21 dicembre 2016, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 18.30 ( giovedì 8 e venerdì 9 dicembre la mostra sarà chiusa).
La prima ripercorre le tappe fondamentali che hanno portato all’attuale Unione Europea, mentre la seconda è dedicata alla storia del concetto di cittadinanza dall’antica Grecia al trattato di Maastricht.
‘L’Italia in Europa-l’Europa in Italia’ ritrae in oltre 150 scatti i momenti più significativi dell’integrazione europea dalla Guerra Fredda ad oggi: dagli accordi presi dopo la Seconda Guerra Mondiale tra i sei Stati fondatori, tra i quali l’Italia, per garantire la pace in Europa, fino agli avvenimenti più recenti. Obiettivo della mostra è far conoscere, con l’aiuto di immagini storiche, non solo l’Europa e l’azione dell’Italia al suo interno, ma soprattutto il ‘valore aggiunto’ dell’essere cittadini europei.
‘La cittadinanza in Europa dall’antichità a oggi’, propone un altro viaggio nel tempo per comprendere come il concetto di cittadinanza si sia trasformato nel corso delle civiltà. Foto, immagini, documenti accompagnano i testi in italiano e in inglese sulle varie tappe dello sviluppo storico della cittadinanza, dalla Grecia e da Roma fino al concetto moderno di nazione e quindi alla creazione dell’Unione Europea con i relativi trattati e all’istituzione nel 1992 della cittadinanza europea.
Queste mostre sono esposte dal 2013 in tutto il territorio italiano: nelle scuole, nelle università, nei teatri, o comunque in sedi istituzionali collegate con manifestazioni ed eventi sull’Unione Europea. Dal 2016 il Dipartimento promuove anche attraverso le mostre, la conoscenza dei Trattati di Roma, di cui ricorrerà il 60° anniversario il 25 marzo 2017. Le visite guidate alla mostra organizzate dal CDE di Unife hanno già raccolto l’adesione di numerose Istituti di Istruzione Secondaria di II grado di Ferrara, per un totale di 245 studenti.

CULTURA E TURISMO – Immagini, schede e informazioni a disposizione di cittadini, turisti, studenti e professionisti
Online il sito web dedicato a Ferrara città Unesco del Rinascimento e al Delta del Po

Comunicato a cura dell’Ufficio Stampa della Provincia di Ferrara
E’ online il sito web www.ferraradeltapo-unesco.it, interamente dedicato al Sito Unesco Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po e rivolto a cittadini, turisti, studenti e professionisti.

Docenti e studenti troveranno le informazioni utili al mondo della scuola negli apparati didattici e film d’animazione, per poi familiarizzare con la cartografia storica navigabile o con le particolarità delle diverse delizie estensi.
I turisti, oltre a scoprire informazioni generali sul Sito Unesco, avranno la possibilità di visualizzare e approfondire componenti paesaggistiche e beni culturali presenti sul territorio, consultando le corrispondenti schede descrittive o le varie sezioni tematiche presenti sul webgis dedicato.
Accessibile a tutti (ma di particolare utilità per chi svolge attività tecniche in veste di progettista o valutatore), la sezione riservata alla cartografia tecnica dove, per esempio, la carta delle invarianti paesaggistiche identifica nel paesaggio contemporaneo le tracce della pianificazione urbana e territoriale cinquecentesca, rivelandosi un importante strumento a supporto delle attività di tutela, conservazione e valorizzazione.
Il sito web è stato reso possibile grazie ai fondi della legge del 2006 sulle “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell’Unesco”, nell’ambito del progetto “Sistema monumentale delle Delizie Estensi – Studio delle problematiche artistiche, storiche e paesaggistiche attraverso attività culturali e didattiche”.
Realizzato dalla ditta “Le Immagini” di Luca Gavagna & C. di Ferrara, nel nuovo spazio web sono stati riversati tutti i materiali utili alla conoscenza del Sito Unesco Ferrara città del Rinascimento e il suo Delta del Po elaborati negli anni e frutto di altrettanti progetti finanziati dalla stessa legge del 2006.
Il costo è stato di circa 8mila euro, finanziati per il 90 per cento dal ministero e per il restante 10 per cento dal bilancio della Provincia di Ferrara.
“Avevamo bisogno di questo sito – ha concluso l’assessore del Comune di Ferrara con delega Unesco, Roberta Fusari – nel quale trovano sistemazione tanti materiali che da ora diventano disponibili per tutti”.

MUSEI CIVICI – Domenica 4 dicembre laboratori per ragazzi a palazzina Marfisa e Casa Ariosto
‘Caccia al tesoro egizio’ e ‘Storie di Orlando’ per imparare giocando

Doppio appuntamento domenica 4 dicembre con i laboratori didattici ‘Giocando si impara. Una domenica al museo’, organizzati, per bambini e ragazzi dai 6 ai 12 anni, dai Musei civici d’Arte antica di Ferrara in collaborazione con l’associazione culturale Arte.na.
La palazzina di Marfisa d’Este (corso Giovecca 170) ospiterà una ‘Caccia al tesoro egizio’, con partenza alle 16, per un salto a ritroso nel tempo, alla scoperta dell’Antico Egitto, fra mummie e amuleti, leggende e divinità.
A Casa Ariosto (via Ariosto 67, Ferrara), sempre dalle 16, saranno invece di scena le ‘Storie di Orlando’, tra giochi e poesia per scoprire le gesta del paladino protagonista dell”Orlando furioso’, nella casa del grande poeta che le ha narrate.
Le attività hanno un costo di 6 euro per bambini e ragazzi e di 2 euro per l’adulto che li accompagna. E’ richiesta la prenotazione all’associazione culturale Arte.Na telefonando al n. 328 4909350 oppure scrivendo a: ferrara@associazioneartena.it

BIBLIOTECA ARIOSTEA – ‘Le parole della democrazia’: conferenza venerdì 2 dicembre alle 17
I molteplici significati del concetto di ‘responsabilità’ spiegati da Vittoria Franco

Proporrà un approfondimento sul significato del concetto di ‘responsabilità’ e sulla sua evoluzione storica la conferenza di Vittoria Franco in programma venerdì 2 dicembre alle 17, nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. L’incontro, che sarà introdotto da Sandra Carli Ballola, rientra nel programma del ciclo ‘Le parole della democrazia’, promosso dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara.

Partendo dall’uso che continuamente facciamo del termine responsabilità, cercherò di chiarire quali sono i suoi significati e qual è la sua storia: quando è nato, quando comincia a diffondersi? Accertato che la parola si diffonde in epoca moderna, darò conto delle ragioni di questo e del fatto che col tempo si carica di una molteplicità di significati. Accennerò quindi ai tre paradigmi che mi appaiono i più significativi: politico, giuridico ed etico-filosofico. Su quest’ultimo mi soffermerò più a lungo per chiarire il senso e la portata di un’etica della responsabilità, cioè di un’etica senza imperativi o doveri assoluti, che ha come unico presupposto il fatto che siamo individui autonomi e liberi immersi nelle relazioni. L’etica della responsabilità è quella che assume la prospettiva del sé e dell’altro, dell’autonomia e della relazione, nel senso dell’apertura all’altro, della libertà individuale e del limite. Nella responsabilità sono in gioco le due libertà, quella dell’io e quella dell’altro, che devono trovare la misura del con-vivere. In assenza di doveri assoluti l’unica autorità a cui possiamo fare appello è la facoltà di giudizio e di pensiero, come aveva capito Hannah Arendt.

