Pubblicato il 9 Gennaio 2015

L’OPINIONE
La forza e il coraggio di dialogare

forza-coraggio-dialogare

L’OPINIONE
La forza e il coraggio di dialogare

Pubblicato il 9 Gennaio 2015

Tempo di lettura: 4 minuti

Scrivere ancora sulla spaventosa strage di Charlie Hebdo potrebbe essere presunzione: in questi momenti solo il silenzio sarebbe consentito se non fosse che in certe situazioni estreme il foglio bianco, la mancanza di parole potrebbe essere segno di resa. Resa all’odio implacabile che arma la mano dei terroristi. Un commento di Corrado Augias ha portato la discussione su un binario percorribile e condivisibile. Anche gli italiani hanno avuto una stagione del terrore e quel terrore era sprigionato da una (falsa) concezione della sinistra. Solo quando la sinistra si è opposta alla strage ecco che la ragione, l’illuminismo come ora si è soliti dire, ha saputo prendere il sopravvento sulla irrazionalità del fatto, dell’odio come momento di scelta. Ma ci siamo dimenticati che dal nostro Paese è stato esportato nel mondo il metodo e la violenza della mafia? Ci siamo scordati che la discriminazione è stata l’incidenza più violenta di gran parte delle tragedie del Novecento: in America con le stragi degli anni Trenta, con i soprusi contro i neri. E in Europa sorgeva la violenza fascista fino alla tragedia della Shoah o dei campi di concentramento siberiani al tempo di Stalin. E nonostante questo dato storico serpeggia nell’opinione pubblica la convinzione che tutti i mussulmani siano colpevoli, come se in Francia la condizione degli immigrati dell’ex impero francese che ha portato cinque milioni di loro in quel Paese sia spiegabile con un stile di vita e di convinzioni anti illuminista. Siamo allora noi italiani tutti mafiosi? Sono allora tutti i francesi anti-mussulmani? Sono dunque i tedeschi tutti nazisti?. Sono infine tutti i russi stalinisti? Ovviamente no! Ma è la mancanza di razionalità che insorge feroce a condannare sbarchi di clandestini, il concetto stesso di famiglia diverso dal nostro, ma soprattutto le convinzioni religiose. Ha ragione Umberto Eco ad affermare che non i mussulmani sono un pericolo ma l’Isis la forma più odiosa di una rivendicazione di un credo religioso a sostegno di una politica feroce. Non sono d’accordo con un mediocre scrittore e debole pensatore come Houellebecq che viene indicato come l’origine della vendetta terrorista assieme ai disegnatori di Charlie Hebdo per le sue idee ora espresse nel romanzo-saggio “Sottomissione” il quale secondo le recensioni (non ho ancora letto il libro) immagina una sottomissione dell’Occidente al pensiero mussulmano. Ogni giustificazione del fanatismo religioso è di per sé accusa d’intolleranza. Qualcuno mi scrive che il fanatismo cristiano ha prodotto il pensiero più forte dell’Occidente: dalla poesia all’arte, dalla musica alla filosofia, alla scienza. E questo non sarebbe successo nel mondo mussulmano. Ma cosa ne sappiamo noi? E comunque nessuna forma di terrorismo ideologico e pratico può essere giustificato da questa dubitabile consequenzialità. Ciò che si richiede e che dovrebbe guidare il nostro pensiero, specie per chi pratica la cultura come mestiere, non è tanto – o non solo- la com-partecipazione al destino dei caduti di Charlie Hebdo come singoli, come individui, ma il tentativo di evitare nella banalità del giudizio (si ricordi “La banalità del male” di Hannah Arendt) un coinvolgimento generale che ottunde il pensiero e pigramente lo lascia in mano ai luoghi comuni: è un negro, è un meridionale, ora, è un mussulmano. Ricordo lo stupore con cui – era il 1962 – recandomi in Austria per partecipare a un grande convegno su “Industria e letteratura” organizzato dallo scrittore Paolo Volponi e dal filosofo Rosario Assunto, vidi nella stazione di Monaco, alla porta della toilette della stazione, la scritta “Proibito l’accesso ai lavoratori turchi e italiani”. Nel paese austriaco sede estiva dell’Università austriaca, Alpbach, il gestore dell’unico caffè non voleva servire gli italiani per l’odio che ancora nutriva per il nostro popolo dopo le vicende non della seconda, ma della prima guerra mondiale!
Alla fine aiutati da un musicista ungherese che parlava tedesco, allievo di Bèla Bartok e che diverrà tra gli amici più cari della mia vita ci siamo seduti ad un tavolo e abbiamo parlato, oste ed avventori, fino a stringerci la mano e gustare il più buon strudel che abbia mai mangiato.
Non sono racconti moralistici o peggio pietistici ma è il vero, credo, segno dell’opposizione del pensiero illuminista, basato sulla tolleranza verso qualsiasi forma di pensiero diverso dal nostro, all’odio, alla barbarie, alla violenza, all’ottundimento della ragione, a quella fede feroce che Montale cantava nella “Primavera hitleriana”, “Oh la piagata/primavera è pur festa se raggela in morte questa morte”. Così, come penso, è necessario si debba ragionare rispetto a simili mostruosità, quale quella della strage di Charlie Hebdo, attaccandosi alla speranza che Clizia, la donna amata dal poeta Montale, colei che porta in sé il pegno di una sconfitta della fede feroce che “ Forse le sirene, i rintocchi/ che salutano i mostri nella sera/ della loro tregenda, si confondono già/ col suono che slegato dal cielo, scende, vince-/ col respiro di un’alba che domani per tutti/si riaffacci, bianca ma senz’ali/ di raccapriccio, ai greti arsi del sud…”.

Ma tutti insieme.

tag:

Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.
Periscopio

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo,  prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..

Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani,  solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica, ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni” . Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e ci piacerebbe cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.

Periscopio è di proprietà di una S.r.l. con un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratico del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Francesco Monini

[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.

[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it


L'INFORMAZIONE VERTICALE

CONTATTI
Articoli e informazioni a: redazione@periscopionline.it
Lettere e proposte di collaborazione a: direttore@periscopionline.it
Sostenitori e sponsor a:
Periscopio
Testata giornalistica online d'informazione e opinione, registrazione al Tribunale di Ferrara n.30/2013

Seguici: