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La contessa Maria Lucrezia Cenaroli, detta Malù, cadde dalle scale.
Inciampò nell’ultimo gradino della scalinata che da Villa Canaroli scende al parco privato che costeggia il Lungono. Un parco molto curato, pieno di piante bellissime, alcune molto vecchie e con tronchi rugosi, altre più giovani, piene di vita. Oltre agli alberi nel parco vivevano diverse specie di animali: cerbiatti, tartarughe, cigni, aironi, anatre e oche. C’era anche un laghetto, con tanto di ponticello per le passeggiate primaverili dei conti.
– Aiuto, aiuto – urlò la contessa dal fondo delle scale, afflosciata sull’ultimo gradino come un gelato alla crema.

Serafina, la cameriera personale della contessa, uscì dalla grande porta a vetri che separava la villa dal poggiolo e dalla scala che portava al parco, e si avviò di corsa verso i gradini per scendere più in fretta possibile. Con la divisa nera svolazzante e gli zoccoli di legno che ticchettavano veloci, sembrava un bel corvo pronto a spiccare il volo. Cominciò a scendere a precipizio, saltando i gradini due a due per arrivare in fretta da Malù. Così correndo scivolò sul terzultimo gradino, fece uno strepitoso balzo e atterrò sulla contessa, spiaccicandola definitivamente a terra.
– Aiuto, aiuto – urlò per la seconda volta la contessa.
Indissolubilmente Malù e Serafina si mescolarono con la terra soffice e l’erba selvatica del giardino che iniziava appena finita la scala e là restarono confuse e capovolte.

Uno dei giardinieri vide da lontano un mucchio di terra che si muoveva e si spaventò. Cosa poteva mai essere quel mucchio vicino alle scale? Un animale selvatico? Ma che animale era? Visto da dove si trovava lui, il mucchio sembrava molto grosso e aveva una strana forma. Si muoveva in maniera scomposta, ondeggiando un po’ di qua e un po’ di là. Ma cos’era? Il giardiniere abbandonò gli attrezzi che stava usando per rastrellare le foglie e corse verso il mucchio.

Mentre si avvicinava vide che si trattava di Malù e Serafina e pensò: “Ma come hanno fatto quelle due a cadere a quel modo e a finire una sopra all’altra?”. Così pensando si distrasse dai suoi piedi, scivolò su un tratto dove l’erba era appena stata innaffiata, le sue gambe si alzarono verso l’alto mentre il sedere rimaneva più o meno dov’era e le braccia iniziavano un inutile turbinio.
Spiccò per un attimo un volo imprevisto e poi atterrò direttamente col sedere su Serafina e Malù. – – Aiuto, aiuto – urlò per la terza volta la contessa.

Ma che mai facevano quelle tre persone mescolate al fango e all’erba?. Un grande pasticcio era appena successo. In quel mucchio si vedevano degli zoccoli, una camicia a quadri, una vestaglia nera, del pantaloni di velluto, una gonna di lana, una sottoveste di seta. Mani, braccia, gambe, sei o sette occhi, non si capiva bene. Una gran confusione.

Il maggiordomo e il secondo giardiniere erano nel frattempo usciti sul poggiolo e guardavano la scena esterrefatti. Si vedeva, mescolate all’erba e al fango, un gran mucchio di persone appena giù dalle scale. Erano una sopra all’altra come un grosso sandwich umano multicolore e dalla forma semovente.
Il maggiordomo disse al secondo giardiniere:
– Ma cosa sta succedendo laggiù?
– Non so. Si sono seduti uno sopra all’altro.

Il secondo giardiniere temeva il maggiordomo che era colui che gli pagava lo stipendio tutti i mesi e pensò che doveva trovare una giustificazione plausibile alla scena che stavano vedendo. Disse:
– È passato un deltaplano, tutti stavano con la faccia in su a guardarlo e sono scivolati uno sopra all’altro.
– Sono scivolati?
– Si – continuò il secondo giardiniere – se si cammina guardando per aria e non dove si mettono i piedi, si può finire su un’altra persona senza accorgersene. Quando te ne accorgi è troppo tardi e la travolgi, rischi perfino di toglierle il respiro.