VIABILITA’ – Giovedì 1 e venerdì 2 dicembre dalle 9 alle 17 su via Padova
Anas: due giorni di traffico a senso unico alternato per asfaltatura

Comunicato a cura di Anas Emilia-Romagna
Intervento di ripristino del piano viabile sulla strada statale 16 “Adriatica” a Ferrara – Da domani a venerdì senso unico alternato regolato dal personale

Anas comunica che per consentire l’esecuzione di un intervento di ripristino del piano viabile sulla strada statale 16 “Adriatica”, a partire da domani, giovedì 1 dicembre 2016, sarà istituito il senso unico alternato della circolazione, regolato dal personale di cantiere, per tratti saltuari della lunghezza massima di circa 300 metri in prossimità del centro abitato di Ferrara (via Padova).
I lavori saranno eseguiti nella fascia oraria dalle 9 alle 17. Il completamento è previsto entro venerdì 2 dicembre.

Anas raccomanda prudenza nella guida e ricorda che l`evoluzione della situazione del traffico in tempo reale è consultabile sul sito web www.stradeanas.it oppure su tutti gli smartphone e i tablet, grazie all`applicazione `VAI Anas Plus`, disponibile gratuitamente in “App store” e in “Play store”. Inoltre si ricorda che il servizio clienti ‘Pronto Anas’ è raggiungibile chiamando il nuovo numero verde gratuito 800 841 148.
Bologna, 30 novembre 2016

Del referendum dico: “Per fortuna che sta finendo”

di Diego Gustavo Remaggi

Per fortuna ci siamo, in lontananza si sentono ancora gli ultimi spari delle cartucce in tasca ai due schieramenti. In sostanza, poca a dir la verità, lo schieramento del sì ha avuto un approccio del tutto inadeguato alla campagna referendaria. I contenuti sono molto pochi, il terrorismo indirizzato alla paura del post 4 dicembre è tanto. Ad esso si legano tanti temi, dalla salute alle sorti economiche del Paese stesso. Questo, all’insegna di un cambiamento, ma non di un cambiamento positivo o negativo, di un cambiamento e basta, come se bastasse il significato lessicale stesso del termine a darne una connotazione squisitamente vantaggioso per il Paese. L’importante è arrivare al 5 dicembre e cambiare pagina, dice Renzi, poi si vedrà. Ma davvero funzionerà come scommessa sul futuro?

Essenzialmente la presa di posizione renziana è basata sull’accentrare i favori delle classi sociali che qualche soldino nelle tasche lo hanno ancora, quella che viene definita “maggioranza silenziosa”, storicamente e giornalisticamente parlando: “vari movimenti d’opinione di ispirazione cattolica, conservatrice o moderata”. Ma diciamo pure che dalla sua, Renzi, ha anche una bella mano d’aiuto da endorsment internazionali, dall’Ocse e quotidiani schierati con corrispondenti dalla camicia bianca slip fit d’ordinanza. Qualche esempio? Il Financial Times che profetizza il fallimento di otto banche italiane in caso di vittoria del no, il Daily Telegraph che calca la mano sul pericolo dell’uscita dall’euro, Figaro che sostiene l’inquietudine dei mercati facendo confusione tra Brexit e vittoria del No. Se vogliamo dirla tutta, nei noti pastoni da quarta o quinta pagina si butta nel mezzo anche il temutissimo fallimento del vertice di Vienna sui tagli alla produzione petrolifera. Sì, è chiaro che non c’entra assolutamente nulla, ma fa numero e fa gioco.

In realtà nulla di tutto ciò ha un qualche fondamento reale. Partecipando, per lavoro, a diverse iniziative da parte dei diversi schieramenti ho potuto notare una cosa, interessante ma al tempo stesso significativa delle due diverse organizzazioni referendarie. Quasi tutte gli eventi organizzati dai sostenitori del sì hanno avuto in cartellone nomi “grossi” della politica nazionale e regionale, che non si sono fatti mancare di nulla, dalle spillette ai materiali informativi stampati con un design certosino e ovviamente costoso, a meno che pure chi si è occupato della parte editoriale non lo abbia fatto a gratis, ma ne dubito. Gli eventi organizzati dal comitato per il no hanno basato la loro campagna su una diffusione capillare di micro-esposizioni, mini-relazioni con cui hanno intrattenuto un vasto pubblico votante. Dalla loro, associazioni come Anpi, Arci, sindacati, comitati civici eccetera, con pochi nomi in vista e tanta discussione data dagli incontri con cultori della materia, accademici o costituzionalisti.

Personalmente ho trovato più convincente la campagna referendaria del No, e non solo perché io mi trovi già politicamente vicino ad un partito che sostiene un tale esito del referendum, ma perché è stata nella sostanza più efficace sotto ogni punto di vista, sia dal campo comunicativo che da quello più strettamente politico. Ritengo che Matteo Renzi abbia in qualche modo voluto dividere in due il Paese con una riforma costituzionale e questo per me è già un segnale “sospetto” della sua politica aperta al cambiamento indefinito di una identità sociale e civile come quella italiana. Un cambiamento in cui non riesco a vedere nessuna accezione positiva, specie se considerato esso stesso come punto di forza della campagna per il si. Un cambiamento non è un valore di per se: le cose possono cambiare in meglio o in peggio. Tralasciamo pure il fatto che sia di per sé improprio che un governo si faccia promotore di una revisione costituzionale, non è affatto inclusivo non permettere a tutte le forze politiche rappresentative degli italiani di potersi sentire parte di un così importante cambiamento.

Ne va del ritenere l’Italia un paese unito e nel volerlo disgregare soprattutto nella sua rappresentanza politica. E questo a me proprio non piace. Per tale motivo, assieme a tanti altri, voterò con molta serenità e sicurezza il mio no al cambiamento della Costituzione.

Referendum, a ‘giuri’ una lotta tra titani:
la singolar tenzone tra Violante e Onida sul si e sul no

[Pubblicato il 25 novembre 2016]

La corsa ai posti a sedere inizia presto questa mattina alla Facoltà di Giurisprudenza di Ferrara: sono centinaia le persone che si affollano nell’Aula Magna della facoltà per assistere all’incontro-scontro sul tema del prossimo referendum costituzionale del 4 Dicembre.
Presenti alla conferenza, oltre agli studenti di legge, diversi alunni dei licei ferraresi e della provincia (collegati all’evento anche in streaming) e tantissimi professionisti e cittadini curiosi di capire qualcosa di più su quello che è indubbiamente l’argomento caldo del mondo politico.
La conferenza, presieduta dal professor Daniele Negri, in sostituzione del direttore del dipartimento di Giurisprudenza De Cristoforo, e coordinata dalla costituzionalista Giuditta Brunelli, vede la partecipazione di due mostri sacri del diritto costituzionale: Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei Deputati e Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale.
La coordinatrice Brunelli pone domande dirette riguardanti tutti gli aspetti che riguardano il referendum e i relatori, Violante favorevole al ‘sì’ e Onida al ‘no’, non si tirano indietro a spiegare le ragioni della loro scelta.

La prima domanda che Giuditta Brunelli pone riguarda la reale necessità di questo referendum.
Risponde Onida:”Dipende da cosa si intende per necessità. Di certo non è una questione di vita o di morte per il Paese, ma di una certa rilevanza di sicuro ‘sì’. Da sempre c’è troppa enfasi intorno al discorso di cambiare la nostra Costituzione, come se fosse un documento datato da rinnovare. Nessuna Costituzione è inviolabile ma c’è una certa differenza tra superamento e rinnovamento dell’assetto costituzionale”. Per Violante invece la necessità di adeguare la Costituzione a quelle che sono le nuove e reali esigenze dell’Italia è stringente:”Sono trent’anni che si discute sulla necessità di rinnovare la Costituzione: mi sembra quindi evidente che tale necessita ci sia. La nostra Costituzione non contiene disposizioni in materia politica, ma solo principi generali, perché è stata concepita in un momento storico in cui c’erano due blocchi contrapposti: blocco filosovietico e blocco filoamericano e la materia politica venne quindi affidata ai partiti, che allora erano solidi e funzionavano. Con la crisi dei partiti, alla fine degli anni ’80, invece si è sentita l’esigenza di inserire delle regole politiche anche nella Costituzione, proprio perché gli attuali partiti non garantiscono quella stabilità ed efficenza di cui il Paese ha bisogno”.

La coordinatrice introduce poi l’argomento sull’eventuale superamento del bicameralismo perfetto (Camera e Senato con gli stessi poteri).
Valerio Onida vede nella proposta referendaria di cambiamento un modo per mascherare il vero intento del Governo: quello di passare da una democrazia rappresentativa ad una per investitura, con un Capo del Governo che accentra in sé i poteri, facendo diventare il Parlamento un comprimario della scena politica. E sottolinea che “Se vincesse il ‘sì’ il Senato sarebbe composto da 100 senatori di cui 74 consiglieri Regionali, 21 sindaci e 5 scelti dal Presidente della Repubblica. Ognuno rappresenterà la propria realtà comunale e farà gli interessi del proprio partito. Questo non significa portare maggiore rappresentatività regionale all’interno del Senato”.Luciano Violante ribatte citando un episodio storico: “Nel 1984 durante una intervista, Giuseppe Dossetti, rappresentante DC nell’Assemblea Costituente, disse che il sistema bicamerale era un “garantismo eccessivo”, giustificando la scelta di tale sistema con la preoccupazione di De Gasperi che il PC potesse arrivare a governare l’Italia. La società è cambiata: il sistema bicamerale non assicura quella rapidità decisionale fondamentale per avere un Paese competitivo. Lo dimostra il fatto che nessun Paese in Europa, a parte noi e la Bosnia, prevede questo tipo di sistema governativo. Il Parlamento è schiacciato da una situazione di lentezza che vede progetti di legge rimanere al vaglio del Senato anche per trecento giorni”.

E se entrambi concordano sul fatto che l’attuale legge elettorale “Italicum” sia un pasticcio, e vada cambiata, sulla riforma del Titolo V, che disciplina i rapporti Stato e Regioni, il contrasto è netto. Per Violante: “Le Regioni non sono tutte uguali: il problema è garantire i diritti di chi abita le diverse regioni e non alle Regioni stesse. Ora si assiste a quello che io chiamo “policentrismo anarchico”: troppi uffici e competenze poco chiare. Con la riforma si migliorerebbe la situazione riportando allo Stato competenze importanti quali sanità e infrastrutture”. Per Valerio Onida invece la competenza concorrente Stato-Regioni è già garantita dal sistema attuale. Lo Stato detta i principi generali che le Regioni applicano a seconda delle loro diversità: “Il vero problema è che lo Stato è assente e non promuove le Leggi-quadro necessarie per il buon operato delle Regioni. Con la riforma verrà meno anche l’autonomia finanziaria delle Regioni e senza autonomia non c’è responsabilità. Si spenderanno soldi statali ma senza che nessuno a livello locale ne sia responsabile”.
Gli applausi del pubblico sottolineano di volta in volta gli interventi dell’uno e dell’altro relatore, non facendo intuire, nel loro perfetto bilanciamento, se al referendum di dicembre gli italiani diranno ‘sì’ o ‘no’.

Perché sì, una voce dalla Provincia:
intervista a Francesco Colaiacovo, presidente del Conservatorio Frescobaldi

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Nella settimana decisiva per il Referendum del 4 dicembre, oltre che per il futuro del Governo Renzi, fra le tante voci di questa aspra campagna elettorale, una delle più interessanti da ascoltare nel panorama locale ferrarese è quella di Francesco Colaiacovo.
Attuale Presidente del Conservatorio di Musica Girolamo Frescobaldi e con una formazione giuridica, Colaiacovo ha alle spalle diverse esperienze, da quella militare in aeronautica a quella politica in qualità di Presidente della Circoscrizione Nord-Ovest di Ferrara dal 1997 al 2004 e di Presidente del Consiglio Comunale di Ferrara dal 2009 al 2014, oltre alle quelle di volontariato in realtà quali “Agire Sociale” e “Città del Ragazzo”.
Una conoscenza profonda e ricca di sfaccettature, con le idee molto chiare su come realmente funzioni la riforma e su quale decisione secondo lui più saggio prendere.

Nel quesito referendario se ne parla, ma in realtà pochi sanno di che cosa si tratti: che cos’è il Cnel?
Il Cnel è il Comitato Nazionale dell’Economia e del Lavoro; si tratta di un organismo di valenza costituzionale che aveva lo scopo di fare proposte di legge da proporre in Parlamento in tema, appunto, di economia e di lavoro. Doveva essere una fonte di idee ma in realtà ha fatto poco più di dieci proposte in 70 anni anni a fronte di un costo molto importante in termini di indennità e di infrastruttura burocratica.

