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da: Ufficio stampa Gruppo Partito Democratico

Rifiuti. Calvano: “La strana differenziata di Alan Fabbri”
Il Consigliere PD: “Per la Lega la differenziata si fa tra rifiuti delle regioni amiche e quelli delle altre. Per noi vale sempre la solidarietà tra i territori.”
La Lega Nord e Alan Fabbri dicono no ai rifiuti dalla Puglia? Hanno la memoria corta, o forse giustificano e sostengono solo i loro amici che chiedono un aiuto all’Emilia-Romagna?

Mi chiedo questo perché, non più tardi di un anno fa, la Liguria di Toti e del centro-destra ha indirizzato 10.000 tonnellate di rifiuti da smaltire negli impianti emiliani, trovando ovviamente d’accordo gli amici leghisti guidati da Fabbri.

I rifiuti della Puglia cosa hanno di diverso? Sono forse prodotti dall’elettorato sbagliato? Evidentemente per la Lega la differenziata significa dividere i rifiuti tra quelli delle regioni amiche (che vanno benissimo) e quelli delle altre.

In Emilia-Romagna ci siamo dati una regola, che vale sempre, indipendentemente dal colore politico di chi ci chiede aiuto in questo campo: quello della solidarietà tra territori. Non prendiamo rifiuti da fuori regione a meno che non si tratti di emergenze conclamate, limitate nel tempo e per piccole quantità non reiterabili. Come è stato per l’emergenza ligure a luglio 2015 e come è per quella pugliese a luglio 2016.

I nostri impianti di termovalorizzazione non funzionano a pieno regime e le politiche di cui ci siamo dotati continuano a rispondere ad ambiziosi obiettivi di riduzione, riciclo e riuso. Il dato sulla differenziata nella nostra Regione è già superiore al dato europeo ed entro il 2020 lo porteremo al 73%.

È una questione di correttezza e di coerenza: valori che evidentemente mancano alla Lega Nord dell’Emilia-Romagna o che valgono a intermittenza, solo per gli amici. Siamo di fronte a un modo di fare politica al limite del familismo.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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