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Giorno: 19 Gennaio 2022

TERNA, NEL 2021 IN EMILIA ROMAGNA AUTORIZZATI 4 INTERVENTI DI SVILUPPO RETE PER OLTRE 116 MILIONI DI INVESTIMENTI

Roma, 19 gennaio 2022 – Sono 4, per un valore complessivo di oltre 116 milioni di euro di investimenti, i nuovi interventi di Terna per lo sviluppo della rete elettrica autorizzati nel corso del 2021 dal Ministero della Transizione Ecologica in Emilia-Romagna. La regione è la seconda, dopo la Sicilia, per valore di opere approvate e per le quali nei prossimi mesi sarà possibile aprire i cantieri.
Di questi, il più importante riguarda il riassetto della rete elettrica di Bologna che prevede, a fronte della realizzazione di circa 20 km di elettrodotto in cavo interrato, la demolizione di circa 31 km di vecchie linee aeree, permettendo così di restituire circa 100 ettari di territorio liberato da infrastrutture elettriche. Altro riassetto sarà quello della rete elettrica di Rimini-Riccione che consentirà la demolizione di 41 km di vecchie linee aeree e la dismissione di 171 tralicci, restituendo oltre 130 ettari di territorio.
Le altre opere prevedono l’interramento di elettrodotti nella zona bolognese Bertalia- Lazzaretto e l’allacciamento dell’elettrodotto Rovigo- Ferrara alla stazione elettrica e alla cabina primaria “Canaro”, in provincia di Rovigo.
Gli investimenti in regione costituiscono quasi il 12 per cento dell’oltre miliardo di euro stanziato per i 37 nuovi interventi di sviluppo autorizzati in Italia.
A livello nazionale si tratta di un risultato mai raggiunto nella storia di Terna, che conferma il proprio ruolo chiave di regista e abilitatore della transizione energetica verso il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei sul clima. Il dato del 2021, conseguito grazie alla costante collaborazione e condivisione fra la società guidata da Stefano Donnarumma e le strutture del MITE, ha visto una forte accelerazione degli investimenti che sono quasi quadruplicati rispetto al 2020, anno in cui gli interventi autorizzati furono 23 per un valore complessivo di 266 milioni di euro. 
Gli investimenti di Terna, oltre a generare un impatto positivo sull’efficienza e sulla resilienza della rete elettrica nazionale e a favorire lo sviluppo e la diffusione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, rappresentano un motore fondamentale per la crescita del sistema Paese: ogni miliardo investito in infrastrutture ne genera fra due e tre in termini di Pil, contribuendo anche alla creazione di centinaia di posti di lavoro. Nella fattispecie, in Emilia-Romagna l’apertura dei cantieri delle opere autorizzate nel 2021 permetterà, infatti, di coinvolgere circa 72 imprese – oltre il 34 % delle 207 interessate in tutta la Penisola – e più di 200 tra operai e tecnici specializzati, che costituiscono oltre il 20% di quelli che opereranno sul territorio nazionale.
Nella regione la realizzazione di tutti gli interventi porterà inoltre alla demolizione di 96 km di linee aeree e alla rimozione complessiva di 180 tralicci, attività che consentiranno di restituire ai territori e alle comunità locali oltre 140 ettari di terreno.

SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE: APERTE LE ISCRIZIONI IN EMILIA-ROMAGNA PER DIVENTARE VOLONTARI DELLA LEGA DEL FILO D’ORO

SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE: APERTE LE ISCRIZIONI IN EMILIA-ROMAGNA PER DIVENTARE VOLONTARI DELLA LEGA DEL FILO D’ORO

La Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus apre in Emilia-Romagna le iscrizioni all’edizione 2022 del Servizio Civile Universale per inserire 4 volontari in 2 importanti progetti volti a vivere un’esperienza di solidarietà accanto alle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali e aiutarle ad uscire dal loro isolamento. C’è tempo fino alle ore 14:00 del 26 gennaio 2022 per inviare la propria candidatura sul sito https://domandaonline.serviziocivile.it
Osimo, 19 gennaio 2022 – La Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus aderisce all’edizione 2022 del Servizio Civile Universale e lo fa con 2 nuovi progetti che hanno l’obiettivo di far vivere un’esperienza di solidarietà accanto alle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
In Emilia-Romagna l’Ente ricerca complessivamente 4 volontari: 2 da inserire presso il Centro Socio Riabilitativo Residenziale di Modena a supporto del progetto “Insieme oltre il buio e il silenzio” e 2 presso il Servizio Territoriale annesso al Centro, a supporto del progetto “Noi nel mondo”. Un’esperienza importante, che permetterà ai ragazzi e alle ragazze che ne prenderanno parte di dedicare un anno alla propria formazione e alle comunità in cui vivono, supportando gli operatori della Fondazione nelle attività educative, occupazionali, socio-ricreative e di vita quotidiana rivolte alle persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale. Anche quest’anno la Lega del Filo d’Oro ha presentato i propri progetti in partnership con la Fondazione Don Carlo Gnocchi e la Fondazione Sacra Famiglia, che rientrano nel programma “2+2=5 il valore aggiunto sei tu!” costituito da 21 progetti, per un totale di 392 posti disponibili, tutti approvati e finanziati dal Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale.
In particolare, i due progetti presentati dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus sono “Insieme oltre il buio e il silenzio” e ‘Noi nel mondo’ che, a Modena, consentiranno a 4 giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni compiuti di entrare nel mondo della Fondazione, mettendo a frutto la propria energia e la propria voglia di fare per sostenere chi non vede e non sente. “L’esperienza del Servizio Civile presso la Lega del Filo d’Oro rappresenta un’importante opportunità formativa che permetterà, a chi sceglierà di farne parte, di crescere umanamente e acquisire nuove competenze – dichiara Rossano Bartoli, Presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus – I giovani volontari riceveranno, infatti, una formazione condotta dal personale dell’Ente e contestualmente potranno aiutare le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali ad uscire dal loro isolamento, fatto di buio e silenzio, attraverso preziose occasioni di relazione che, auspichiamo, possano far germogliare quell’impegno inteso come valore di
coesione sociale, capace di fare la differenza nella vita di chi non vede e non sente”.
Nello specifico, per il progetto “Insieme oltre il buio e il silenzio” il ruolo degli operatori volontari  consisterà nel supportare il personale e i volontari dell’Ente a promuovere il benessere psicofisico delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali ospiti dei Centri Residenziali attraverso il potenziamento delle attività che favoriscono una maggiore autonomia e indipendenza (attività educative per la gestione della quotidianità e di laboratori occupazionali), socialità (attività ludiche e ricreative e uscite) e benessere fisico (attività di fitness). Nel secondo progetto “Noi nel mondo”, i volontari selezionati affiancheranno il personale e i volontari dell’Ente nell’organizzazione,
realizzazione e potenziamento di tutte quelle attività che favoriscono la partecipazione alla vita sociale delle persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale che vivono da sole o con la propria famiglia, promuovendo un ruolo attivo per migliorare le proprie condizioni di vita attraverso uscite socio-ricreative e culturali, soggiorni vacanza, attività occupazionali e servizio di “persona di contatto”, fondamentale per seguire costantemente gli utenti in un rapporto diretto e personale.

Il Servizio Civile ha una durata pari a 12 mesi, con un impegno previsto di 25 ore settimanali. Gli operatori volontari percepiranno un assegno mensile di 444,30 euro. La domanda di partecipazione potrà essere inviata entro e non oltre le ore 14:00 del 26 gennaio 2022 attraverso la piattaforma Domanda on Line (DOL) raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it dove, mediante un semplice sistema di ricerca con filtri, è possibile scegliere il progetto per il quale candidarsi. Ulteriori approfondimenti sul Servizio Civile Universale sono disponibili nei siti web https://www.politichegiovanili.gov.it/ e www.scelgoilserviziocivile.gov.it

La poltrona e la pagella

Premessa necessaria: questo non è un toto presidente.
A meno di 10 giorni dall’inizio del rito elettorale, sembra che il Cavaliere (ma che grinta il ragazzo! ce ne fosse uno di sinistra della stessa tempra) si sia rassegnato. Così, sul nome di chi riuscirà a sedersi sulla poltrona presidenziale è ancora buio pesto. Come da tradizione.