Con la riforma verrebbe meno il bicameralismo perfetto, ma non il bicameralismo. Come funzionerebbe il nuovo modello e che vantaggi porterebbe?
Il principale effetto della riforma da questo punto di vista sarebbe quello di mettere solo in capo alla Camera dei Deputati, eletta a suffragio universale, l’emanazione delle leggi e la fiducia al governo. Si tratta del modello che adottano tutti i principali paesi democratici occidentali. Il Senato avrebbe, invece, poteri limitati rispetto a prima in campo legislativo. Rimarrebbe tuttavia il sistema attualmente in vigore nel bicameralismo perfetto per quanto riguarda le leggi di modifica costituzionale, gli ordinamenti territoriali e le leggi che disciplinano la presenza dell’Italia nell’Unione Europea. Si tratterebbe del 3% delle leggi che vengono fatte, per il resto il Senato avrebbe prettamente una funzione di proposte ed emendamenti rispetto alle leggi approvate alla Camera. Da quando verrebbe approvata una legge, il Senato avrebbe 10 giorni di tempo per chiedere di poter discutere di quella legge e 30 giorni per esprimere un parere rispetto al quale la Camera dovrebbe poi pronunciarsi in via definitiva.
Il Senato diverrebbe la “Camera delle Autonomie”, in quanto vi sarebbero i rappresentanti delle Regioni, oltre a 21 sindaci e diverrebbe il luogo dove tali rappresentanti potrebbero far valere le ragioni territoriali. A oggi il dibattito rispetto agli interessi e alle esigenze delle Regioni avviene nelle Conferenze Stato-Regioni, una volta che le leggi sono approvate. Tali conferenze hanno quindi un mero potere consultorio. Riguardo a tali leggi, invece, il nuovo Senato potrebbe proporre emendamenti prima della conclusione del processo legislativo, e anche l’eventuale bocciatura di tali emendamenti da parte della Camera, sarebbe un atto politico molto pesante. Inoltre il Senato parteciperebbe direttamente all’elezione del Presidente della Repubblica: con la riforma, il quorum dei tre quinti dalla quarta votazione implica una maggioranza più ampia rispetto a quella che sostiene il Governo e questo darebbe un peso al Senato ben maggiore di quello attuale, soprattutto nel momento in cui vi fossero due maggioranze diverse. Una grande novità sarebbe l’obbligo per i parlamentari di partecipare alle sedute, cosa che oggi non è presente nella Costituzione permettendo un tasso di assenteismo elevatissimo.

Qualora la Camera agisca contrariamente a un emendamento emesso dal Senato sarebbe una scelta di valenza politica molto forte. Per come sarebbe costituito il nuovo Senato, però, sarà molto più facile rispetto a prima avere una maggioranza di colore diverso qui e alla Camera. Rischieremmo quindi una deriva autoritaria da parte di quest’ultima?
È sempre una questione di scelta politica: non rispettare gli emendamenti proposti dal Senato quando ci sono in gioco politiche che hanno a che fare coi territori, per esempio il bilancio della sanità, significherebbe assumersi la responsabilità politica di dover affrontare l’opinione dei territori, i cui residenti esprimeranno i propri giudizi tramite il voto. Chiaramente a volte la Camera avrà l’onere di prendere decisioni contro agli interessi dei singoli territori, ma si tratta di una cosa che già accade, se non altro la riforma permetterebbe un momento di dibattito.

Il quesito referendario è stato da più parti accusato di essere populista, lei cosa ne pensa?
Il quesito è effettivamente accattivante, può essere populista lo sbandierare i risparmi che si otterrebbero con la riforma, ma ci sono dei fatti che sono oggettivi. La democrazia ha sempre un costo, però una buona democrazia può funzionare in maniera virtuosa. Il principale scopo della riforma è quello di rendere più efficiente il funzionamento dello Stato ed obiettivamente ci sarebbe un risparmio evidente: si passerebbe dai 315 Senatori attuali con indennità a solo 100 senatori senza indennità aggiuntiva rispetto a quelle che già hanno per i loro incarichi territoriali. Così come non è populista abolire il Cnel, eliminando un ente inutile e riducendo i costi in maniera importante.

Ma sarebbe davvero tutto più semplice? Si dice che ci sarebbero ben dieci modi diversi per approvare le leggi, mentre prima bastava solo la doppia approvazione…
Anche oggi ci sono diversi modi oltre a quello “classico”: la legge ordinaria, il decreto legge, la legge delegata, ci sono poi forme in cui le commissioni parlamentari possono pronunciarsi in sede deliberante, ed altre ancora. Non cambierebbe più di tanto sotto il punto di vista del numero dei metodi di approvazione, il vero cambiamento sarebbe in termini di snellezza ed efficienza. Fra l’altro si eviterebbe di dover assistere a decreti legge portati avanti all’infinito come vediamo oggi.

È stato proposto, fra gli emendamenti al testo di legge, un importante taglio agli stipendi dei parlamentari. Come mai, se lo scopo della riforma è “ridurre i costi della politica”, tale emendamento è stato rifiutato? Pensa che sia stata una scelta corretta?
Non si trattava di un emendamento alla legge costituzionale, in quanto la nuova legge costituzionale non parla degli stipendi dei parlamentari, ma dice soltanto che dove i senatori prima potevano godere di un’indennità, in futuro non avranno più tale diritto. Si trattava di una proposta di legge ordinaria da parte dei Cinque Stelle, il fatto è che quando si parla di un’indennità di un parlamentare la cosa va discussa in modo organico e non con una proposta di legge spot. A ogni modo è molto più importante in questo momento che il parlamentare abbia un obbligo di presenza sul posto di lavoro piuttosto che la riduzione del suo stipendio. È curioso fra l’altro il fatto che il partito che ha proposto tale disegno di legge sia stato lo stesso a nominare un Capo di Gabinetto a Roma con uno stipendio di 293mila euro. Non si può fare un ordine del giorno soltanto per mettersi in evidenza, bisogna ragionare concretamente su cosa serva all’Italia per funzionare meglio.

Sempre in tema di potere al popolo, con il progetto di riforma passerebbe da 50.000 a 150.000 il numero di firme necessarie alle leggi di iniziativa popolare.
Oggi bastano 50.000 firme per le proposte di legge di iniziativa popolare, ma quello che manca è l’obbligo di discussione in Parlamento riguardo a tali leggi. Perciò in 70 anni di Costituzione abbiamo avuto pochissimi disegni di legge di iniziativa popolare discussi in Parlamento, generalmente tali proposte non vengono neanche prese in considerazione. Se si vuole dare dignità al cittadino che si mette in strada a raccogliere firme bisogna garantirgli che il disegno di legge per cui si batte andrà discusso. La riforma introduce quest’obbligo per il parlamento previo il raggiungimento di un numero maggiore di firme, 150.000 appunto. Ma non è tutto: la norma costituzionale oggi dice che il cittadino per richiedere un referendum abrogativo deve ottenere 500.000 firme e perché tale referendum sia valido bisogna raggiungere il quorum del 50%+1 degli aventi diritto. Tutto questo con la riforma rimane. La grande novità sta nel fatto che se il quesito ha un sostegno popolare così forte da raggiungere le 800mila firme, perché il referendum sia valido basta raggiungere un quorum del 50%+1 degli elettori alle scorse elezioni politiche.

