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Pubblicato da: Redazione di Diogene 

simbolo del Amazon Labour Union
Il simbolo del Amazon Labour Union

La politica antisindacale di Amazon inizia a subire duri colpi, negli Usa e nel resto del mondo. I lavoratori di Amazon del deposito di Albany, capitale dello Stato di New York, votano i loro rappresentanti sindacali in un’elezione fondamentale nello scontro tra l’azienda e l’Amazon Labour Union indipendente.
Sarà un test che se vedrà la vittoria dei veri sindacalisti darà un enorme impulso all’organizzazione sindacale statunitense su Amazon, ma anche a quella di altri Paesi dove l’azienda regna incontrastata sulla pelle dei lavoratori. con basse paghe e turni massacranti.

L’affermazione precedente del sindacato a Staten Island, lo scorso aprile, si è rivelata una spina nel fianco del gigante dell’e-commerce. La società non è riuscita a ribaltare il voto e ha dovuto affrontare sempre più pressioni provenienti da Washington, tra cui un’indagine sul lavoro da parte dell’Osha (Occupational Safety and Health Administration), il controllo da parte della Ftc (Federal Trade Commission) per i consumatori, e un disegno di legge fiscale rafforzato messo in atto dall’Inflation Reduction Act del presidente Biden.

Amazon ha recentemente provato a riabilitare la sua immagine di datore di lavoro aguzzino annunciando l’intenzione di spendere 1 miliardo di dollari per aumentare la paga per i suoi magazzinieri e gli addetti alle consegne. Ma resta il simbolo nel mondo del dilagare di un’organizzazione padronale arrogante e senza regole a cui rispondere. Le ripercussioni del malcontento, talvolta confinante con lo sdegno per la chiusura alle problematiche operaie di Amazon, non si fermano agli Stati Uniti.

Manifestazione dei lavoratori di Amazon -Albany (USA)

Ieri il sindacato tedesco Verdi ha invitato i lavoratori di nove centri di distribuzione Amazon in tutta la Germania a scioperare questa settimana, durante il secondo grande evento di vendita dell’azienda quest’anno, per cercare di far pressione sugli accordi collettivi di contrattazione.

Nel Regno Unito i sindacati hanno adottato come slogan le parole di un lavoratore Amazon a un giornalista del Guardian: “Voglio solo vivere”. Nel magazzino di Coventry per la prima volta i lavoratori hanno votato per uno sciopero, dopo che gli era stato detto che il loro aumento annuale di stipendio sarebbe stato di 50 pence l’ora, mezza sterlina. “Non voglio la barca di Bezos”, ha spiegato l’operaio, “Ma nemmeno dovrei lavorare 60 ore a settimana solo per pagare le bollette”.

In Francia nel maggio scorso, la maggior parte dei sindacati ha respinto la proposta di stipendio dell’azienda ritenendola insufficiente rispetto all’inflazione.

In Italia il magazzino Amazon di Castel San Giovanni (Piacenza), famoso per lo storico sciopero nel giorno del Black Friday di qualche anno fa, è l’unico in cui è stata eletta una rappresentanza sindacale interna, un anno fa. Però sono stati esclusi dalla trattativa nazionale e hanno diffidato Amazon dal condurre trattative sindacali che possano avere ricadute sullo stabilimento di Castel San Giovanni escludendo le organizzazioni dei lavoratori e i loro delegati. Minacciano uno sciopero.

Il termitaio del magazzino Amazon di Castel San Giovanni

In settembre nell’Unione Europea, dove le autorità di regolamentazione stanno indagando sui problemi di concorrenza scorretta di Amazon legati al suo utilizzo di dati di terze parti, una dozzina di associazioni della società civile e gruppi per i diritti digitali, organizzazioni non governative e sindacati, hanno esortato la Commissione Europea a rifiutare la proposta di Amazon per bloccare l’indagine dell’Antitrust continentale.

Amazon resta forte naturalmente, ma sta crescendo in tutto il mondo l’avversione per la sua condotta odiosa verso i lavoratori e scorretta versa le altre società di e-commerce.

Jeff Bezos, come raccontò nel 2013 un’inchiesta del Washington Post appena venduto al proprietario di Amazon, è un padrone spietato: «Bezos sa essere un grandissimo stronzo», disse una delle prime impiegate di Amazon, Ellen Ratajak, riferendosi principalmente alla “testardaggine irrazionale” del suo ex capo con i suoi dipendenti.
Forse non per molto ancora.

Cover: tratta da Vox –  Stephanie Keith/Getty Images

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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