Accantonata almeno per un po’, e con sollievo generale (anche del sottoscritto) l’ubiqua informazione pandemica, tutto il corpo d’armata giornalistico dei canali televisivi si è buttato a corpo morto sul genere preferito dagli italiani: il gossip, la chiacchiera senza fine e senza meta. Del resto, il tema è oscuro e complicatissimo: l’elezione di un presidente della repubblica in Italia è la versione secolare dell’elezione di un papa in Vaticano. Una materia più adatta ad aruspici ed indovini che a politologi e scienziati parlamentari. Anche se né gli uni né gli altri, lo dice la storia, ha mai azzeccato in anticipo il nome vincente.

Niente pronostico quindi, ma l’immagine di quella sedia vuota suggerisce un gioco divertente e, come si vedrà, abbastanza istruttivo. Dare un voto ai  nostri presidenti passati (o almeno agli ultimi regnanti) non è un esercizio inutile. Con l’avvertenza che il mio giudizio potrebbe non concordare con il vostro.

Cominciando dall’ultimo, Sergio Mattarella, di antico ceppo siculo e democristiano, misurato, attento, democratico, affabile, quasi affettuoso nella sua apparente timidezza e legnosità: Sergio Mattarella merita un 8 ½. Giorgio Napolitano, di stretta fede amendoliana (corrente migliorista, l’estrema destra del vecchio Pci), molto investito nella parte, quasi regale (una irriverente storiella lo farebbe discendere dai lombi di Re Umberto), esperto di tutte le regole e i giochetti parlamentari e di partito. Comincia bene il suo settennato, ma poi deborda sempre più, fino a trasformare un rospo qualsiasi, il famigerato Monti, in Senatore a vita e Presidente del Consiglio. Infine, per servire lo Stato e per sua propria ambizione, si fa rieleggere presidente: a Giorgio Napolitano un 7-. Carlo Azeglio Ciampi (il più grande presidente della nostra storia) un 10 tondo tondo. Partigiano, con radici in Giustizia e Libertà, cuore, stile e cervello all’unisono: è lui che ha aperto le porte del Quirinale al popolo, ed è sotto la sua presidenza che gli italiani si sono sentititi, per l’ultima volta, un popolo.

E meglio sarebbe fermarsi qui, agli ultimi 22 anni, perché tornando al XX Secolo i voti si abbassano decisamente. Oscar Luigi Scalfaro: un 5 stentato per un furbo democristiano nei panni di un prevosto di campagna, il Gladiatore e picconatore Francesco Cossiga: un 3 senza se e senza ma. Prima di lui, una inaspettata boccata di ossigeno: al confinato di Ventotene Sandro Pertini: un 9 per amore, per il suo grande passato, per la libertà di giudizio degna di un ragazzino. Prima di lui la vergogna di Giovanni Leone: un bel 4.

Ecco, da questa pagellina, una breve conclusione. Che può valere come riassunto del primo scorcio di secolo di storia patria.
In un Terzo Millennio che, dall’attentato alle Torri Gemelle alla pandemia più feroce degli ultimi 100 anni. Passando per governi e governicchi di svariati e intercambiabili colori. In un’ Italia spazzata dai venti del Berlusconismo, dal Renzismo, dai vari populismi. In un Paese fiaccato da 10 anni di una crisi economica devastante, dove la diseguaglianza ingrassa a dismisura e la povertà si allarga. Con una classe politica paracadutata da Marte, lontana anni luce dai cittadini. Con uno Stato e una Giustizia sempre meno credibili e meno rispettati. Con un popolo confuso e scazzato, dove è cresciuta l’intolleranza, il razzismo verso lo straniero, l’odio contro il diverso, la violenza sulle donne…

Con tutto questo – viene davvero da chiederselo – come ha fatto la povera Italietta, non tanto a rimanere “una e indivisibile”, ma a continuare ad essere, bene o male, una “Repubblica democratica”?
Come abbiamo fatto non disfarci in dieci pezzi? Chi ci impedito di colare a picco, noi e tutta la baracca?

