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“Gli ex fascistoni di Ferrara”, una poesia di Giorgio Bassani del 1974, e gli ex fascistoni nell’Italia e nella Ferrara di oggi

Giorgio Bassani, la sua arte, non è mai abbastanza celebrato.  Il suo “Giardino” è arrivato perfino nelle scuole. Non “Gli occhiali d’oro” ovviamente, e poco o niente delle sue poesie. Si parla di lui come di un classico della letteratura italiana del secondo Novecento, molto meno del suo impegno civile e della sua ininterrotta militanza antifascista, da quando insegnava nella ‘scuola parallela’ della Sinagoga Spagnola di Ferrara fino agli ultimi anni della sua vita. La poesia che presentiamo su Periscopio – dura, ironica, molto politica – è poco conosciuta dal grande pubblico.

L’ho scelta perché mi piace molto. Perché ci racconta una faccia di Bassani rimasta un po’ in ombra. Per il suo taglio schiettamente autobiografico. E perché Bassani riferisce un’esperienza che abbiamo fatto in tanti. In fondo, è la vecchia favola del lupo che perde il pelo ma non il vizio, una parabola che vale in special modo per i fascisti di ieri ed ex fascisti di oggi.  Sono diventati grandi, hanno cambiato partito e mestiere, hanno mutato modi e guardaroba, insomma, si sono dati una bella ripulita, ma se li guardi bene, se distilli qualche frase che ogni tanto gli scappa di bocca, li riconosci benissimo. Non c’è niente da fare, al cuor non si comanda e: da fascisti non ci si dimette mai.

Vale per chi ci governa come per chi presiede il Senato della Repubblica. Ma vale, anche oggi, per la meravigliosa città di Giorgio Bassani  Chi ha abbastanza anni e un poco di memoria, ricorda uno splendido e fatiscente palazzo cinquecentesco in fondo a via Brasavola, vicino alle rovine di Sant’Andrea e alla scuola Dante.  Ora è stato ristrutturato (un po’ male per la verità) ma negli anni Settanta del XX secolo entravi in un oscuro androne, facevi una rampa di scale, lì c’era il covo dei nuovi fascisti, la sede del Fronte della Gioventù e una fiorente scuola di arti marziali.

Da lì uscivano alcuni giovani intraprendenti e dediti a menar le mani. Tre soprattutto, tristemente famosi, amici inseparabili. Dei 3 picchiatori (anche io le ho prese da uno di loro in occasione di un processo per stupro, celebrato nel vecchio tribunale di via Garibaldi), dicevo… i tre compari hanno preso strade diverse, hanno anche litigato tra loro, uno è morto, un altro è diventato un politico importante. Sono cambiati. Sono invecchiati. Se però li guardi negli occhi, se fai attenzione ai gesti, a come muovono le mani, al tono della voce, alla vecchia prepotenza che vorrebbero nascondere ma che torna sempre fuori, li riconosci benissimo. Sono sempre loro, gli ex fascistoni di Ferrara.

Gli ex fascistoni di Ferrara

Gli ex fascistoni di Ferrarainvecchianoalcunidi quelli che nel ’39mostravano di non più ravvisarmitraversano mi buttanocome a Geo le braccia al collogaffeurs incontenibilisospirano eh voipropongonodopo la dolorosapacca sulla spalla mancinal’agape casalingache al fine consenta alla monumentale mummy cattolicad’estrazione bolognese o rovigottaai brucanti in tinello strabionditeen-agers incontaminatidi incontrarlo una buona voltail già compagno di scuola talmentebravoil bravoromanziereil presidente…Hanno l’aria di insinuarenel mentre dài piantalanon lo vedi che sei tu quoquemezzo morto?E poi scusa – continuanouguali identici ormaiall’ingegner MarcelloRiminial rabbino dottor Viterbo –in che altro modo senza dinoiavresti potuto metterle insiemele tue balle con relativoappoggio di grana eccetera? Dopo tuttocazzopotresti ben cominciarea considerarci anche noi quasi dei mezzi…Coraziali? Voi quoque? Dei quasimezzi cugini? No pianoCome cazzo sifa?Primacarimoriamo.(Giorgio Bassani, Roma, 1973)

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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