Matteo Renzi la scorsa primavera disse che se avesse fallito il referendum avrebbe lasciato la politica, in questo modo ha portato quello che doveva essere un referendum costituzionale ad essere un voto sulla sua persona, crede che sia stata una buona idea?
No, l’ho criticato subito perchè la Carta Costituzinale deve andare al di là delle persone e dei partiti: tutti i cittadini vi si devono riconoscere. Si ha una vera democrazia nel momento in cui può esserci alternanza, e deve essere garantito il buon governo di chiunque venga eletto e abbia la rappresentanza. Per questo Renzi ha sbagliato a personalizzare il referendum, se n’è poi reso conto e ha cercato di rimediare ma ovviamente le controparti non si sono lasciate sfuggire l’occasione di sfruttare questo errore che gli potrebbe costar caro. È anche vero che questo non è un governo politico, ma un governo nato dal fatto che nel 2013 le elezioni non le ha vinte nessuno: quando Napolitano promosse un governo di scopo ed accettò il suo secondo mandato lo fece soltanto a condizione che il Parlamento facesse le riforme. Alla luce di ciò la riforma principale è senz’altro quella costituzionale che andremo a votare il prossimo 4 dicembre. È chiaro che se non passa il referendum questo Governo non ha più ragione di esistere, ma questo non lo deve dire Renzi, è già parte del mandato.

Il tramonto di un sogno

Weimar è una città della Germania Nord-Orientale di 65.479 anime, nella regione della Turingia, lontana dagli affollati flussi turistici che portano inevitabilmente a Berlino, Dresda e più su, Amburgo e Lubecca. Anzi, nelle mappe si fa perfino fatica a trovarla e per quanto la si cerchi, il più delle volte si rimane delusi. Anche se un tempo fu dimora di Bach, Goethe, Schiller, Liszt, Wagner, Nietzsche e in Weimar nacque la famosa scuola di avanguardia di architettura, arte e design, il Bauhaus di Walter Gropius; anche se oggi è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Ma ci sarebbe anche un altro buon motivo per segnalare con più evidenza la città sulla cartografia, un evento particolare che ha unito per sempre il suo nome ad una delle più complete, equilibrate, democratiche costituzioni dell’epoca moderna. Una Costituzione che anticipò con un grande margine d’anticipo i nostri tempi, precorrendo bisogni sociali, esigenze istituzionali, richieste culturali con tempestività, intuizione e contributi prestigiosi come quelli di Hugo Preuβ, Carl Schmitt e Max Weber. In essa, la Repubblica edificò un welfare dettagliato che rimane punto di riferimento delle democrazie attuali, anche se l’epilogo dimostra delle falle nell’impianto istituzionale che, in concomitanza con altre variabili storiche e sociali, posero termine a questo notevole tentativo. Radicali riforme sociali, interventi economici, progetti per la collettività cambiarono l’ottica sui rapporti tra cittadini e istituzioni, tenendo conto realmente della metamorfosi culturale in atto.

Era il 1919, l’alba amara di una disastrosa guerra che aveva messo in ginocchio la Germania, quando il Congresso Nazionale elaborò ed approvò la nuova Costituzione, riunito al Deutsches Nationaltheater, lontano dai clamori, gli scioperi, i tumulti e le manifestazioni di piazza a Berlino. Il Paese chiedeva con urgenza una Carta costituzionale per poter essere governato e guidato nella fase di passaggio da monarchia a democrazia parlamentare, in un contesto di grande confusione e disorientamento, mentre l’intera nazione sprofondava nel caos, tra molteplici tentativi rivoluzionari di destra e di sinistra per la conduzione dello Stato. L’11 agosto 1919 la Costituzione divenne legge che prevedeva un panorama rappresentativo completo: Un Reichstag (Parlamento) eletto a suffragio universale con sistema proporzionale; un Presidente del Reich eletto con plebiscito direttamente dal popolo ogni 7 anni che godeva di ampi poteri e attribuzioni, come scioglimento e revoca nei confronti del Parlamento e del Governo e in sostanza, il vero “custode della Costituzione”; un Reichsrat (Senato) formato dai rappresentanti dei Länder (Regioni) che vedevano anche rafforzate molte competenze, prima fra tutte quella legislativa in materie ed ambiti previsti.

Il Cancelliere (Bundeskanzler), Primo Ministro, godeva di un terreno di azione, controllo e decisione nelle direttive e indirizzi della politica. Un grado di responsabilità molto vicino a quello del presidente e questo per garantire una distribuzione di potere che potesse rafforzare l’ equilibrio. Con questo modello semipresidenziale, è inevitabile concludere che le coalizioni parlamentari instabili (primo partito l’SPD, Sozialistische Partei Deutschlands) esercitarono gravi ripercussioni sulla formazione dei governi con ricaduta negativa su tutto l’assetto statale.
La costituzione di Weimar, avrebbe dovuto rappresentare un grande tentativo di tessitura della nuova carta fondamentale della Germania postbellica, in cui trama ed ordito tra istituzioni e loro competenze apparivano e dovevano risultare una superba realtà di equilibri e reciproche induzioni. Un unico, affascinante e notevole esperimento, un laboratorio di idee e decisioni non sempre perfette e coerenti ma sicuramente pionieristiche.

Nella realtà storica dei fatti però, la repubblica di Weimar (1919-1933) incontrò difficoltà e venne travolta proprio dalle contraddizioni e dalle zone d’ombra che finirono con il creare quel baratro in cui precipitò la democrazia, per lasciare il posto alla dittatura nazista. Il sistema elettorale proporzionale e le coalizioni mutevoli condussero alla frammentazione del parlamento e alla formazione di governi ballerini, decisionalmente inefficaci, minando l’equilibrio fra i poteri e tutte quelle garanzie che la Costituzione proclamava. Su quella base traballante non fu possibile dare vita a formazioni governative durevoli e sviluppare strategie politiche consistenti. Nell’arco dell’esistenza della Repubblica, dal 1919 al 1933, si ebbero ben 20 cambiamenti di governo; la durata più breve, 48 giorni, toccò al governo Stresemann nel 1923 e quella più longeva, appartiene al governo Müller, 636 giorni, nel 1928.
In un clima di perenne crisi economica aggravata dall’influenza della grande depressione americana del 1929, sei milioni di disoccupati, salari e sussidi di disoccupazione tagliati, enormi debiti di guerra da onorare puntualmente, rapporti tesi con l’esterno e conflitti interni alla nazione, la china era inevitabile. La crisi spezzò i reni dello Stato, senza autorità, che manifestò il suo tallone d’Achille proprio in quella magnifica Costituzione che avrebbe dovuto accompagnare il popolo tedesco nella nuova dimensione.

Nel 1930, l’inaspettata vittoria del partito nazionalsocialista di Hitler è da interpretare come lo stato d’animo popolare, la protesta e il dissenso contro la situazione esistente. La popolarità del partito crebbe in modo esponenziale negli anni a seguire e il 30 gennaio 1933, il Presidente von Hindemburg nominò cancelliere Adolf Hitler, il quale, avvalendosi subito del famigerato Art. 48 della Costituzione, emanò decreti d’urgenza per censurare stampa, libertà di opinione e manifestazione di pensiero.
E’ l’inizio del Nazismo; il resto ci è tristemente noto. Doloroso rammentare che a soli 80 chilometri da Weimar si trova quello che rimane del lager di Buchenwald, il campo di concentramento in cui vennero uccise più di 54.000 persone tra il 1937 e il 1943 e in cui morì Mafalda di Savoia.

