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Un pezzetto dell’editoria moderna passa da Ferrara. La principale e antica biblioteca cittadina – che è l’Ariostea – dedica una mostra al padre degli editori: Aldo Manuzio. Un legame molto stretto, infatti, quello tra la città estense e l’editore-letterato che si inventa il concetto di stampa popolare in pieno Rinascimento. L’ambizione principale di Manuzio è quella di preservare e diffondere i capolavori della letteratura e della filosofia greca, nonché il grande patrimonio della letteratura latina, rendendoli il più possibile accessibili. Da questa idea di uomo appassionato di cultura nasce, quindi, il progetto editoriale. Manuzio riproduce a stampa opere e basi del sapere classico antico, in modo che si riesca a leggerli con facilità e acquistarli con prezzi meno proibitivi di quelli applicati fino ad allora.

“I preziosi volumi e le carte autografe che si possono vedere – racconta Mirna Bonazza, curatrice dell’esposizione e responsabile del settore manoscritti e libri rari dell’Ariostea – sono di proprietà della biblioteca comunale e sono arrivati qui, nei secoli, perché acquisiti direttamente da quella che era la biblioteca dell’antica università o perché oggetto di lasciti”.

Le edizioni aldine sono le prime che, negli ultimi dieci anni del 1400 e i primi del ’500, vengono realizzate in un formato quasi tascabile e con dei caratteri diversi dal gotico, appuntito e astruso, in uso fino a quel momento. Manuzio punta a far sì che il libro sia maneggevole e quindi piega in tre parti il foglio standard creando le edizioni dette “in ottavo”. Poi vuole che le parole stampate siano simili a quelle con cui si scrive e si legge abitualmente, che assomiglino insomma alla scrittura in corsivo. Perciò coinvolge un incisore tra i più qualificati dell’epoca, Francesco Griffo. Il professionista artigiano è già un affermato disegnatore di caratteri tipografici che dalla città natale di Bologna si è trasferito a Padova e poi a Venezia. Manuzio gli commissiona dei caratteri che si possano leggere con facilità. E Griffo glieli fa, creando le matrici per quelli che ancora oggi sono noti come caratteri aldini. A partire dal 1494 Griffo disegna per Manuzio almeno sei serie di caratteri tondi e quattro serie di caratteri greci, che vengono utilizzati per la stampa. Svariati tipi di quei libri antichi li possiede la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara, che ora li mette in mostra.

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Aldo Manuzio, padre dell’editoria moderna, è protagonista con le sue opere a stampa della mostra alla Biblioteca Ariostea di Ferrara

Vedere questa raccolta è un po’ un pellegrinaggio nel cuore della letteratura classica che la città estense ha coltivato. La tomba dell’Ariosto fa da sfondo alle teche con i primissimi esemplari di libri di Manuzio editore. C’è un “Alphabetum Graecum” stampato nel marzo del 1495 con una prefazione dello stesso Manuzio. Sempre con i caratteri greci, si possono ammirare l’opera del poeta greco Museo Grammatico intitolata “Opuscula de Herone et Leandro” e dedicata alla tragica vicenda degli amanti Ero e Leandro; l’opera di Esiodo “Erga et Himerae”; poi “Ethica ad Nicomachum” di Aristotele. In latino c’è la “Omnia opera” del Poliziano, edita nel 1498. Ma ci sono anche capolavori in volgare e – tra questi – la prima opera scritta nella lingua italiana pubblicata da Manuzio e considerata dagli storici come il libro più pregiato dell’arte tipografica rinascimentale: è la “Hypnerotomachia Poliphili” di Francesco Colonna. La stampa del sogno del combattimento amoroso di Polifilo è datata dicembre 1499, suddivisa in due parti e con il testo arricchito da centosettanta xilografie. Sempre in lingua volgare è l’incunabolo – cioè il volume stampato con la tecnica dei caratteri mobili – delle “Epistole devotissime” di Santa Caterina da Siena, del settembre 1500, con dedica autografa dello stesso Aldo Manuzio. Il prezioso esemplare è arrivato qui dopo una serie di passaggi, che la curatrice racconta. “A comprare l’opera e portarla a Ferrara – spiega Mirna Bonazza – è Celio Calcagnini, umanista, scienziato e diplomatico italiano, al servizio del Ducato di Ferrara, che poi lo dona al convento di San Domenico. Il volume arriva nella biblioteca pubblica in seguito alle soppressioni conventuali della fine del ’700”.

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“Hypmnerotmachia Poliphili”, particolare della stampa del libro in volgare edito da Aldo Manuzio ritenuto tra i più pregiati del Rinascimento

Il legame con la città estense, comunque, non è solo con gli acquirenti di questi libri. Manuzio a Ferrara si è formato, ha studiato alla sua università con Guarino Veronese come professore di greco e la città estense resta un punto di riferimento per tutta la vita. A testimoniarlo un documento particolarmente pregiato: il testamento olografo, scritto da Manuzio stesso a Ferrara nell’agosto 1511. Al notaio cittadino Simone Gillini Manuzio consegna il documento compilato di suo pugno, dove dispone la suddivisione dei beni tra i tre figli, quello che va alla moglie e la gestione dell’azienda. Tra i commissari incaricati di vigilare sul rispetto di queste indicazioni è chiamata in causa niente meno che la duchessa di Ferrara, Lucrezia Borgia. Buona visione e buona lettura.

La mostra “Aldo Manuzio: umanista, tipografo ed editore nelle collezioni antiche della biblioteca comunale Ariostea” è visitabile a ingresso libero tutti i giorni di apertura della Biblioteca comunale: dal lunedì al venerdì ore 9-19, sabato ore 9-13. Fino al 30 aprile in Palazzo Paradiso, via Scienze 17 a Ferrara.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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