“Ma cosa sta dicendo questo?” pensò il maggiordomo. “Deve avere visto un po’ troppi film alla Tv.
E poi ora perché i malcapitati stanno lì, seduti uno sopra all’altro senza rialzarsi subito?”.
Il maggiordomo era infastidito dalla scena. Era una scena scomposta, niente era al suo posto, l’ordine gerarchico sovvertito, la distanza tra i sessi e tra i ruoli distrutta dal quel mucchio di gente. Più guardava la scena e più sentiva aumentare l’ansia.

C’era qualcosa di rivoluzionario in quel miscuglio. Come era possibile che si fosse confuso l’ordine che regnava indiscusso a villa Canaroli? Come ripristinarlo subito e far sparire le tracce del brutto accadimento mattutino? Forse si poteva chiedere all’associazione dei deltaplanisti di scegliere traiettorie alternative, che escludevano la villa e anche il parco. Perché un uomo volante era passato sopra la testa della contessa Malù, di Serafina e del primo giardiniere causando quell’ammasso riprovevole e scandaloso?

In fondo alle scale c’era un groviglio umano di due donne e un uomo. Si vedeva che era così, anche se l’uomo aveva del fango sui vestiti e le due donne la gonna attorcigliate intorno alle gambe. Una delle due aveva anche la gonna alzata fino al ginocchio e si vedevano le calze. Poi c’erano degli zoccoli. Uno a terra e uno rovesciato sul terzultimo gradino con il tacco verso l’alto. Una situazione inaudita e imbarazzante.

– Ma cosa ci fanno là degli zoccoli? – chiese il maggiordomo al secondo giardiniere, sempre più agitato.
Anche il giardiniere si agitò. Per quale motivo il maggiordomo voleva sapere cosa facessero là gli zoccoli di Serafina? Era chiaro cosa ci facevano là, erano attaccati ai piedi della cameriera prima che cadesse e ora erano finiti a terra. “Devo pensare a una risposta intelligente” pensò.
E poi disse:
Gli zoccoli sono la versione femminile delle pantofole, mentre le femmine usano gli zoccoli, i maschi preferiscono le pantofole.
Le pantofole? Cosa c’entrano adesso le pantofole? Appartengono a un altro ceto sociale, sono tutt’altro! – urlò il maggiordomo.
– Le pantofole c’entrano perché, se di buon pellame, sono morbide, calde e accoglienti e i maschi, che amano le comodità, le preferiscono. – Rispose quell’impertinente del secondo giardiniere.

Il maggiordomo pensò che non aveva mai visto il giardiniere sotto la sua vera luce. Un uomo dalle dubbie doti morali, che usava dei brutti esempi per spiegare gli strani e inspiegabili accadimenti della vita. Lo doveva interrogare meglio.
– Ma non ti sembra una brutta cosa paragonare le pantofole agli zoccoli? Cosa c’entrano?
Il secondo giardiniere capì che c’era qualcosa che non andava nella conversazione e che il maggiordomo era diventato sempre più agitato e nervoso. Cercò allora di rimediare, senza sapere da che parte dirigere il discorso, perché non sapeva cosa l’avesse fatto deragliare. Forse c’era qualcosa di sconveniente nell’attribuire alle femmine la preferenza delle zoccoli e ai maschi quella delle pantofole. Doveva rimediare alla gaffe.
– Io le pantofole le consiglierei a tutti, anzi proprio a tutti! E non ne farei una questione di maschi o femmine! Per quel che mi riguarda i maschi possono benissimo usare gli zoccoli e le femmine possono benissimo usare le pantofole. Anzi possono fare entrambe le cose. Sia i maschi che le femmine possono usare sia gli zoccoli che le pantofole. – disse preoccupato.

Nel cervello del maggiordomo si fece luce l’idea che doveva licenziare quel rivoluzionario irrispettoso e volgare del secondo giardiniere. Decise quindi di interrogarlo meglio.
– Ma tu che sei un giardiniere e che ami i fiori ti sembra una bella cosa che tutti i fiori vengano considerati belli allo stesso modo?
– Certo! – disse il giardiniere… e con quella affermazione firmò il suo licenziamento.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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