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Oliva Denaro: femminile plurale. Lo spettacolo di Ambra Angiolini al Teatro dei Fluttuanti di Argenta

Prima di andare a teatro, non riuscivo ad immaginare come fosse possibile trasformare un libro bellissimo come Oliva Denaro di Viola Ardone in uno spettacolo teatrale, mantenendone la potenza espressiva.

Nel suo libro, Viola Ardone è riuscita nell’opera complicata di raccontare, in modo meraviglioso, una storia difficile utilizzando tutta la sua forza narrativa al “femminile singolare”.

«Donna: nome comune di persona femminile singolare… A me però non suonava bene questa cosa.
Maestra, ma l’esercizio è sbagliato – avevo detto prendendo coraggio […]
– Che cosa vuoi dire, Oliva? Non capisco.

La donna non è mai singolare […] La donna singolare non esiste. Se sta in casa, sta con i figli, se esce va in chiesa o al mercato o ai funerali e anche lì si trova assieme alle altre. E se non ci sono femmine che la guardano, ci deve stare un maschio che l’accompagna. […] Io una donna femminile singolare non l’ho mai vista” avevo proseguito timidamente […]

– Forse hai ragione tu, Oliva. Però la grammatica serve a modificare la vita delle persone.
– E che significa, maestra?
Che dipende da noi, il femminile singolare, anche da te.”

Oliva Denaro (anagramma del nome e cognome della sua autrice) racconta liberamente la storia di Franca Viola che, negli anni sessanta dopo aver subìto violenza, rifiutò il matrimonio riparatore e divenne un simbolo dell’emancipazione femminile.

Grazie al suo coraggio, anche se a distanza di tempo, sarà abrogato l’articolo del codice penale che vedeva il matrimonio come mezzo per estinguere la violenza sessuale e lo stupro verrà riconosciuto come reato “contro la persona” e non più “contro la morale”.

Il libro inizia con una frase, pronunciata dalla madre della protagonista, che aiuta il lettore a contestualizzare il racconto in una famiglia contadina della Sicilia: “La Femmina è come una brocca, chi la rompe se la piglia”.

Con la stessa frase inizia lo spettacolo teatrale di Ambra Angiolini con la regia di Giorgio Gallione e la collaborazione alla sceneggiatura di Viola Ardone.
Poi però l’adattamento teatrale assume una propria fisionomia e, pur mantenendo l’attinenza al libro, si caratterizza per una sintesi coerente ed armoniosa.

Ambra Angiolini interpreta questo monologo intenso e coinvolgente, in modo limpido, incisivo e straordinario. Si muove sul palcoscenico, dentro ad una scenografia essenziale, riempiendo la scena con un ritmo narrativo originale che dimostra tutta la sua bravura.

Grazie alla carica empatica, Ambra diventa il soggetto che interpreta e, nello stesso tempo, diviene ogni donna.

Con la sua stupenda energia, riesce a far sorridere e a far indignare, a scuotere e a provocare, a far riflettere e a commuovere. Lo fa con una carica di emotività contagiosa e trascinante che cattura l’attenzione del pubblico dall’inizio alla fine.

Il suo “NO” finale, gridato a squarciagola in platea di fronte al pubblico, contiene tutta la forza dirompente del dolore, della rabbia e della tenacia di una donna che, andando contro tutti e contro tutto, ha voluto rompere le convenzioni del tempo.

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Il lunghissimo applauso finale ha accompagnato le lacrime che il pubblico e l’attrice hanno versato insieme; lei visibilmente commossa dopo un’interpretazione faticosa ed eccezionale, gli spettatori altrettanto emozionati per il forte coinvolgimento emotivo.

Durante le parole finali di ringraziamento, di saluto e di commento sulla tremenda realtà della violenza sulle donne sembrava che a parlare non fosse solo l’attrice, ma Ambra Angiolini, Viola Ardone, Oliva Denaro, Franca Viola, e con loro tutte le donne e tutti gli uomini che credono fermamente che l’Amore non possa prescindere dal Rispetto.

Cover e foto nel testo di Mauro Presini

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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