La fine della democrazia tedesca, con l’avvento del nazionalsocialismo, fa pensare ad una frase di Immanuel Kant: “Die Demokratie ist kein Naturzustand unter den Menschen – sie muβ also gestiftet werden, Tag um Tag.” ( La democrazia non è una condizione naturale tra gli uomini – essa deve essere dunque curata nelle fondamenta giorno per giorno.)

Referendum Costituzionale, c’è chi dice “boh”
Ad un passo dal voto regna ancora il caos

[Pubblicato il 14 ottobre 2016]

Dunque il 4 dicembre si vota al referendum per dire sì o no alla riforma costituzionale che porta la firma della ministra Maria Elena Boschi. Se sia o no una buona riforma, il fatto stesso che il fronte dei costituzionalisti italiani sia irriducibilmente diviso, sembra di per sé una prova che si poteva fare meglio. Anche le perplessità nel fronte dei favorevoli suonano come una conferma a questo ragionevole dubbio (per Massimo Cacciari, senza mezzi termini, è “una puttanata”).
Ulteriore prova è che su una quantità di questioni è possibile dire tutto e il suo contrario. Esempi?
Partiamo dal quesito scritto sulla scheda. Come dicono tanti: tendenzioso. Difficile negarlo. D’altra parte, è altrettanto vero che si tratta del titolo della legge. E allora di chi è la colpa se deputati e senatori che oggi sbraitano sul punto, non hanno posto la questione durante le sei letture del testo complessivamente fatte nei due rami del Parlamento?

Come scrive Massimo Franco (Corsera del 6 ottobre), è parso poi maldestro il tentativo di attribuirne la responsabilità alla Presidenza della Repubblica, quando una nota del Quirinale fa sapere che il quesito è stato “valutato e ammesso dalla Corte di Cassazione”.
Si può andare veloci sulla questione degli imbarazzi che ciascuna delle singolari alleanze prodotte da questa contesa può rilanciare nell’altrui metà campo: da una parte Renzi-Verdini, dall’altra D’Alema-Brunetta-Civati-Salvini …

Non meno controverso è l’impianto della riforma. Difficile dare torto a Marco Travaglio e Silvia Truzzi nel loro libro “Perché no”. Quando la sinistra si mise di traverso alla riforma costituzionale del 2005 dell’allora governo Berlusconi (poi bocciata dal voto popolare), quello che sorprende non è tanto una differenza di posizione fra due riforme oggettivamente diverse (quella cambiava la forma di governo: il presidenzialismo, questa formalmente no), quanto le ragioni che scongiuravano di non compiere quel passo. Ci fu un vero e proprio diluvio di parole, essenzialmente su due fronti.
Il primo: non si cambia la Costituzione, che è di tutti, a colpi di maggioranza, altrimenti ogni maggioranza si riscrive la sua. Il secondo: la Costituzione più bella del mondo non va stravolta (erano 53 gli articoli toccati nel 2005), ma basta modificare pochi e singoli articoli. “Semplicemente perché non ce n’è bisogno”, scriveva l’Unione del centrosinistra nel suo programma del 2006. Qualcuno si spingeva a limitare ulteriormente l’ambito di possibili incisioni, ritenendo sufficienti leggi ordinarie, oppure la sola legge elettorale.

Ora, lasciando stare la riforma del 2001 del titolo quinto, targata centrosinistra (avvenuta coi soli voti di quella maggioranza), effettivamente è difficile trattenere la domanda: cos’è cambiato oggi perché la stessa parte politica arrivi a riscrivere 47 articoli? Per inciso, La Civiltà Cattolica (28 maggio scorso) scrive della modifica di 43 articoli della seconda parte, uno della prima, abrogazione di quattro, cambio di tre leggi costituzionali e introduzione di 21 nuovi commi come disposizioni transitorie, ma non perdiamo il filo.

Altro esempio: c’è chi dice che il nuovo Senato, non più elettivo, anziché essere composto dai consiglieri regionali, oltre ai sindaci e ai senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica (e qui c’è anche l’obiezione: cosa ci fanno nella camera delle autonomie locali?), avrebbe potuto essere formato dagli assessori delle giunte regionali. Così sarebbe stata più chiara l’impronta amministrativa e di governo dei territori, invece di quella politica (i consiglieri espressione dei partiti).
Sul punto hanno replicato il costituzionalista Stefano Ceccanti (Il Mulino 4/2016) e Carlo Fusaro (docente di diritto pubblico comparato, su Aggiornamenti Sociali 6-7/2016), che il modello Bundesrat tedesco non è stato possibile perché il Pd controlla 17 governi regionali su 21 e qualcuno avrebbe certamente puntato il dito sulla furbata politica. C’è poi l’obiezione del “combinato disposto” di riforma costituzionale e nuova legge elettorale (Italicum), vera e propria anticamera verso derive autoritarie. E’ stato il filo conduttore del faccia a faccia tra Gustavo Zagrebelski e il presidente del Consiglio nello studio di Enrico Mentana a La 7.

Si può capire che lo stesso Carlo Fusaro, apertamente schierato per il sì, eccepisca che in Gran Bretagna il premier è il risultato di un sistema maggioritario in collegi uninominali e che non rappresenti mai la maggioranza assoluta degli elettori (La Nuova Ferrara 2 ottobre). E’ storicamente successo che lì abbia vinto le lezioni un partito, nonostante quello sconfitto abbia avuto numericamente più voti. Eppure nessuno si sognerebbe di definire la Gran Bretagna una dittatura.
Diverso è se a smontare la tesi del “combinato disposto” è uno schierato dalla parte del no come il politologo Gianfranco Pasquino: “una eccessivamente temuta deriva autoritaria” (La Nuova Ferrara, stesso giorno). Si potrebbe andare avanti con gli esempi, come sul raffronto fra le nove parole dell’attuale articolo 70 della Costituzione e le 438 usate dal riformatore nel nuovo, ma la musica non cambia: ci sono ragioni da una parte e dall’altra.

Per tentare di capire di più (o per complicarci la vita), è utile spostare l’attenzione dal testo al contesto. Michele Salvati fonda la necessità di rendere le democrazie più veloci su alcuni “passaggi storici epocali” (Il Mulino 4/2016) e quella italiana, secondo lui, avrebbe bisogno di essere più rapida per tenere il passo coi tempi. Più terra terra, ma non meno interessante, il ragionamento di Bruno Manfellotto su L’Espresso (2 ottobre). “E se vince il no?”, si chiede l’ex direttore del settimanale.
Certamente c’è vita, come qualcuno dice, dopo il 4 dicembre in caso di sconfitta del sì.
Anzi, anche in questo caso ci sono costituzionalisti che rivolgono l’appello del no perché poi sarebbe complicato tornare su norme una volta rafforzate dal consenso popolare, ma ce ne sono altri che dicono l’opposto.

