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Da: Ufficio Stampa Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS

Ci sono i pezzetti fritti di Zi Fenizia, la pasta e ceci e le tagliatelle alla bagna brusca o all’agresto. A seguire, gli aliciotti con l’indivia, le sarde in saor, il baccalà alla livornese e il broccolo ‘mbriaco. Per chiudere, la torta tenerina e le tazzine di nonna Rosina. E dietro ogni piatto c’è una storia, come quella di Zi Fenizia “la friggitora”, che friggeva verdure o pezzetti di carne di scarto in una pentola sulla porta della propria bottega romana, nel ghetto, in modo che l’odore si spargesse per tutto il quartiere e attirasse magari più clienti.

Un menù fuori dall’ordinario, non solo perché abbraccia le tradizioni culinarie di Roma, Ferrara, Venezia, Livorno e Firenze, ma soprattutto perché viene proposto per la prima volta in versione casher in onore dell’assemblea plenaria dell’IHRA – International Holocaust Remembrance Alliance. Succede dal 27 al 29 novembre a Ferrara, dove l’alleanza intergovernativa (coinvolge quarantaquattro Paesi), nata intorno alla memoria della Shoah, si riunisce dopo la plenaria romana dello scorso maggio (il 2018 è l’anno di presidenza italiana dell’IHRA). Senza contare che la “brigata di cucina” è guidata dalla chef Laura Ravaioli, da vent’anni volto ed estro di Gambero Rosso Channel e tra le cuoche più amate del piccolo schermo. Insieme a lei, lo chef Liborio Trotta, docente dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Orio Vergani” di Ferrara, che mette a disposizione le cucine di Palazzo Pendaglia, previa “casherizzazione” da parte del rabbino Tomer Corinaldi. Essendo un mashgiach, ovvero colui che sovrintende e verifica il rispetto delle regole alimentari ebraiche (la casherut), a Rav Corinaldi, con la supervisione di Rav Luciano Meir Caro, Rabbino capo della Comunità ebraica di Ferrara, spetta il delicato compito di certificare che il menù sia rigorosamente casher. In particolare quello del gala dinner: una cena parve, cioè neutra, di pesce, senza latte né carne, eppure davvero prelibata. Ad assistere gli chef nella preparazione, circa cinquecento studenti delle classi terze, quarte e quinte degli indirizzi di accoglienza turistica, ristorazione, sala e vendita del Vergani che, con il supporto di Josef Rustichelli, responsabile del servizio catering casher, possono conoscere da vicino la cultura ebraica italiana dal punto di vista del cibo.

Questa cena completamente casher, che viene servita ai membri dell’IHRA, inaugura un percorso che, in realtà, il MEIS ha intrapreso da tempo. Nel progetto finale del Museo è, infatti, prevista un’area di ristorazione casher, rivolta tanto ai turisti, quanto agli ebrei osservanti. L’area si articolerà in due sezioni: latte e parve, da un lato, e carne in versione street food dall’altro, oltre a spazi per corsi e laboratori di cucina. Ma le prove generali sono già in corso, perché il caffè e gli snack attualmente disponibili al MEIS sono a marchio casher, dunque approvati e certificati, in linea con l’obiettivo di rappresentare un polo dell’ebraismo italiano tout court, compresi i valori e le tradizioni legati all’alimentazione.

E forse anche per questo, tra i piatti che verranno serviti ai delegati IHRA ce n’è uno che proviene da un quaderno di ricette di famiglia di Simonetta Della Seta, Direttore del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah: le tazzine di nonna Rosina, ovvero un dolce con mandorle, arancia candita e un pizzico di cacao.

La seconda plenaria dell’IHRA in Italia si tiene a Ferrara per l’interesse internazionale nei confronti del MEIS. L’evento, quasi tutto a porte chiuse, è gestito dall’Ufficio Permanente dell’IHRA, che ha sede a Berlino, e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con il Comune di Ferrara e con il Museo. Per il concerto del Coro ebraico Ha Kol, uno degli eventi culturali a latere dei lavori, si è mobilitata anche la Comunità ebraica di Ferrara.

L’assemblea porta nel capoluogo estense circa trecento delegati, tra diplomatici, accademici, educatori, direttori di musei della memoria, comunicatori, esperti e rappresentanti delle istituzioni dei trentuno Paesi membri, oltre a due candidati e a undici osservatori, allo scopo di “difendere la verità di ciò che è stato e di ciò che sta accadendo oggi”, come ha dichiarato il Presidente dell’IHRA, l’Ambasciatore Sandro De Bernardin.

La sessione ferrarese vede i delegati lavorare in campo accademico, diplomatico, educativo e museale alle azioni finora adottate, ma anche a nuove deliberazioni, per contrastare il ritorno dell’antisemitismo e del razzismo, e promuovere – soprattutto tra i giovani – il rispetto delle differenze e dei principi sanciti dalla Dichiarazione di Stoccolma sull’Olocausto (2000), cui l’IHRA fa riferimento.

Lunedì 26, in apertura della plenaria, per il gruppo dei direttori dei musei della memoria è in programma una visita al campo di concentramento di Fossoli e al Museo Monumento al Deportato di Carpi.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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