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Un tovagliolo stropicciato sul bordo della tavola, un boccone di pane spezzato, il succo rosso di una bevanda rimasto nel fondo di un bicchiere. La tavola imbandita della “Colazione in giardino” di Giuseppe De Nittis ha dentro qualcosa che incrina l’equilibrio ordinato ottocentesco e fa vacillare con garbo il canone della descrizione celebrativa. Il quadro, che fa da copertina alla mostra “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo” appena inaugurata a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, contiene infatti quella dose di scompiglio esemplificativa della carica di rinnovamento portata in Francia dal pittore italiano.

“Colazione in giardino” di Giuseppe De Nittis – olio su tela, 1883

Ai dettagli di piccolo caos quotidiano che esce dai canoni tradizionali si aggiunge la posa del ragazzino che piega la testa verso terra, alla sua destra, contrastando con l’atteggiamento composto ma comunque disinvolto della giovane donna: anche la mossa imprevista va a interrompere la staticità studiata che di norma sarebbe richiesta per la posa davanti al ritrattista di famiglia. Il movimento fa pensare che uno dei personaggi ritratti abbia trasgredito alla necessaria immobilità nell’attimo in cui il fotografo premeva sul pulsante dello scatto. La tela, però, è quella di un quadro dipinto, non una stampa fotografica. Ed è in questi particolari che sta la “rivoluzione dello sguardo” del titolo dell’esposizione, allestita ancora una volta con una capacità sottile di studio e accuratezza non convenzionale dalle curatrici di FerraraArte, che aprono al grande pubblico nuovi scorci della storia dell’arte, mostrando artisti e opere in un contesto che dà informazioni inedite.

“Tra le spighe di grano” di Giuseppe De Nittis, 1873
“Donna col parasole” di Claude Monet, 1886

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In questo caso il visitatore che esce da Palazzo dei Diamanti si arricchisce con la conoscenza di un pittore che – spiega la curatrice Barbara Guidi – “alla sua epoca era ricco e famoso e poi in qualche modo è stato accantonato e dimenticato, perché nel frattempo è arrivata la carica dirompente dell’Impressionismo, che non ha spezzato solo i canoni di quanto viene rappresentato, ma anche il modo e la tecnica di rappresentazione”, smembrando bordi e confini per affidare ad aloni luminosi e sfuocati l’impressione di un insieme che perde la definizione dei tratti. Ecco: una rivoluzione più grande e che, in quel momento, fa piuttosto scandalo finendo per far cadere nel dimenticatoio uno dei protagonisti della storia dell’arte di quell’epoca. Innovatore più moderato è De Nittis, che ora viene riportato sotto i riflettori per raccontarci cosa è successo alla pittura, per mostrare il contributo innovativo di un artista finito all’ombra dei suoi coetanei più estremi, che forse – però – qualche debito con lui ce l’hanno. L’arte comincia ad affacciarsi alla modernità grazie anche al pittore originario di Barletta. Perché De Nittis scardina per primo le regole accademiche della pittura che dominavano fino all’Ottocento. “Non dimentichiamoci – fa notare ancora Barbara Guidi – che la Francia è sempre stato un Paese aperto sì, ma molto nazionalista; e per un italiano diventa più difficile competere con la memoria dei colleghi francesi che sono venuti dopo di lui. Ma tra De Nittis e gli impressionisti ci sono molto analogie, il clima che respirano è lo stesso, con diversi di loro diventa amico e i temi in molti quadri sono identici, solo che lui mantiene una maggiore leggibilità nei tratti, un dettaglio quasi fotografico che loro invece dissolvono”.

“Cantiere” di Giuseppe De Nittis, pastello su tela 1880-83

La fotografia è uno dei riferimenti imprescindibili come chiave di lettura della mostra. Il pittore stesso usa la macchina fotografica (anche se il materiale è stato disperso) e soprattutto è influenzato da questa nuova tecnica e dalla modalità di percepire la realtà che questa gli fornisce.
A dimostrare questo, in una sala è esposto un piccolo paesaggio parigino in bianco e nero che ritrae il quadro di De Nittis intitolato “Place de la Concorde” e che è importante perché la stessa inquadratura denittisiana viene poi ripresa dentro a uno dei bei filmati storici dei fratelli Lumière, proiettati all’interno della mostra ferrarese.

Riproduzione in fotoincisione dell’opera di De Nittis “Place de la Concorde”, 1883

“Quella fotoincisione in bianco e nero – dice la Guidi – è la riproduzione di un quadro di De Nittis del 1883, di cui si sono perse le tracce. De Nittis era così famoso che i Lumière sono voluti ripartire proprio dai suoi quadri, quando una quindicina di anni dopo decidono di fare riprese cinematografiche della città. Così filmano la vita che scorre in place de la Concorde dalla sua stessa angolazione. De Nittis è uno dei punti di riferimento per i Lumière, uno dei fratelli è pittore lui stesso e, comunque, la loro è una cultura è prettamente pittorica”.

