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I quadri pieni di gialli, rossi e blu squillanti dominano le sale di Palazzo dei Diamanti, in corso Ercole d’Este 21, e intanto, qualche manciata di numeri civici più in là, va in scena l’anti-Matisse. Nella stessa via rinascimentale di Ferrara, bella e acciottolata, si trova infatti la galleria-abitazione di Maria Livia Brunelli, dove è in mostra il lavoro di Mustafa Sabbagh in contrapposizione con il maestro “fauve” francese. Come ormai consueto la Mlb-home gallery propone un artista assolutamente contemporaneo in abbinamento al protagonista delle grandi mostre di Ferrara Arte.

Nato in Giordania, cresciuto professionalmente a Londra al fianco di Richard Avedon e diventato famoso come fotografo sui set delle griffe più importanti, Sabbagh ha da tempo elaborato una sua personale estetica. Il risultato delle sue riflessioni è nelle fotografie che lo hanno reso famoso, scavando e rivoluzionando quelle immagini stereotipate. La sua arte si contrappone all’ossessione per la bellezza univoca del mondo della moda e alla rigidità dei suoi canoni. Sulle sue stampe fotografiche i corpi vengono esibiti sì, ma nella loro cruda nudità e i tessuti e le stoffe, stringono le carni, le avvolgono e le mascherano, anziché addobbarle e abbellirle.

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La scultura “Nudo seduto” di Matisse a confronto con la stampa fotografica di Mustafa Sabbagh in mostra a Ferrara

Mustafa, che ha fatto di Ferrara la sua città adottiva, spiega: “Dopo anni che lavoravo per riviste di moda, ho voluto cercare la verità fuori dal modello imposto, che è quello di una bellezza che ispira attrazione immediata, ma irraggiungibile, e che quindi crea anche un senso di disagio”. Lui, che è nato e cresciuto in Medio Oriente, osserva che il burka può essere proprio là dove crediamo sia stato strappato via. “Il nudo totale è il burka – dice – un burka moderno, fatto della necessità di essere ricchi, belli, taglia 42”. Il travestimento diventa allora uno strumento per liberare i corpi. Sabbagh racconta: “Ho iniziato a ragionare su questa idea e ho riflettuto sul fatto che oggi una forma di travestimento è il lattice, il reggiseno, la chat, un sito porno. La maschera può diventare uno strumento per liberarsi dalle maschere quotidiane imposte da consumismo, loghi, genere sessuale. La maschera elimina la superficie e può portare all’essenza del genere umano”.

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Il dittico “Lusso con burka” di Mustafa Sabbagh alla Mlb home gallery di Ferrara

Lo stesso tipo di ricerca fatto sulla moda per scardinarne i pilastri, Sabbagh lo applica alle opere di un maestro dell’arte moderna come Henry Matisse. E il risultato è in mostra nella home gallery che si trova all’altro capo della via di Palazzo dei Diamanti, in corso Ercole d’Este 3. Figure e volti completamente coperti di nero su fondo nero o nudi bianchicci su fondo chiaro compongono le installazioni di stampe lambda opache su carta fotografica applicata su alluminio. “Ho tolto il colore che domina le composizioni di Matisse, ho coperto o lasciato nascosti i volti – conclude Mustafa – e poi mi sono accorto che un mio modello aveva la stessa posa di un suo disegno e la modella era distesa come una delle sue sculture”. L’idea di bello, quindi, resta lì, anche quando si cerca di superarla e schiacciarla. E rivela le insospettabili affinità che, un secolo dopo, legano l’artista fauve francese e il fotografo di moda e artista contemporaneo.

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“Icaro” di Matisse in mostra a Palazzo dei Diamanti e un’opera del “Dialogo inventato con Matisse” di Sabbagh

Burka moderni, un dialogo inventato con Matisse. Fino al 4 maggio alla Mlb home gallery di corso Ercole d’Este 3, a Ferrara. Sabato e domenica ore 15-19, gli altri giorni su appuntamento al 346 7953757.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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