La bocciatura referendaria, questa la lettura, rende possibile lo scenario del “Renzi a casa”, peraltro innescato dall’iniziale personalizzazione che lo stesso presidente del Consiglio ha voluto dare alla questione. Lo vuole la destra e lo vuole quella parte della sinistra che ha visto il ritorno in grande stile di Massimo D’Alema, il cui programma del suo Pds nel 1994 prevedeva una riforma tremendamente simile a quella oggi definita una schiforma e a cui il partito della nazione fa lo stesso effetto della croce per Dracula. Ha detto Enrico Mentana che l’uditorio presente al lancio del comitato per il no dell’ex “lider Massimo” più che antirenziano è parso antidiluviano. Un’ipotesi tutt’altro che di scuola quella della fine dell’esecutivo se prevale il no, visto che sulla riforma il governo ci ha messo tutto il suo peso e che, come ha detto Ezio Mauro, è difficile pensare a Renzi disposto a fare l’anatra zoppa.

Qui le ipotesi si accavallano fra un governo di unità nazionale con lo scopo di fare una nuova legge elettorale, visto l’azzardo di andare a votare con l’Italicum per la Camera e il Consultellum (ossia il Porcellum falciato dalla Corte costituzionale) per il Senato rimasto tale e quale, con lo spettro di due maggioranze diverse e in mezzo le grida di M5S e Salvini che darebbero del traditore al presidente della Repubblica nel caso non se la sentisse di mandare tutti alle urne in queste condizioni.
Come se non bastasse, anche l’Italicum è sotto giudizio della Corte, la quale, non a caso, ha detto che deciderà dopo il referendum e in tanti non si aspettano buone notizie. Sarà anche per questo che dopo l’iniziale “va bene così” ora pare riaprirsi il discorso sul piano politico. Nel ritorno in pompa magna di sua maestà l’ignoto, è comprensibile che il capo dello Stato stia reclamando la messa in sicurezza dei conti pubblici (si approvi prima la legge di stabilità), senza contare che nel frattempo c’è una parola sussurrata con sospettosa insistenza: proporzionale.

Si fa strada la tentazione di un ritorno alla legge che, si dice, garantirebbe la più diretta rappresentanza degli elettori. Lo ha detto anche il costituzionalista Massimo Villone in un recente dibattito ferrarese timbrato cinque stelle: il proporzionale ha consentito l’approvazione di leggi italiane di grande contenuto civile. Il professore ha dimenticato di ricordare che è il sistema di voto che ha sorretto anche il pentapartito, dal patto del camper che inaugurò il Caf (Craxi-Andreotti e Forlani) nei primissimi anni ’80, fino alla deflagrazione di tangentopoli nei primi ’90. Un decennio e oltre, fra i cui frutti più velenosi ci ha lasciato in eredità l’everest di un debito pubblico fra i primi al mondo e che nessuno sa come abbattere.

Un sistema rivelatosi esattamente all’opposto della rappresentanza popolare, perché i partiti fecero e disfecero alleanze, maggioranze e governi, prescindendo dalle volontà di voto.
Esteso è quindi il fronte del no, scrive Manfellotto, “ma non ha un leader di riferimento e nemmeno una strategia condivisa e – conclude parafrasando Mao Tse Tung – grande è la confusione sotto il cielo del no”.

In parole povere? Speriamo solo di non perderci tutti

Vediamo di seguire la logica e di non farci prendere dal panico. Se non si vuole avere un Senato zavorra, bisogna votare ‘Sì’. Poi però dobbiamo cuccarci quella nuova subcreatura composta di consiglieri regionali potenziati. Per forza. Non si scappa: questa è la legge ‘causa-effetto’. Allora aspetta, forse è meglio votare ‘No’. E rimarrà tutto così com’è. In ogni caso è del tutto inutile: hanno detto in tv che il problema è la legge elettorale. Il Primo Ministro invece avverte che quella di domenica è la nostra unica occasione per smetterla di pagare così tanto i politici. O meglio, così tanti politici, che è un po’ diverso. Quindi che fare? Panico. Aspetta. Ritorniamo al punto di partenza.

Dunque io voglio abolire il Cnel. Oh, su questo non ci piove. Mi ha sempre dato fastidio il nome Cnel. E questo è risolto. Poi continui a pensare. Da una parte togliamo il potere alle Regioni, dall’altro creiamo una nuova casta di consiglieri intoccabili. Di nuovo il panico di prima. Aspetta. Ritorniamo al punto di partenza.

La verità è che questo è un referendum difficile. Non che votare sia mai stato facile. Tuttavia in questo caso c’è qualcosa in più. La complessità è data non tanto dall’indecisione del cittadino, ma dal labirinto di strade e stradine, vicoletti, rotonde, bivi che sono impliciti nel quesito referendario. Se almeno ci avessero lasciato l’illusione di votare pro o contro il Presidente del Consiglio, pro o contro l’Europa. Questo quesito referendario nasconde un mare di questioni, nessuna visione bianca o nera. Bisognerebbe votare per il “Sì, però…” o per il “No, tuttavia…”. Oppure creare caselle apposite come “Ciononostante dico…”, o altre.

Aggiungici che, presentato come è stato presentato dai nostri politici, l’insidioso sopracitato quesito non sembra neppure una domanda vera e propria, ma un ricatto: “Se non voti così sappi che poi…”. Di poche cose siamo certi, una di queste è che entrambe le strade al bivio sono salti nel vuoto, con la complicazione di una legge elettorale non riformata che è come un coltello puntato alla gola.

Noi di FerraraItalia abbiamo deciso di lasciare ai talk e agli altri giornali tutta la retorica politically correct, le pagine equamente separate, i tempi attentamente cronometrati. Abbiamo chiesto a qualche nostro autore di fare ‘coming out’ allo scopo di svincolare il politicamente corretto e di confrontarci a carte scoperte. Non so se ci siamo riusciti, ma di sicuro potremo aiutare un po’ gli indecisi a formarsi un’idea, cambiare prospettiva, buttarsi.

Non sappiamo chi vincerà, noi speriamo solo di non perderci tutti.

Gli effetti del voto sui mercati finanziari

Continuano le sempre meno velate minacce alla stabilità economica dell’Italia in riferimento all’esito del referendum ma anche, come scrive qualcuno, semplicemente perché la speculazione agisce dove trova terreno fertile per aumentare i guadagni e quindi prescinde dal referendum stesso.

Probabilmente sono vere entrambe le visuali, ma a questo punto sarebbe interessante capire come funziona questa speculazione.

Il punto centrale sono i rendimenti dei BTP, rendimenti condizionati dalla variazione su acquisti o vendite degli stessi che conseguentemente determinano l’interesse. Importante è sapere che:
– i BTP offrono rendimenti a tasso fisso e questo rende possibili le considerazioni che faremo di seguito;
– sulla quota del debito pubblico italiano incidono per circa 1.600 miliardi e quindi è su questa somma che agisce la speculazione.

La speculazione si può fare sia se l’interesse sulle nuove emissioni aumenta sia se questa diminuisce perché in entrambi i casi esiste un mercato secondario sul quale questi titoli possono essere sempre messi in asta. Di conseguenza se il rendimento sui nuovi BTP si abbassa, quelli che ne hanno acquistati ad un tasso di interesse maggiormente remunerativo possono rivenderli complicando la vita a chi ne sta vendendo di nuovi. Se l’interesse proposto sui nuovi è più alto, chi ha acquistato a meno può rivendere abbassando il valore stesso del BTP in suo possesso in modo che per chi compra sia indifferente comprare il nuovo o il vecchio.

