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Sentirsi a casa, una sensazione calorosa che abbraccia ogni cuore e ogni vita. Perché viaggiare non è partire, ma tornare a casa.

“Ho sempre avuto difficoltà a considerare un luogo, una città, una casa come la mia casa. Ma tutti hanno bisogno di sentirsi a casa, no?”

L’incipit di un meraviglioso albo illustrato, Sentirsi a casa, di Davide Calì e Sébastien Mourrain, Kite edizioni, sembra parli proprio a me. Più lo leggo e più mi parla, mai come ora mi ritrovo nelle pagine, nelle parole, nelle immagini. Il piccolo protagonista va pure in bicicletta, proprio come me durante l’infanzia e l’adolescenza della cittadina da cui provengo (che, per chi mi conosce, è Ferrara). Con quasi lo stesso impermeabile giallo.

“Non mi sentivo a casa, però. Tutto era troppo piccolo, troppo stretto, mi sentivo soffocare”.

Tutto sembra stretto, limitato, limitante, senz’aria. Ancora? Gli autori mi leggono nel pensiero??? Esattamente come me il protagonista, in ogni pagina, cammina, attraversa luoghi, cresce e cambia casa. Parte con poche cose, un viaggio di scoperta. Abita in una piccola mansarda, in un quartiere studentesco con una magnifica vista sui tetti: ancora io, nel periodo brussellese e poi parigino.

“Terminati gli studi sono partito per la capitale. Avevo deciso di vivere in un quartiere di artisti. …. Avevo l’impressione che fosse esattamente quello che faceva per me: mi sentivo finalmente a casa”.

E qui un disegno dove si intravvede la scritta “Paris, boulangérie”, con il Panthéon sullo sfondo… Ancora io. Incredibile. Dieci, venti e poi più anni. Il tempo passa.

Sono viaggi dove è essenziale lasciarsi tutto alle spalle, dove si dà un senso ai luoghi da abitare, dove, con le culture degli altri che esplori voracemente, ti senti ovunque a casa.

O forse si viaggia e continuamente si cambia casa perché non ci si sente mai a casa o magari si desidera solo essere in un continuo movimento senza alcun posto da abitare. Gironzolare, assaggiare, provare di tutto senza aver bisogno di una casa?

Finché posti e visi, giorni e notti saranno sempre gli stessi e la vita sembrerà congelata come in una fotografia. Tutto sembra un film, all’inizio, poi la realtà prende il sopravvento.

E poi c’è chi non si sente a casa da nessuna parte e chi si sente a casa ovunque, un po’ come è successo a me. Un po’ di confusione e di incertezza, pochi punti fissi e certi. Se ne ha abbastanza. Le radici prima o poi chiameranno…

Finché finalmente si arriva a un punto o un luogo dove riemergono i ricordi e gli affetti e si conclude così il viaggio non solo fisico ma anche interiore: la continua ricerca della pace.

Perché viaggiare non è mai partire ma è cambiare per poi tornare a casa.

“A volte bisogna girare il mondo, solo per tornare al punto da ci siamo partiti”.

 

Sentirsi a casa, di Davide Calì, Sebastien Mourrain, Kite, 2023, 40 p.

 

Davide Calì

Scrittore di letteratura per ragazzi e fumettista italiano, conosciuto anche con gli pseudonimi di Taro Miyazawa e Daikon, è originario della Svizzera ma è cresciuto in Italia, dove ha intrapreso la carriera di fumettista. Dal 1982 al 2008 ha collaborato con la rivista “Linus” come disegnatore e dal 1998 ha cominciato a pubblicare libri per ragazzi, ottenendo un successo in Francia. I suoi lavori sono stati tradotti in più di 30 lingue e da alcuni sono stati tratti degli adattamenti per il teatro. Curatore di mostre web ed esibizioni, nel 2016 è nominato art director di “Book on a Tree”, un’agenzia letteraria londinese.

Sébastien Mourrain

Lo avevamo già incrociato nell’accattivante e tenero Bigoudì. E ci sera piaciuto. Nasce nel 1976 à Aubervilliers. Conseguita la maturità scientifica, studia disegno a Lione presso l’École Émile Cohl dove si laurea nel 2000. Oggi lavora nell’ambito dell’editoria per l’infanzia, collabora con varie riviste e fa parte del collettivo di artisti Le Bocal.

Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.
Rubrica a cura diSimonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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