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Da: Valter Zago

“Quando vennero realizzate le porte, il gazebo e gli obelischi che ora vogliamo abbattere, avevo solo undici anni. Ora, io devo guardare avanti e al futuro. Non ho quindi il tempo per voltarmi indietro a ripensare il passato”. Così parlò il novello Zarathustra, Marco Fabbri, rispondendomi tutto piccato, nell’unico incontro pubblico organizzato, presso l’Hotel Logonovo, a proposito della cosiddetta riqualificazione di Viale Carducci. Gli avevo semplicemente chiesto se ad ispirare tale intenzione fosse stato o meno un nuovo studio sul turismo dei sette lidi di Comacchio, ed in particolare del Lido degli Estensi, che ne è il fulcro. Al di là del suo tono profetico ed impermalito, la risposta è stata chiarissima. In generale, la ‘Giunta Zarathustra’ procede alla cieca. Senza il ben che minimo disegno complessivo. E soltanto ispirata alla vaga idea del ‘fare purchessia’ e del ‘costi quel che costi’. Il caso di Viale Carducci è in questo senso esemplare. La sua vera riqualificazione fu pensata agli inizi degli anni novanta, e si ispirò al modello vincente del pedonalizzato Viale Ceccarini di Riccione. E così venne realizzata, grazie ad un finanziamento regionale che copriva ben tre quarti del suo costo complessivo, quantificabile in circa tre miliardi di vecchie lire. Cosa che non era stata fatta per Viale Ceccarini, inoltre, si pensò a come togliere dall’anonimato tale lungo asse stradale, che aveva nei soli Tropicana e Ducale i suoi veri punti d’interesse. Nacque così l’idea dell’installazione di opere d’arte. Ispirandosi, a proposito di ‘rinascite’, al ‘modello Gibellina’. Complice, in tal senso, la presenza a poca distanza della ‘Casa-Museo Remo Brindisi’, che così poteva uscire dal ‘ghetto’, ed il grande successo ottenuto, pochi anni prima, dalla mostra ‘Sculture nell’acqua’ dell’artista ferrarese Maurizio Bonora, lungo il Canal Maggiore di Comacchio. Il compito venne affidato ai compianti Remo Brindidi e Franco Farina. Si poteva fare, ma sarebbe occorso ben più tempo di quello a disposizione. E così venne accolto il suggerimento di Pier Luigi Cervellati di installarvi temporaneamente porte ed obelischi, per attirare lo sguardo sulla via e non sugli edifici che brutalmente la contornano. Da costruire in legno, per dar loro appunto, in attesa prima o poi di ben altro, il carattere di provvisorietà. E senza, dunque, la pretenziosità propria dei monumenti destinati idealmente all’eternità. Fu la successiva contrarietà di alcuni operatori economici del Lido degli Estensi a determinarne la costruzione in cemento. Per non buttare via i soldi – così si diceva – con installazioni di materiale facilmente deperibile. Ora, con la scusa di abbatterle, si vuole fare ben altro. Si vuole tornare essenzialmente ad una banale strada carrabile. Lo hanno ben spiegato, nell’incontro al ‘Logonovo’, i progettisti del ‘nuovo’ Viale Carducci, affermando che dovrà essere adeguato al ‘Codice della strada’, sia per la pavimentazione, sia per la pubblica illuminazione. Come se non bastassero più le larghe deroghe già concesse, in quel viale, alla circolazione degli autoveicoli. Per riqualificarvi il turismo, potrebbero passarci sopra, domani, pure gli autotreni? Meglio allora lasciar perdere, come ben dimostra proprio Viale Ceccarini che, a Riccione, mantiene saldamente il proprio assetto pedonale. Ed utilizzare lo scarso denaro pubblico a disposizione per la vera priorità: una giusta manutenzione ordinaria dei sette lidi. Come a gran voce giustamente rivendicano i numerosissimi proprietari di seconde case ed i tanti imprenditori della nostra costa.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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