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da: UDI Ferrara

Diverse scuole di pensiero nel femminismo hanno individuato in quello che oggi abbiamo, da un certo punto in poi, chiamato femminicidio il punto decisivo nelle teorie fondanti sul patriarcato. Comunque nominata, la violenza maschile sulle donne è intesa o sottintesa come mezzo potente di moderazione dei comportamenti femminili. L’individuazione delle differenti espressioni della violenza maschile, nei pensieri femministi supporta e sostiene le teorie sull’antico predominio del patriarcato come forma politica e sociale. Un filo sottile, a volte di un punto dato per scontato, forse perché tutte sappiamo di cosa parliamo, o di cosa non vogliamo parlare per non riconoscerci vittime. Il movimento delle donne, e l’UDI in particolare, ha raccolto il filo e lo ha seguito esplicitando che storia, fatti, intuizioni e teorie postulavano uno svelamento che scopriva il cuore e le fondamenta di una separazione, perché no, programmata tra le donne e le libertà civili. Sulla violenza partiamo da lontano ma in particolare dal 2004 intorno al femminicidio si è aperta una vertenza politica della cui definizione i contorni sono in continua ridefinizione.
I processi di integrazione, o meglio di inglobazione, delle intuizioni più esplosive in fatto di svelamento delle contraddizioni tra sistema politico dato e pensiero femminista, hanno di fatto spuntato e appannato la radicalità e centralità del tema della violenza sessuata anche tra le donne. Il contrasto alla violenza è progressivamente divenuto un tema di violazione generica dei diritti umani o un “tema di pari opportunità”, cioè un tema settoriale aggiunto all’agenda politica, indifferente allo sviluppo delle governo complessivo delle cose.
Mai si è parlato tanto di femminicidio, e mai tanto l’uso della parola si è ritorto contro le donne vittime o no.
La cronaca come sempre rispecchia la cultura del paese, ma la posizione e il peso della realtà nella cronaca sono quelle stabilite dalla politica. Da una parte i fatti e la loro esistenza, dall’altra, semplificando, i titoli dei giornali e le tendenze governative. Nello spazio e nel tempo forse i fatti vincono, ma oggi dobbiamo dire che tra i fatti c’è la riduzione del femminicidio al vecchio e vituperato “uxoricidio”. È una suggestione profondamente voluta da una politica che non vuole occuparsi delle donne: vuole occuparsi della famiglia. Non in quanto a servizi e non in quanto alle famiglie quali sono realmente, ma in quanto al mantenimento delle condizioni che l’hanno resa il luogo più impermeabile al cambiamento, nei secoli.
Parliamo di femminicidio, nell’accezione totale del termine. Parliamo di femminicidio per riconquistare l’autonomia del nostro pensiero che, a questa condizione, può con chiarezza confrontarsi col governo del mondo.

Venerdì
28 Novembre ore 14,00
Saluti e benvenuto dell’UDI di Napoli
VITTORIA TOLA
Presa di coscienza, marasma politico e negazionismo
STEFANIA GUGLIELMI Introduzione e conduzione
Il ventaglio dei problemi culturali-giuridici intorno al femminicidio
Intervengono
ELENA COCCIA
La storia del femminicidio e della violenza nelle leggi Italiane
ELVIRA REALE
La manipolazione del processo attraverso le perizie
MARTA TRICARICO
La legislazione italiana destinata a contrasto e prevenzione della violenza nelle relazioni familiari in ottica di genere
ERMINIA COZZA
Normativa italiana. Superamento del concetto di “pari opportunità” e sviluppo del principio dell’ottica di genere
MILLY VIRGILIO
Anche contro la tua volontà: leggi e pratiche di tutela giudiziarie
ore 17,30
STEFANIA CANTATORE Introduzione e conduzione
Le politiche di governo e il femminicidio: le parallele divergenti ovvero la manipolazione della realtà e di un progetto politico
Intervengono
LUISA BETTI
Il ruolo dei media e della pubblicità – il senso della divulgazione del femminicidio come normalità passionale e follia
NADIA NAPPO
La scomparsa dei corpi
ore 18,30
Adesione ai gruppi di lavoro
– Politica e contrasto – Cultura e media – Le politiche del giuridico legale
Breve concertazione
Nel corso del pomeriggio performance di Paola Polanski Approccioinversi

Sabato
29 Novembre ore 9,30
Lavoro dei gruppi fino all’ora del break
ore 12,00
Restituzione dei gruppi e discussione Conclusioni e saluti
VITTORIA TOLA e STEFANIA CANTATORE

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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