Riprese realizzate dai fratelli Lumière prendendo spunto dalle inquadrature dei quadri di De Nittis (foto Giorgia Mazzotti)

“De Nittis – prosegue la Guidi – ha uno stile pre-cinematografico, ha quella capacità propria del fotogramma di fermare la vita e la realtà che passano davanti ai suoi occhi”.

Ritratto di donne dal finestrino di una carrozza di De Nittis

Non a caso in una delle sale della mostra viene dato spazio proprio alle opere dove lui applica la tecnica di ripresa dal vivo del mondo esterno, attraverso l’apertura del finestrino della sua carrozza, quasi uno street-fotografo ante litteram, in un’epoca dove la fotografia si affacciava ancora alla sua fase pionieristica. In questa direzione vanno le tele che rappresentano scorci di città che sono anti-cartoline e che anticipano un’idea documentaria, se non addirittura di avanguardia contemporanea. È il caso delle opere dedicate a siti industriali, con i fumi che escono da una centrale e i capannoni, a partire dal pastello su tela intitolato “Cantiere” (1880-83) che ritrae i fumi di una centrale elettrica, ma anche all’olio coi “Capannoni di una stazione ferroviaria” (1877). Senza dimenticare il quadro che riprende il palazzo avvolto dalle impalcature con i manifesti pubblicitari attaccati alla base: “La place des Pyramides” del 1875. Dire che anticipa l’arte contemporanea di Christo è forse un po’ ardito, anche se quel palazzo imballato fa ricordare i monumenti, i ponti e gli edifici fatti impacchettare dalla coppia di artisti della ‘land art’ contemporanea.

“La place desPyramides” di Giuseppe De Nittis, olio su tela, 1875
“Reichstag impacchettato” di Christo e Jeanne Claude, Berlino 1995

In quest’ottica è perfetto il rimando contenuto nella mostra di sculture in ceramica, esposte alla home gallery di Maria Livia Brunelli, che fa rimbalzare ad oggi gli oggetti al centro delle opere d’arte ottocentesche. Alla Mlb gallery – sulla stessa strada di corso Ercole d’Este, ma al civico 3 anziché al 21 dove è Palazzo dei Diamanti – è allestita l’esposizione “Bertozzi & Casoni. Frammenti di quotidianità” con quelle tazze da tè in porcellana e quelle posate d’argento che sembrano uscite dalla tavola della colazione di De Nittis con un’estremizzazione tutta contemporanea del concetto di disordine e caos.

Tavola con i “Frammenti di quotidianità” di Bertozzi & Casoni alla Mlb gallery di Ferrara (foto GioM)

Ecco allora le tazzine che si accatastano una sull’altra colme di resti di cioccolato e caffè, dentro ai quali galleggiano pillole con intorno bucce di mandarini, banconote accartocciate, cicche di sigarette e ogni genere di residuo dei nostri invadenti consumi. Nature morte che si trasformano in composizioni impudiche ma attraenti, con quel gusto per la decadenza e per gli accumuli che rimanda a certe nature morte seicentesche dove la presenza del teschio ricordava la vanità della vita materiale, ma che rimanda anche agli accumuli trasformati in scultura che tornano nelle opere d’arte contemporanea.

Particolare di “Colazione” di De Nittis, 1883
Compressione di lattine di César, 1991
“Frammento con yogurt” di Bertozzi&Casoni, 2019

[cliccare sulle immagini per ingrandirle e guardarle una per una]

“De Nittis e la rivoluzione dello sguardo”, Palazzo dei Diamanti, corso Ercole I d’Este 21, Ferrara – Aperta dal 1 dicembre 2019 al 13 aprile 2020, tutti i giorni ore 9-19, sito web www.palazzodiamanti.it. Ingresso a pagamento.

“Bertozzi & Casoni. Frammenti di quotidianità”, Mlb Home gallery, corso Ercole I d’Este 3, Ferrara – Aperta dal 30 novembre 2019 al 13 aprile 2020, sabato ore 15-19 e in altri giorni su appuntamento al cell. 346 795 3757 o email mlb@mlbgallery.com, sito web www.mlbgallery.com. Ingresso libero.

Per il calendario delle conferenze e appuntamenti di visita alla mostra in corso a Palazzo dei Diamanti si può consultare anche la pagina del quotidiano online Cronacacomune del Comune di Ferrara al link www.cronacacomune.it/notizie/37834/mostra-de-nittis.html

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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