Per una spiegazione più approfondita ho trovato questo articolo a cui rimando, perché qui si cerca semplicemente di fare informazione corretta http://www.comeinvestiresoldi.it/bot-e-altri-titoli-di-stato/btp-valore-nominale/ oppure http://www.comeinvestiresoldi.it/bot-e-altri-titoli-di-stato/investire-in-btp/

Il governatore della BCE, Mario Draghi, come si sa sta acquistando Titoli di Stato italiani nella misura di circa 9 miliardi al mese che fanno circa 108 miliardi in un anno con l’operazione denominata Quantitative Easing e che è prevista fino al 2017 ma che sembra possa anche continuare (inizialmente, si precisa, il programma prevedeva una durata di 19 mesi e acquisti per 60 miliardi all’anno e la quota riservata all’Italia in totale era di 167 miliardi. Poi è variata la quantità mensile, portata a 80 miliardi, ed esteso il periodo lasciando incertezza sulla durata finale). Avverte però in questi giorni “pre – referendum”che tali acquisti sono finalizzati all’aumento dell’inflazione e quindi, seppur assicura che nel caso di vittoria del no saranno effettuati acquisti supplementari ciò avverrà solo per qualche settimana. Sarà il MES (ESM) a doversi occupare di eventuali altre e successive necessità.

Cosa vuol dire questo? C’è una bella differenza tra un acquisto effettuato da una Banca Centrale e un acquisto effettuato dal Fondo di aiuti per gli Stati dell’eurozona istituito con il MES.

Primo caso: una Banca Centrale può effettuare tutti gli acquisti di BTP che vuole perché è l’unico Ente che può andare in negativo senza conseguenze (dichiarazioni in tal senso chiarificatrici dello stesso Draghi che potrete trovare qui https://m.youtube.com/watch?v=mA2cK83SeQw ). Una Banca Centrale spende e non deve dar conto a nessuno se non allo Stato da cui dipende (e qui il primo problema: da chi dipende la BCE?). Nel suo “bilancio consolidato” gli acquisti di BTP effettuati sul mercato vengono semplicemente annullati e causano un abbassamento del debito pubblico, e qui spiego. Se io ho un debito con Tizio e a ricevuta di questo debito gli do un foglietto con su scritto “alla scadenza ti ridarò la cifra x”, quando estinguerò il mio debito lui mi ridarà quel foglietto. La mia obbligazione è estinta, prendo il foglietto e lo strappo, non esiste più.
Vedere per questo il bilancio della Gran Bretagna degli ultimi anni che si è ricomprato qualche centinaio di migliaia di sterline del suo debito e di conseguenza lo ha annullato dal suo bilancio (potete scaricare da qui un paper molto interessante sull’argomento www.monetazione.it/DocumentiScaricabiliCobraf/77_PDF.pdf oppure cercare qualche dichiarazione di Claudio Aquilini Borghi o altri, insomma affermazioni documentabili e dimostrabili).
La domanda è: perché il nostro debito continua a salire nonostante gli acquisti della BCE effettuati a mezzo Bankitalia da qualche anno? E perché Draghi ci rimanda al MES? di seguito.

Secondo caso: quando il MES acquista titoli pretende garanzie a supporto e prevede penalità. Della serie, abbiamo una Banca Centrale che può fare quello che dovrebbe fare per istituto ma non qialcuno decide diversamente. Perché? Perché la filosofia dell’euro, dei trattati europei e delle sue istituzione è che noi dobbiamo sempre agire sul mercato libero, tenere fuori gli Stati, ognuno deve fare per se e il debito non deve essere estinto (altrimenti di cosa vivrebbero i mercati?). Ai lettori il giudizio sulle convenienze di questo sistema!

Cerchiamo ora di collegare il tutto di nuovo alla proposta riforma costituzionale e al referendum del prossimo 4 dicembre. Il tutto, nell’ottica di comprendere bene i messaggi che vengono lanciati attraverso TV e giornali dai nostri rappresentanti politici, cioè alla ricerca del messaggio reale dietro le parole.

Per farlo bisognerebbe sempre stare negli spazi o tra le righe, facciamo un esempio semplice andando a pescare una dichiarazione di Renzi: “Il giorno dopo il referendum, se le cose andranno bene, chiederò al Parlamento di mettere il veto sul bilancio europeo se l’Unione non cambia atteggiamento sulla politica sui migranti. Sull’immigrazione bisogna voltare pagina”.

Che bisogno c’è di aspettare l’esito del referendum per fare un’operazione del genere? Se si è ravvisato la scorrettezza del bilancio europeo si contesta a prescindere e in virtù dell’interesse nazionale. Con questo atteggiamento invece il messaggio è chiaramente ai soli fini elettorali e di interessi personali: faccio se votate per me, altrimenti…

E dello stesso tenore il Ministro Gentiloni: “Il referendum domenica in Italia non riguarda soltanto alcuni aggiustamenti del funzionamento delle istituzioni del paese. Le poste in gioco sono molto più elevate e riguardano l’Europa intera. L’approvazione di queste riforme stabilizzerà il nostro paese e accelererà ulteriormente il cammino delle nostre riforme”.

Negli spazi o tra le righe c’è scritto anche qui altro. Che in realtà le nuove regole previste dalla riforma costituzionale non sono importanti per il nostro Paese ma per la sua integrazione nel sistema europeo, comprese le storture che abbiamo visto sopra e compresa la speculazione finanziaria. Quindi la stabilità significa che tutti questi meccanismi saranno ancora più automatici e grazie alle previsioni dei nuovi art. 55 e 70 e 117, grazie ai quali i Trattati Europei salgono a rango Costituzionale, sarà molto più complicato discostarsene.

Interessi dei cittadini e interessi portati avanti dai riformatori sono completamente agli antipodi. Di questo non se ne parla, ovviamente, ma si va avanti per spot e problemi marginali.

Ultima nota sullo spread, che comunica da solo in quanto tale e in forza semplicemente di un numero. In questi giorni sta salendo ed è arrivato a quota 190, ne ho già scritto su queste pagine poco tempo fa per cui non mi ci soffermo più di tanto. Se si eliminasse la speculazione o se semplicemente la si controllasse tramite operazioni di banche centrali che acquistino nella maniera descritta sopra e se a corredo i parlamenti nazionali o addirittura a livello di parlamento europeo (ops: il parlamento europeo non può fare leggi!!!) facessero delle leggi contro la speculazione sugli stati mettendo l’interesse nazionale e dei cittadini davanti agli interessi della finanza. In questo caso: lo spread sarebbe un problema?

Lo spread è un problema e lo sarà fino a quando si vorrà che lo sia così come la speculazione. Semplice. Ora si capisce perché mi piace pensare, e dire, che basta un NO, non per rimanere fermi ma per pretendere un serio cambiamento.