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Ferrara Futura: appunti per una Città Biblioteca.

Scrive l’inarrivabile Borges : “Ho sempre immaginato il Paradiso come una specie di biblioteca”. Ma il lettore, che si accinge a proseguire la lettura, non si spaventi. Il paradiso-biblioteca, è una delle idee, delle tante invenzioni del bibliotecario capo della Biblioteca Nazionale Argentina, come quell’altra, la biblioteca infinita che si ottiene cambiando ogni volta una sola sillaba, un solo carattere alla Divina Commedia e a tutti i milioni di libri pubblicati.

Qualcuno si è spinto oltre: “Nella prossima vita voglio essere un libro”. Questo, per non annoiare oltre, può bastare per dire dell’enorme potere emotivo, evocativo ed educativo che può derivare dall’incontro con un libro e con i libri riuniti assieme, una biblioteca, grande o piccola che sia. Per molti, oltre il 60% degli italiani , questo incontro non è ancora avvenuto. Colpa dello Stato, dei governi delle città e colpa nostra, di tutti gli amici del libro che non sono riusciti ad indicargli la strada.

I  futuri della città 

In tanti suoi romanzi degli anni ’50 e ’60 – tanti quanti,  anche 4 in un anno, un oscuro autore di science fiction doveva sfornarne per sopravvivere – Philip K Dick  ci insegna cose importanti, che solo dopo decenni scienza e letteratura comprenderanno  del tutto. Un modo affatto diverso di vedere e vivere il futuro.

Una creazione di P. K. Dick sono i pregog  (i pre-cognitivi, una super razza frutto di una delle mutazioni dell’Homo Sapiens nel Dopobomba. I pregog non sono degli indovini o dei veggenti,  non “predicono il futuro”, ma gettano lo sguardo sui molti futuri che si aprono davanti a noi.  Futuri possibili, più o meno probabili, ma soprattutto “futuri alternati”, in continuo mutamento.  A distanza di un anno, o di un giorno, o solo di un’ora, un futuro molto probabile può diventare improbabile. E viceversa, un futuro improbabile, può ripresentarsi come il futuro principale e largamente favorito.

Parlare del “futuro della città”, quindi anche del futuro di Ferrara, credo debba rispondere a questa intuizione: dobbiamo abbandonare il singolare e adottare il plurale: non esiste un unico e generico futuro, ma una pluralità di futuri “alternati”, più o meno possibili e probabili.

Ferrara ha molti futuri davanti a sé, anche se temo che programmi e slogan elettorali confezionati in vista delle imminenti amministrative non ci diranno molto in proposito. Se non qualche aggettivo molto bello da pronunciare. Ferrara Verde. Ferrara Sicura. Ferrara Smart. Ferrara Accogliente. Ferrara Ciclabile … Tutti d’accordo, ci mancherebbe. Ma cosa significa concretamente? Da dove partire? E con quali materiali, con quali utensili e con quali obiettivi pensiamo di costruire quel futuro di Ferrara in cui ci piacerebbe vivere?

Io, per deformazione passionale, voglio partire dai libri, dalla lettura, dalle biblioteche. Provare a spiegare come un argomento che può sembrare antico (la prima biblioteca censita è vecchia all’incirca 2.600 anni), che può sembrare di nicchia [proprio i libri?!? scusi tanto, ma ci sono temi e problemi un tantino più importanti]

Da dove partire: l’invenzione della collaborazione

Sui libri – sui materiali documentari: su carta o su qualsiasi altro supporto – e sulle biblioteche, non partiamo da zero. Negli ultimi quarant’anni in Italia si è fatto un enorme lavoro in campo bibliotecario e biblioteconomico. Il 18 giugno del 1986 nasce il Servizio Bibliotecario Nazionale Nazionale (SBN).

Un progetto ciclopico, talmente ambizioso da sembrare fantascientifico: catalogare, mettere in rete, e quindi disponibili al pubblico, tutti documenti di tutte le biblioteche italiane. I risultati, sempre in aggiornamento, sono straordinari.

Oggi il Catalogo Unico l’OPAC SBN  conta 6.900 biblioteche in rete, 20 milioni di record, 115 milioni di documenti catalogati, oltre 400 mila utenti al giorno. Ogni cittadino in ogni momento può consultare il catalogo unico in linea, fare una semplice ricerca e accedere al prestito interbibliotecario.

