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da: organizzatori

Si è conclusa ieri la terza edizione di Officina del Vintage con un bilancio in forte crescita: mille biglietti in più dello scorso anno per un festival entrato ormai nel cuore dei ferraresi e non solo.
Quasi cinquemila presenze tra i visitatori intervenuti alla mostra mercato e quelli che hanno partecipato agli eventi off del Molo e alla grande festa di chiusura presso America Graffiti.
Promosso da Pop Design Store, il festival è stato ideato e diretto da Giorgio Paparo e organizzato in team con Massimiliano De Giovanni (Responsabile Eventi e Comunicazione), Silvia Ungaro (Responsabile Promozione e Segreteria) e Alessia Vezzani (Responsabile Commerciale e Sponsoring).
Una squadra che ha dato vita a una manifestazione unica nel suo genere, capace di coniugare una selezionata proposta commerciale (30 espositori provenienti da tutta Italia) a eventi culturali di forte spessore. E che ha saputo dare voce e spazio anche a importanti associazioni come Amnesty International e Ail (Associazione Italiana contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma).
Officina del Vintage ha riacceso le luci degli Imbarcaderi del Castello Estense, dando nuova vita a questo luogo magico e dimostrando che il monumento simbolo di Ferrara può essere un crocevia nevralgico di mode e tendenze.
Officina del Vintage è inoltre la dimostrazione che un festival di grande richiamo può nascere senza alcun contributo delle istituzioni locali e senza avere nessuno spazio in gratuità.
Ma per rinnovarsi e continuare a crescere non basta il sostegno di sponsor ed espositori, né il piccolo biglietto d’ingresso: serve che la città creda nelle manifestazioni culturali e in un commercio condiviso e diversificato.
Speriamo che ci siano quindi i presupposti per una quarta edizione ancora a Ferrara.
Quest’anno il festival ha saputo coinvolgere ben trenta attività imprenditoriali della città (commercianti, ristoratori, strutture ricettive, liberi professionisti…) promuovendo una “vintage map” per turisti, allestendo postazioni per parrucchieri, truccatori e fotografi, sostenendo la promozione di piccoli e grandi eventi e attività.
Se Officina del Vintage ha superato il gradimento dello scorso anno, il merito è inoltre dei tanti ospiti che si sono susseguiti nel ricco programma, a cominciare da due autentiche star della musica leggera degli anni Ottanta.
Ivan Cattaneo e Alberto Camerini non si sono limitati a raccontare della propria musica, ma hanno restituito ai visitatori una memoria che parte dagli anni Settanta e arriva fino a noi: la storia di una generazione che ha abbracciato la cultura hippie, si è lasciata ispirare e sedurre dal sogno della libertà, che si è ribellata nel punk, che è stata delusa dalla politica, che non si riconosce nel nuovo modello di società che stiamo vivendo.
Tanti sono stati i ricordi di personalità di spicco della cultura italiana, da Nanni Ricordi a Pasolini, da Benigni a De André. Per una volta non abbiamo semplicemente ascoltato due cantanti nel loro repertorio di revival, ma abbiamo sentito le loro parole, le emozioni che ancora provano.
Le stesse che ci ha regalato lo scenografo e costumista Lorenzo Cutùli in un viaggio tra favole e varietà, dall’Orfeo di Monteverdi all’ultimo grande spettacolo di Arturo Brachetti. Perché anche nel teatro di oggi si respira aria “vintage”.
I ringraziamenti sono come sempre doverosi e sentiti: al nostro main sponsor America Graffiti;
a Teste d’Autore, Studio Esse e Studio Blue Fashion per aver riportato i visitatori del festival agli anni Cinquanta e Sessanta;
alla società agricola Pettyrosso, a Renzo Cervi (Presidente ANAG Emilia Romagna) e a Gabriella Rossi (vice-delegato AIS Ferrara);
a Bottega di Utilla e ai designer Alessio Guerra e Mirco Vacchi; al fotografo del festival Giuseppe Ungaro;
a Il Molo per i tanti eventi off;
all’Hotel Carlton che ci ha ospitato per la conferenza stampa e ha accolto i nostri ospiti; a Teatro Off, I Piccoli Tocchi di Teatro e Roberta Pazi per la divertente performance; a Monica Donati, preziosa e insostituibile;
alle istituzioni tutte.
Grazie infine alle testate locali e alle tante redazioni sul web che hanno sostenuto il nostro progetto, dando visibilità e continuità d’informazione.
Con affetto,
Giorgio Paparo Massimiliano De Giovanni, Silvia Ungaro,
Alessia Vezzani
POP DESIGN di Giorgio Paparo
Via de’ Romei 19A, Ferrara
Tel. 0532 186440 – Cell. 347 4812091
www.officinadelvintage.it

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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