L’unica risposta che mi viene è in questi tre nomi. Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella.

Aspettiamo i prossimi 10 giorni. E accendiamo un cero. Chiunque sarà eletto tredicesimo presidente, uomo o donna, possiamo solo pregare che anche questa volta, dalle alchimie di partito, dai veti incrociati, o da un qualche Spirito Santo in libera uscita, venga fuori dall’urna un altro salvatore della patria. Un primus inter pares che rappresenti il buono e il bene che ancora esiste e resiste. Una persona per bene che rappresenti ognuno di noi e ci rappresenti, tutti insieme, davanti all’Europa e al mondo.

Con un dubbio. Se anche la fumata bianca ci fosse favorevole – e non si può chiedere troppo alla fortuna – temo che questa volta nemmeno un presidente-papa sarà sufficiente ad evitare all’Italia e al popolo che la abita un definitivo declino civile. Senza politica, senza idee, senza ideali (e qui oggi stiamo, esattamente qui) nessuno crederà più nell’Italia. Neppure noi stessi.

VITE DI CARTA /
Una data che non dobbiamo sapere:
“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin

Valérie Perrin (1967-….) [Qui] ha scritto un romanzo di grande qualità il cui titolo, Cambiare l’acqua ai fiori, mi ha fatto pensare a quelle atmosfere familiari che solo una donna sa ricostruire con leggerezza se racconta la quotidianità di casa fatta di gesti rassicuranti ma ripetitivi, e ci sa mettere  un pizzico di ironia.

cambiare l'acqua ai fioriLo sto leggendo in questi giorni e sto cambiando idea nella maniera più totale. È bello cambiare idea quando si passa da una presupposizione all’incontro diretto con un libro.

In realtà oltre a questo mi sto anche guardando dentro. Perché la voce narrante, che dice ‘io’ e racconta la propria esistenza, fa la guardiana di un cimitero nella provincia francese e ha una disarmante dimestichezza con i defunti.

Li chiama per nome e cognome e aggiunge ogni volta tra parentesi l’anno di nascita e quello di morte: si aggira per esempio lungo uno dei vialetti e si ferma a curare i fiori – ecco il titolo del libro – sulla tomba di Nadine Ribeau (1954-2007).

Pulisce le fotografie su tutte le tombe nei quattro settori che compongono il  cimitero e questo comporta alcune settimane di lavoro, in attesa di curare stagionalmente la fioritura delle diverse piante che le famiglie hanno scelto di piantare in memoria dei loro cari.

Dopo i temporali passa in rassegna le tombe per raddrizzare i vasi caduti e aggiustare i danni procurati dalle intemperie. Cura anche i suoi fiori nel giardino della piccola casa in cui vive da sola ai margini del camposanto e, se qualcuno glieli chiede, li vende e si impegna a curarli una volta sistemati sulla tomba. Apre e chiude ogni giorno il cancello di accesso.

Che vita è la sua? Sono arrivata a leggere le prime duecento pagine e mi sto facendo l’idea che sia una vita passabile, con tratti di serenità, stesi come una coltre sopra un dolore abissale che viene dal passato.

Certo, questa Violette Trenet, che è custode del cimitero di Brancion-en-Chalon in Borgogna, è attorniata da amici che le sono accanto ogni giorno, visto che lavorano come lei a contatto con i morti: sono i tre becchini che curano la manutenzione generale del cimitero, più i fratelli che gestiscono il servizio delle pompe funebri e il parroco del paese che celebra i funerali.

Poi ci sono gli animali, alcuni gatti venuti a vivere lì dopo avere seguito il feretro del proprio padrone e un cane, la affettuosa Eliane, che vi si è trasferita per lo stesso motivo e ora vive in casa di Violette.