Tutto questo è stato reso possibile grazie ad una scelta precisa che è risultata vincente. Non si è partiti dal vertice, dalla Biblioteca Nazionale, raggiungendo a cascata tutte le altre biblioteche (è quello, ad esempio, che ha fatto la Francia con risultati inferiori all’Italia), ma lavorando in modo orizzontale, puntando cioè sulla collaborazione di migliaia di biblioteche – da quelle dei grandi istituti pubblici e universitari fino a alle piccole biblioteche decentrate e di paese –  raggruppate in più di 100 poli bibliotecari e catalografici.

Il celebre motto di S.R. Ranganathan “Ad ogni lettore il suo libro. Ad ogni libro il suo lettore” , l’accesso universale e gratuito alle fonti della conoscenza e il diritto alla soddisfazione di ogni bisogno informativo si materializza con il Catalogo Unico e grazie alla collaborazione bibliotecaria.

Questo è solo il primo passo, per realizzare a pieno il diritto fondamentale (perché “La conoscenza” è a tutti gli effetti un “Bene Comune”, come l’acqua, la sanità, l’istruzione) non basta il Catalogo Unico.  Come non è pensabile l‘Istruzione senza un luogo fisico che si chiama Scuola, così la Conoscenza, racchiusa (chiusa) in milioni di documenti (cartacei o elettronici) ha bisogno della Biblioteca per raggiungere tutto il suo pubblico.

Quale pubblico? Tutti e ognuno di noi: ognuno ha bisogno, in ogni momento della sua vita, di istruirsi e informarsi su qualche cosa. Ha bisogno della Scuola. E ha bisogno della Biblioteca, perché in biblioteca non sei solo davanti al mare magnum informativo della Rete, ma trovi assistenza, guida e consiglio per recuperare il documento e l’informazione che stai cercando.

Scuole e biblioteche. I dati si riferiscono al 2019, ma possono servire per un piccolo confronto.
Le scuole primarie in Italia sono 11.627 , suddivise tra 2.504 scuole dell’infanzia, 7.435 scuole primarie e 1.688 scuole secondarie di primo grado (è noto però che mancano, sempre promessi,  almeno 2.000 asili nido).
Le biblioteche pubbliche e private, statali e non statali, aperte al pubblico in Italia sono invece 7.425  (escluse quelle scolastiche e universitarie).

Per rendere effettivo il Diritto alla Conoscenza, le biblioteche pubbliche (che non sono poche, almeno in Nord e Centro Italia) dovrebbero raddoppiare di numero, tenuto conto di una loro diffusione capillare sul territorio, dovendo servire un pubblico di bambini, e ragazzi, ma anche di adulti e di anziani. E dovrebbero raggiungerlo là dove le persone vivono: in centro e nelle periferie, nei paesi, nei borghi, nelle frazioni.

Facciamo il caso di Ferrara

Ferrara non è un’isola, quindi parte delle cose che seguono possono valere per tutta Italia. Qualcosa, però, va detto sull’ultima triste stagione delle biblioteche ferraresi e del Servizio di Pubblica Lettura.

Da un decennio assistiamo ad un preoccupante calo di interesse verso il valore sociale e culturale delle biblioteche: blocco dei concorsi e delle assunzioni, calo degli addetti comunali al servizio, riduzione dei fondi destinati all’acquisto librario, ricorso alla esternalizzazione della gestione delle biblioteche.

Negli ultimi 4 anni, con l’avvento della attuale Amministrazione di Destra, il disinteresse diventa abbandono. Sull’onda del periodo di chiusura e di semi-apertura dovuto alla pandemia, la riduzione dell’orario di apertura delle biblioteche diventa permanente (e indecente, almeno nel caso della Biblioteca Ragazzi Niccolini), continua il calo degli addetti comunali e il ricorso alle esternalizzazioni.

Chiusa sine die la videoteca comunale Vigor. Abbandonato il progetto di realizzare una nuova grande biblioteca nella Zona Sud (i locali vengono destinati a raddoppiare la sede del Comando dei vigili urbani). Pochi fondi per l’acquisto delle novità librarie: siamo ormai a meno di 1 euro per abitante (quando lo standard minimo sarebbe di 2 euro per abitante). Poco, anzi niente, per le iniziative e piccole attività culturali in biblioteca. Di conseguenza, prestiti e transazioni informative in biblioteche sono andati a picco.

In alto mare – anzi, la nave non è mai salpata – una importante proposta di Ranieri Varese, realizzare un’unica Grande Biblioteca di Storia dell’Arte, anche se fisicamente collocata in più sedi: statali, municipali, universitarie e private. Come? Con un po’ di soldi, neanche tanti, per catalogare alcuni preziosi fondi storici. Ma la condizione necessaria e sufficiente è la volontà politica e la concreta disponibilità di tutti gli enti proprietari. Ancora una volta, il nodo è la collaborazione, una pratica che a Ferrara fa una gran fatica a varcare Porta Paola.

