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da: ufficio stampa e comunicazione Cia Ferrara

La Cia – Agricoltori Italiani punta a fermare le trivellazioni e propone di coltivare più terra e di investire sulle energie alternative.

FERRARA – “Perché trivellare l’Italia? Coltiviamola!” è lo slogan scelto dalla Cia-Agricoltori Italiani a sostegno del referendum che, il prossimo 17 aprile, chiamerà i cittadini a scegliere se abrogare o meno la norma – comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006 – che consente, in sostanza, le trivellazioni per l’estrazione di gas e petrolio nella nostre acque territoriali. Anche Cia – Agricoltori Italiani Ferrara aderisce a una mobilitazione che punta a sensibilizzare le persone ad andare a votare scegliendo il “SI” per dire NO alle trivelle che causano danni all’ambiente e non sono una soluzione al problema energetico del nostro paese.
«Trivellare terra e mare per estrarre petrolio – spiega Stefano Calderoni, presidente provinciale di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara – è profondamente sbagliato dal punto di vista ambientale e non rappresenta un’opzione a lungo termine al grande fabbisogno di risorse energetiche del nostro paese. Cosa accadrà quando petrolio e gas naturale saranno esauriti e avremo rovinato irrimediabilmente l’ambiente? Occorre pensare al problema energetico in prospettiva e quella prospettiva è proprio un investimento massiccio nel settore primario. E’ quasi banale dire che agricoltura non è unicamente produzione e allevamento ma salvaguardia della terra e del paesaggio ed anche produzione di energie rinnovabili, dunque infinite e non ad esaurimento come il petrolio. Parliamo – continua Calderoni – di potenziare la produzione energetica derivata da sole, scarti di coltivazioni, legno, assorbimento attivo di Co2 dal suolo e dalla foreste. Forme “green” di produrre energetica che andrebbero fortemente incentivate e rese maggiormente disponibili fino a diventare l’unico modo di fruire energia da parte delle persone. Occorre che le istituzioni si rendano conto che il futuro energetico del nostro paese non può più prescindere dalla sostenibilità ambientale e nemmeno da quell’energia pulita che protegge il benessere e la salute delle persone.
Il punto di svolta per cambiare la tendenza potrebbe davvero essere l’abrogazione della legge che consente di trivellare per estrarre petrolio. Andare a votare non è solo un atto formale ma un modo per dire a chi ci governa che è ora di investire sulle rinnovabili e di impedire concretamente che il nostro territorio subisca danni irreversibili, danni che peraltro gravano anche sulla nostra economia. Perché la trivellazione porta all’oscillazione delle falde acquifere e al conseguente fenomeno della subsidenza, lo sprofondamento del suolo marino e quindi del livello del mare. Un problema idraulico di grandi proporzioni che richiede poi successivi investimenti per riportare l’equilibrio idrogeologico e impedire allagamenti e smottamenti.
Chiediamo, dunque, a tutti i cittadini di informarsi e di iniziare a cambiare la tendenza di sfruttamento delle risorse energetiche del nostro paese andando a votare “SI” il prossimo 17 aprile.»

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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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