Infine ci sono i vicini, con cui il libro incomincia. Le parole sono queste: “I miei vicini non temono niente. Non hanno preoccupazioni, non si innamorano, non si mangiano le unghie, non credono al caso, non fanno promesse né rumore, non hanno l’assistenza sanitaria, non piangono, non cercano le chiavi né gli occhiali né il telecomando né i figli né la felicità…” E via di seguito con la lista delle virtù o dei vizi fino alla conclusione: “ I miei vicini sono morti. L’unica differenza che c’è fra loro è il legno della bara: quercia, pino o mogano”.

Allegria, ho pensato. E invece non è il caso di fare battute facili. Se mi guardo dentro, quando alla domenica entro nel cimitero del mio paese per ‘dare un saluto ai miei’, mi viene facile scambiare due parole con…diciamo ‘i residenti’.

‘Vicini’ lo lascio a Violette. Sul tragitto per arrivare dai miei controllo se serve acqua ai vasi depositati davanti alle tombe e intanto rivolgo un pensiero a tutti. Mi sembra che sia una operazione che dà vita alle persone che tutti sono stati e mi incuriosisce riguardare le fotografie e le date.

Mi scatta immediato il calcolo: Nadine è vissuta per 53 anni. Ho fatto il conto anche leggendo i suoi dati nel libro. Il pezzo di tempo che spetta alla nostra vita è delimitato da due numeri: conosciamo il primo mentre non sappiamo del secondo, né dobbiamo saperlo.

Mettere in prospettiva le vite aiuta a pensarle con naturalità, nel loro inizio, come nella loro conclusione.
Fin dai tempi del Liceo lo studio delle letterature ha comportato la memorizzazione della biografia di ogni autore, a cominciare dalla data e dal luogo di nascita associato ai dati della morte.

Orazio, il grande poeta latino, appartiene al primo secolo avanti Cristo; sui testi letterari come su Wikipedia si legge Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.) [Qui] e via di seguito con la vita e le opere. Ma si legge anche Italo Calvino (1923-1985) [Qui]. Ho letto entrambi con passione, sapendo che sono appartenuti a epoche diverse, eppure sono entrambi ancora ‘vivi’ attraverso le loro opere.

Ancora vive in senso letterale quello che fu il compagno di banco di Calvino presso il Liceo Classico G.D.Cassini di Sanremo, mi riferisco a Eugenio Scalfari (1924-…) [Qui], del quale infatti riporto la sola data di nascita, mentre scuoto la testa sorpresa una volta di più dalla varietà dei destini, dalla loro durata così diversa.

Tutti risibili i segmenti delle nostre vite, se rapportati ai tempi lunghi della storia o alle ere geologiche. Il che mi rafforza l’idea di una legge vecchia quanto il mondo, che dovremmo educarci a considerare accettabile. La cultura classica, a cui mi sono formata, lo studio della letteratura, sono stati fino a qui dei facilitatori di accettabilità del destino. Tutto racchiuso in quel numero che non conosco e che si avvicina.

Giorni fa ho seguito in tv i funerali di stato di David Sassoli [Qui] e ho riflettuto sul suo secondo numero: il primo è come per me l’anno 1956. Siamo coetanei. Mi correggo, lo siamo stati.

Hic et nunc ascolto i discorsi di cordoglio che i mass media continuano a diramare: al netto dei rituali retorici e chiudendo occhi e orecchi sulla cronaca politica che in queste stesse ore e giorni è occupata dalla imminente elezione del Capo dello Stato, capisco che una figura come la sua potrà seguire il passo della storia.

Come giornalista ma soprattutto come politico e in qualità di Presidente del Parlamento Europeo dal  3 luglio 2019 all’11 gennaio 2022, credo che potrà rimanere ancora a lungo ‘in vita’.