Riuscirà il nuovo governo che si insedierà a Ferrara a posare finalmente gli occhi sulle sue tante biblioteche e far ripartire lo sviluppo e la qualificazione del sistema nel suo complesso e del servizio per i cittadini utenti? Possiamo solo augurarcelo. Anche se, cercherò di accennarne nell’ultima parte di questo articolo, per giungere alla Città Biblioteca occorre fare molti altri passi.

Per una Città  Biblioteca

Come potrebbe essere una Città Biblioteca?  Quelli che seguono sono appunti sull’avvenire.  Per questo, torno a Borges e al suo paradiso. Alla biblioteca infinita e ubiqua. O a quello che, per scherzo ma con convinzione,  ripeto sempre: “Vorrei che le biblioteche rimanessero aperte anche di notte, come le cattedrali nel medioevo”. La fantasia (Rodari docet) è generativa, ci aiuta a immaginare, e le cose non immaginate non diventeranno mai una realtà, nemmeno in una piccola parte. Ecco quindi un elenco “fantastico”.

  • La biblioteca (le biblioteche pubbliche) possono e devono diventare il primo riferimento informativo per il cittadino. In quel luogo (in quei luoghi) non troverà solo libri e  documenti da consultare e da prendere a prestito, ma tutte le informazioni di base che gli possono servire: sugli orari degli uffici degli sportelli specializzati, sull’orario delle corriere e degli autobus, sulle cose che accadono nel quartiere e nella città.
  • Troverà un luogo accogliente, dove sedersi e dove prendere un caffè o una bibita alla macchinetta. Troverà una sala (grande o piccola) da prenotare per una riunione o assistere a una iniziativa culturale, una mostra di vecchie fotografie, una lettura a voce alta, un laboratorio creativo per bambini e per adulti. Troverà, almeno in alcuni orari, uno che ne sa più di lui, un bibliotecario mediatore, che lo aiuterà a trovare quello che sta cercando.
  • Le Biblioteche pubbliche, grandi e piccole, dovranno essere ubique, formare cioè una fitta trama urbana, in tutti i quartieri e tutte le frazioni. Quante allora? Se penso a Ferrara, un Comune di poco più di 130.000 abitanti, mi verrebbe da dire: non meno di 30. Come le scuole, come le le parrocchie, un po’ meno dei bar. [Sto sparando troppo in alto? Devo ricordarvi che la mia è solo una fantasia].
  • Ma se le biblioteche pubbliche non sono solo (come pensano i tanti che non ci sono mai entrati) “un posto pieno di libri”, ma spazi protetti dedicati e deputati alla socialità, all’incontro, allo scambio non economico tra le persone, non sarebbe giusto che ogni cittadino di qualsiasi età avesse una biblioteca pubblica a pochi passi da casa? Non sarebbe un suo diritto?
  • Le biblioteche pubbliche, come le scuole del resto, dovrebbero essere aperte molto più di adesso. E almeno alcune: anche al sabato, anche alla domenica, anche alla sera. 
  • Le biblioteche pubbliche devono essere in carico alla Amministrazione Comunale ed avere, ognuna di loro, almeno un dipendente bibliotecario e documentalista adeguatamente formato. La responsabilità dell’apertura e delle attività della biblioteca verrebbe però condivisa con un’associazione di privati cittadini.
  • A Ferrara c’è una magnifica esperienza di biblioteca completamente autogestita, la Biblioteca Popolare Giardino, sotto il Grattacielo, che dimostra come tutto questo sia possibile e replicabile in tutti gli ambiti urbani.
  • In biblioteca vorrei che si potessero prenotare, comprare e ritirare libri, audio, video e altri documenti, attraverso una piattaforma apposita collegata alle librerie cittadine. Lo sconto del 10% praticato sul prezzo di copertina verrebbe “girato” alla biblioteca per finanziare piccole attività culturali.
  • Un furgoncino Interlibro girerà per la città per consentire il Prestito Interbibliotecario e il rientro dei documenti nella sede originaria. Se le biblioteche saranno tante, quel furgoncino pubblico dovrà girare da mane a sera, senza sosta, ma sarà una gioia vederlo passare tra i cento corrieri al servizio della multinazionale esentasse Amazon.

Ho finito. Oppure no, non proprio, ma rimando le idee più pazze per una prossima puntata. Per ora, arrivederci. Ci vediamo in biblioteca.

Per leggere gli articoli di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’autore

Periscopio: un quotidiano senza padrini e senza padroni

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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