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da: ufficio stampa e comunicazione Camilla Ghedini

La possibilità di concedere piccole distese ad attività diverse dai pubblici esercizi è già prevista per legge. Rammarica dunque constatare che i contenuti del nuovo regolamento, anticipati venerdì dall’assessore comunale competente, Roberto Serra, alle associazioni di categoria prima del passaggio in Giunta e in consiglio comunale, abbiano recepito molti limiti nel tentativo di attuare un’operazione di mediazione che rischia di creare più disagi e controversie che benefici. Prendiamo atto che qualcosa si sta muovendo e che un passo in avanti è stato fatto. Come Confartigianato riteniamo però servisse maggior coraggio. O comunque il coraggio di portare fino in fondo la decisione inizialmente presa. Siamo tutti a dire che bisogna animare e rendere attrattivo il centro storico, poi, alla resa dei conti, scatta una competizione che assomiglia a una guerra tra poveri. Dare la possibilità ad attività come panifici o gastronomie di allestire esternamente piccoli spazi in cui, senza un servizio, i clienti possono consumare sfruttando un piano di appoggio, non significa compromettere la ristorazione. Significa ampliare il concetto di ospitalità per turisti e visitatori e dare agli imprenditori la possibilità di effettuare investimenti. La delibera proposta ora da Serra, prevede un massimo di 4 tavoli – di cui fissa le dimensioni – e 16 sedie o in alternativa due panche. Oltre all’installazione di un ombrellone invece che di una tettoia. Di fatto, mette vincoli non previsti dalla legge. Nell’essere stringente, non tiene neppure conto degli spazi reali delle attività in questione. Apre poi la strada a contenziosi, sanzioni, aumenta la burocrazia, la stessa che tutti vorremmo più snella. E per cosa? Per accontentare chi? Noi riteniamo, come abbiamo detto in innumerevoli occasioni, che sia interesse di tutti – Enti e associazioni di categoria – che Ferrara aumenti il proprio appeal. Ed è ora di smetterla con la difesa di piccoli feudi, con le resistenze conservatrici. Una città in cui si può scegliere se pranzare al ristorante o se mangiare un trancio di pizza seduti all’aperto, è una città viva, rispettosa di ogni portafoglio, di ogni età, di ogni vocazione. E’ una città che include e non esclude.

Giuseppe Vancini
Segretario Generale Confartigianato

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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