Nota bibliografica:

  • Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori, E/O, 2019 (traduzione di Alberto Bacci Testasecca)

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari di Roberta Barbieri nella sua rubrica di Mercoledì, clicca [Qui]

Celati forever (8):
Storia di un falegname e d’un eremita

 

C’era un uomo che abitava a Ficarolo, in provincia di Ferrara, era un falegname. Una sera tornando a casa in bicicletta, in una stradina che immette sulla piazza del paese, veniva investito da una macchina di forestieri perché pedalava troppo lentamente. Siccome nella macchina c’erano altri due
passeggeri, e nessun testimone aveva assistito all’incidente, è stato facile per il guidatore sostenere che il ciclista gli aveva tagliato la strada.
Dopo alcune settimane d’ospedale il falegname si rivolge a un avvocato per essere assistito nel processo. Questo avvocato propone un accordo con la parte avversa, mostrando di dubitare che la sola testimonianza del falegname sia sufficiente a vincere la causa. Quanto al falegname, poiché da una parte non capisce neanche la metà delle obiezioni dell’avvocato, e dall’altra insiste sul suo buon diritto ad essere risarcito, alla vigilia dell’udienza licenzia il legale e decide di affrontare il processo da solo.
Si presenta dunque da solo in tribunale, sostenendo che di avvocati non ce n’è bisogno in quanto lui ha ragione e deve essere risarcito. Dopo varie obiezioni a procedere e la convocazione d’un difensore d’ufficio, finalmente viene il momento in cui i passeggeri della macchina sono chiamati a deporre. E qui il falegname, accorgendosi che ogni parola dei testimoni è falsa, rimane così stupefatto che non vuol neanche più parlare col suo difensore d’ufficio; e, quando infine è sollecitato dal giudice ad esporre la sua versione dei fatti, dichiara di non aver niente da dire e che tutto va bene così. È dunque condannato a pagare i danni dell’incidente, oltre alle spese del processo. Pochi giorni dopo vende tutta l’attrezzatura della falegnameria al suo aiutante, che da tempo desiderava mettersi in proprio, cedendogli anche la bottega e la licenza d’esercizio. Torna a casa e
resta seduto su una sedia in cucina per una settimana, rispondendo sempre nello stesso modo alla moglie che gli fa domanda: che ha caldo alla testa e non può parlare con lei.
Per un’altra settimana resta seduto in un bar a guardare la gente che passa sulla piazza, e una sera invece di tornare a casa si avvia fuori dal paese. Si avvia a piedi verso l’argine del Po; e dopo molto camminare, nell’alba arriva ad una capanna dove abita un pescatore eremita.
Questo eremita è un ex campione di automobilismo che, dopo essersi ritirato dalle corse, aveva aperto un’officina meccanica dove venivano “truccati”, ossia potenziati, i motori di vetture sportive. Stancatosi però di quel lavoro e dopo aver letto molti libri di psicologia, s’era deciso a diventare eremita pescatore e s’era ritirato a vivere in una capanna sulle rive del Po.
La capanna dell’eremita era fatta di vecchie lamiere e altri materiali di recupero; sopra la porta un pannello diceva GOMME MICHELIN.
Il falegname sa che l’eremita s’è ritirato a vivere in quella capanna perché non vuole più parlare con nessuno. Dunque appena arrivato non gli rivolge la parola, si siede e si mette a guardare il fiume. È d’estate, e per circa un mese i due vanno a pescare assieme e dormono nella stessa capanna sempre in silenzio. Una mattina il falegname si sveglia e l’eremita non c’è più, perché è andato ad annegarsi nel fiume, sotto il vecchio ponte di Stellata.
Quel giorno il falegname ha modo di assistere da lontano al salvataggio dell’eremita, che peraltro nuota benissimo e avvolto in una coperta viene portato via dalla moglie, a bordo d’una grossa macchina sportiva, concludendo la sua carriera di eremita.
Il falegname è tornato in paese e ha chiesto al suo aiutante di assumerlo come aiutante, nella sua vecchia bottega. Così è stato. Il falegname vive ancora e solo da poco è andato in pensione.

Gianni Celati, Narratori delle pianure, Milano, Feltrinelli, 1985

Per leggere tutti i testi di Gianni Celati su questo quotidiano, clicca [Qui]
Puoi visitare l’esposizione NEL MIO DESTINO DI DISAVVENTURE PERPETUE: OMAGGIO A GIANNI CELATI presso la Biblioteca Bertoldi di Argenta fino al 31 gennaio 2022.

Cover: foto Proloco Ficarolo